UN MONDO ALLA ROVESCIA – INCONTRO CON PADRE DANIELE MOSCHETTI

Daniele Moschetti, missionario comboniano dal 1988, dopo 11 anni con i baraccati di Kibera e Korogocho, nella periferia di Nairobi (Kenya), è stato destinato al Sud Sudan, il più giovane paese africano, martoriato da una lunga guerra civile, dove è rimasto 7 anni, anche come superiore provinciale dei comboniani. Nel luglio 2017 è stato destinato agli Usa, dove, assieme a missionari e missionarie di altre congregazioni, ha svolto un ministero di Giustizia, Pace e Riconciliazione presso l’Onu e il Parlamento americano.

Dal 2018 è a Castel Volturno in provincia di Caserta

Non vorrei farti delle domande ma piuttosto lanciarti delle parole. La prima che mi viene alla mente è SOTTOSOPRA

A guardarlo bene questo è proprio un mondo sottosopra. Milioni di persone, per le cause che conosciamo, povertà, fame, ingiustizia, guerre, dittature, si spostano dai luoghi di nascita, per le scelte dei governi dei paesi ricchi e di un gran numero di multinazionali che hanno interesse a che le devastazioni, le divisioni, la fragilità istituzionale, permangano facendo si che interi continenti restino dipendenti ed incapaci ad autodeterminarsi e contemporaneamente una strettissima minoranza di uomini gode della ricchezza che gli altri non hanno.

Ci stiamo disumanizzando, non ascoltiamo più il grido di chi soffre. Bisogna lottare per le persone indifese, chi soffre le scelte dei potenti, e questi sono i poveri, i bambini e le loro madri, gli anziani.

Ho vissuto 11 anni nelle baraccopoli a Kibeira e Korogocho a Nairobi in Kenya, dove voi siete stati recentemente ed insieme al mio amico e fratello Alex Zanotelli abbiamo, prima insieme e poi da solo dopo il suo trasferimento, lottato al fianco degli ultimi della terra per la loro dignità. Poi dopo una parentesi di un anno in Palestina, sono tornato nell’Africa profonda e sono stato per 7 anni in Sud Sudan, paese martoriato da una guerra civile infinita, ed anche li al fianco delle popolazioni in sofferenza terribile abbiamo cercato di aiutare e dare sollievo a chi soffriva. Dopo un’altra parentesi negli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, sono tornato sul campo, troppo forte il bisogno di dedicarmi direttamente agli ultimi, e sono tornato nella nostra Italia dove c’è la nostra Africa, Castel Volturno, dove al degrado ambientale rispondiamo con l’accoglienza, con la promozione dei diritti. Si, comunque sembra proprio un mondo SOTTOSOPRA.

Altra parola che volevo lanciarti e’ AZIONE, ci conosciamo da diverso tempo ed ho avuto modo di osservare e ammirare la tua capacità di agire in situazioni di estremo disagio.

Agire è ciò che cambia il corso delle cose, inizia ad innalzare una piccola diga contro i soprusi.

A Corogocho, ad esempio, insieme ad Alex Zanotelli, confratello ed amico, iniziammo subito ad agire nella direzione di dare dignità profonda a chi subiva non solo i danni della povertà più feroce ma anche quella dei soprusi, delle ingiustizie, delle mafie. Quando vivi in un contesto così ostile non puoi stare troppo tempo fermo a ragionare, devi darti da fare anche rischiando in prima persona, subendo minacce intimidazioni e quant’altro.

Bisogna agire per i giovani, per dare spazio alle loro potenzialità, per tirare fuori i loro infiniti talenti. In Sud Sudan, dove sono stato 7 anni, e in Africa in generale i giovani sono la stragrande maggioranza, il 70% sono sotto i 30 anni. Quelli che arrivano qui sono una piccolissima parte, una piccolissima percentuale di quella grande umanità composta da uomini e donne che migrano continuamente all’interno del continente africano stesso, milioni e milioni di persone che si spostano, lasciano i luoghi dove sono nati alla ricerca di giustizia sociale. Tutto questo mondo andrebbe vissuto non solo come un problema ma come una grande possibilità e risorsa.

Agire, fare, costruire, dare risposte concrete crea le condizioni del cambiamento.

Quando sono arrivato a Castel Volturno ho trovato una situazione di grande degrado, ed insieme agli altri fratelli comboniani ci siamo rimboccati le maniche ed abbiamo cominciato a cercare di creare quante più occasioni, luoghi e spazi di aggregazione, perché è da li che bisogna cominciare.

Sono 30 anni ormai che lo Stato ha abbandonato questo territorio. Questo è chiarissimo dal degrado strutturale, ma anche dal degrado umano. Credo che la cosa fondamentale sia unire le forze tra le istituzioni e il terzo settore, anche con le chiese che ci sono sul territorio, per cercare delle soluzioni che indubbiamente devono venire anche dal parlamento e dal governo in maniera positiva. Qui, si sa, non ci sono numeri, non c’è un censimento sui migranti, ma si parla di 10/ 15mila migranti con tante situazioni difficili. L’obiettivo è riuscire a legalizzare tanti di questi, che non hanno documenti, per cercare di dargli la possibilità di farsi una vita da qualche altra parte con un lavoro dignitoso. Per questo ci vuole una legge speciale del governo per un territorio estremamente complesso».

Dare la possibilità di incontro, di relazione, di studio, di svago crea comunità sane.

Ad esempio la vostra festa dei TEATRI SENZA FRONTIERE, nel 2020, qui a Castel Volturno in piena emergenza pandemia, fu un evento che lasciò una traccia indelebile, abbiamo visto e vissuto anche grazie a voi l’importanza del teatro della musica come momenti aggregativi importanti in quei luoghi trascurati e dopo diversi tentativi proprio lo spazio, il terreno sul quale vi siete esibiti, siamo riusciti ad acquistarlo, il terreno di fianco al nostro centro dove svolgiamo le attività con i bambini ed i ragazzi del territorio. Su quel terreno abbiamo in progetto di costruire un Anfiteatro che sia luogo di aggregazione, di incontro e naturalmente di Teatro.

Voglio per chiudere, ricordare una delle azioni più forti che Papa Francesco ha compiuto, quando in un incontro in Vaticano con i responsabili e i leader politici del Sud Sudan , si inginocchiò per baciare loro i piedi, dicendo “ VI CHIEDO DI RIMANERE NELLA PACE” questa azione forte , semplice di grandissima umiltà è l’esempio da seguire.

 

Intervista a cura di Maurizio Stammati