INCONTRI IN TEMPO DI COVID…Intervista a MARCO RODARI – IL PIMPA, UN CLOWN NELLE ZONE DI GUERRA

Oggi incontriamo Marco Rodari, meglio conosciuto come “Claun Il Pimpa”, un personaggio che ha portato i suoi spettacoli, meglio sarebbe dire la sua empatia, passione e umanità, in teatri molto speciali quali la striscia di Gaza in Palestina, Aleppo in Siria, Baghdad in Iraq. Ha pubblicato libri, contribuito a costruire case, è stato ospite della trasmissione “Nemo” dove ha spiegato il senso profondo del suo operare e il significato di essere un portatore sano di pace. Lo incontriamo nella sua Lombardia, in pieno look down.

Marco, da dove deriva il nome Il Pimpa.

“Mio nonno agli inizi del 1900 era un suonatore di trombone, il suo nome d’arte era PIN, dopo di lui mio Padre in paese lo chiamavano PIN PIN, era il suo soprannome. Sono cresciuto con il nome di PIMPA, tutti mi chiamavano così e ancora oggi sentire che qualcuno si rivolge a me con il nome di battesimo, Marco, mi suona strano, sono sempre stato Il Pimpa, sin da quando sono nato, di conseguenza essere Claun Il Pimpa è stato un fatto naturale.”

Come è cominciata la tua avventura.

“Quando avevo 13 anni ho capito che tra le tante cose ce n’era una che mi riusciva meglio delle altre, stare con i bambini. Crescendo ho capito che avevo un’empatia innata per fare questo genere di lavoro, stavo bene con i bambini e loro altrettanto con me. Ho poi conosciuto e lavorato insieme a diversi artisti e soprattutto a persone che facevano la clown terapia, particolarmente grato sono ai miei due grandi maestri “Mago Sales” che mi ha insegnato i segreti della magia per i bambini e al “Clown Margherito” che mi ha introdotto nelle corsie dell’Ospedale. Poi, a 18 anni, ho sentito il bisogno  di conoscere meglio la realtà che mi circondava, non parlo solo di quella della mia Regione ma del mondo, ho preso contatto con la realtà missionaria e sono partito, prima in Romania e poi in tante altre parti del pianeta. Così, camminando, passo dopo passo, Claun Il Pimpa ha cominciato a prendere forma, a capire cosa voleva e dove andarlo a cercare. Il clown è un tramite che mi permette di entrare in situazioni diverse e molto particolari, in grado di superare la barriera della lingua e regalare sorrisi a tutti quei bambini che diverse ragioni ne sono privati. Ho operato in Ospedali e zone di guerra, soprattutto a Gaza, in Siria e in Iraq, normalmente, se non ci fosse stato il Covid, il mio anno sarebbe trascorso in buona parte in queste terre, come faccio oramai da tanti anni. Laggiù ci sono bambini che hanno dimenticato persino di essere tali, che hanno smarrito la meraviglia e la curiosità, perché dopo una notte di bombardamenti queste cose puoi perderle. Il mio lavoro  è questo, ricreare il senso dello stupore anche in mezzo alle macerie.”

Parlaci ancora di queste terre, come ci sei arrivato e cosa hai fatto oltre agli spettacoli.

“Sono arrivato in Palestina, come pure ad Aleppo e a Baghdad grazie ai gruppi missionarie che sono certezze organizzative, senza di loro sarebbe impossibile per me arrivare in questi luoghi.  Ho cominciato ad andare tanti anni fa e da allora non ho più smesso, ero a Gaza nell’estate del 2014 quando le case crollavano intorno come carte da gioco messe una sull’altra, anche quella dove abitavo è stata danneggiata dalla furia delle bombe. In queste situazioni le amicizie si cementano, diventano forti e proseguono nel tempo al punto che oggi sento un bisogno irrefrenabile di rivedere i miei amici che ho lasciato e credo che valga anche per loro. A Gaza in particolare ho creato una situazione interessante, ho partecipato insieme a tante realtà associative alla creazione di un gruppo di clown che lavora negli ospedali e fa spettacoli in strada e con loro opero abitualmente, in Siria e Iraq invece sono il solo clown presente, ma ho alle spalle un gruppo di giovani animatori straordinario.”

Raccontaci di Gaza, una realtà a noi poco conosciuta.

“Gaza è qualcosa di inverosimile, parliamo di una striscia di terra lunga 35 Km e larga dai 4 agli 8 km dove vivono segregate quasi due milioni di persone, loro sono in look down da più di 15 anni, nessuno può uscire o entrare, tranne rarissimi casi. Ci sono ragazzi che non hanno visto nulla oltre le loro case e che forse non avranno mai occasioni diverse, è una prova di resilienza assoluta. Cadono bombe quasi tutti i giorni e la cosa che colpisce più di ogni altra è l’allegria innata che riescono ancora a mantenere, è un fatto davvero inspiegabile ma è così. Gaza è sospesa, è un incubo ad occhi aperti in cui le persone praticano l’esercizio della resistenza e i rapporti umani sono incredibili, facce annoiate non se ne vedono, molte arrabbiate certo e tantissime altre che vogliono sorridere.”

Come si sostiene il tuo lavoro e come riesci a finanziare i progetti a Gaza, Aleppo e Baghdad.

Il Pimpa, quando sta in Italia, lavora nelle Scuole dove porta il suo laboratorio-spettacolo-testimonianza “La guerra in un Sorriso”, opera inoltre come Insegnante di teatro. Con quello che guadagno mi sostengo e riesco anche a pagarmi i biglietti aerei per il progetto internazionale. Poi c’è la raccolta fondi che ha avuto dei risultati davvero straordinari, pensiamo che dal 2015 ad oggi, in soli 5 anni, abbiamo raccolto oltre 346.000 euro, soldi con i quali ho potuto ricostruire 7 case distrutte dalle bombe, portato pasti caldi, farmaci, elettrodomestici e tante altre cose che sono elencate nel mio sito internet www.ilpimpa.it.

Quando vado nelle Scuole in Italia, spesso le classi stesse si organizzano e fanno donazioni per i loro coetanei meno fortunati, è qualcosa davvero di straordinario e sono molto fiero di questo. Tutto quello che viene raccolto arriva a destinazione, senza intermediari e va a sostenere le popolazioni colpite e soprattutto i bambini.

Hai scritto anche dei libri, parlaci di questo.

“Ho pubblicato due libri: “La Guerra in un Sorriso” e “Coloriamo la Pace”, il primo, che è anche il più recente, è già finito nella mani di più mille Bambini, il secondo ha superato le sette mila. Anche i libri servono a sostenere la causa, il ricavato va nella cassa e concorre alla realizzazione dei progetti.”

Che cosa vede Il Pimpa nel suo futuro e che cosa gli manca in questo momento.

“La cosa che mi manca di più in assoluto è il contatto con le persone, poi rivedere i miei amici, ritrovare il sorriso dei bambini e portare avanti i tanti progetti che ho lascito laggiù, il Covid mi ha privato di questo, ma spero che presto tutto possa avere fine. Ho un sogno nel cassetto, aprire una Scuola Materna a Gaza così da poter regalare pane e sorrisi a tanti Bimbi, perché ogni bambino a cui regali Meraviglia, diventerà un portatore sano di Pace.

Per saperne di più visitate il suo sito internet www.ilpimpa.it

Intervista a cura di MARCO RENZI