Intervista a DANIELA NICOSIA – COSTRUIRE UN TEATRO IN TEMPO DI PANDEMIA

Oggi incontriamo Daniela Nicosia, direttrice artistica di TIB-TEATRO di BELLUNO, compagnia che da oltre trent’anni lavora professionalmente nel campo del teatro, rivolto sia agli adulti che ai più piccoli. TIB opera in regime di residenza presso il Teatro Comunale di Belluno dove allestisce stagioni di teatro contemporaneo e di teatro per le nuove generazioni, la compagnia è costituita in cooperativa sociale, composta da tanti giovani soci e presieduta da Labros Mangheras che ne cura anche la direzione amministrativa e organizzativa.

Chiediamo a Daniela Nicosia, che sta intrecciando titoli e proposte per le sue stagioni, come ci si sente a programmare in tempo di pandemia.

La tua telefonata arriva mentre sto lavorando alla 28^ Stagione di Teatro per le Nuove Generazioni al Comunale di Belluno, programmare oggi una stagione è indubbiamente un rischio, non solo culturale ma anche economico, è un percorso che abbiamo comunque deciso di portare avanti. Tib Teatro riconferma così il suo impegno territoriale e produttivo nel dar vita e continuità alla Stagione, seppur col pubblico contingentato e fronteggiando i diversi protocolli che le diverse scuole hanno adottato e adotteranno in ragione dell’emergenza epidemiologica. Il che significa maggior rischio d’impresa rischio che abbiamo scelto di affrontare, nel rispetto del pubblico delle famiglie e delle scuole – insegnanti e ragazzi –  spettatori che da un trentennio condividono e seguono con crescente interesse questo progetto di educazione teatrale. Mettere in campo dei pensieri positivi non può che far bene, soprattutto quando questi pensieri si rivolgono ai più piccoli che soffrono più di ogni altro l’isolamento imposto dalla pandemia. Sono convinta che si debba fare uno sforzo e pensare al futuro con positività. Di certo i più giovani, bambini e ragazzi, sono tra coloro che maggiormente soffrono le limitazioni di questo periodo di pandemia, per questo il nostro agire artistico è dedicato prioritariamente a loro affinché in esso possano trovare quelle risorse interiori necessarie per guardare oltre l’attuale doloroso frangente, per tornare a pensare al futuro con fiducia. Perché l’arte e il teatro, rito comunitario antichissimo, sono cura dell’anima e della mente e sono da sempre linfa irrinunciabile per l’uomo per dominare ed elaborare le sfide del vivere.

Il Covid ha creato un vuoto di stimoli e una preoccupante perdita di socialità, imponendo necessariamente un regime di isolamento e di ripiegamento su se stessi, per contrastare tutto ciò il Teatro deve andare avanti e noi che ci lavoriamo dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e fare quanto è possibile, con ogni sforzo.

Stupisce come la vostra compagnia stia procedendo spedita verso la conclusione dei lavori di uno spazio per le arti. State costruendo un teatro in piena pandemia. Cosa ci dici in proposito.

Il progetto “Casa delle Arti” è partito circa sei anni fa, abbiamo risposto e vinto ben tre bandi del Comune di Belluno per farci assegnare gli spazi dell’ex Caserma Piave, una struttura grande e abbandonata. Una volta acquisiti quegli spazi abbiamo cominciato a riqualificarli e a tessere una complessa tela al fine di creare uno spazio per la comunità e per le arti in genere. I lavori termineranno presumibilmente nel 2021, è un’area molto grande, alcuni spazi sono già in funzione, in essi abbiamo realizzato sia le prove delle nuove produzioni che una notevole quantità di laboratori teatrali per giovani artisti, per bambini delle scuole e corsi di formazione per insegnanti. Inoltre è attivo un laboratorio scenotecnico e illuminotecnico permanente  in cui si costruisce e si sperimentano tecniche e materiali. Stiamo creando uno spazio poliedrico e dinamico, luogo di produzione che possa accogliere compagnie in residenza, master con artisti internazionali, stage, luogo di incontro e professionalizzazione con e per i giovani, che sappia promuovere le vocazioni artistiche territoriali: musica, arti visive, teatro, danza, cinema, Casa delle Arti per l’appunto. Un Centro permanente di produzione e promozione per le Arti: è un’utopia possibile, che ci è propria come artisti e come persone. Un itinerario da percorrere con fiducia, un progetto che unisce vocazioni e senso di comunità, intorno ad un’idea di teatro che si innesta in processo di riqualificazione urbana a carattere culturale e sociale. Un luogo in cui i giovani possano incontrare formazione e lavoro. Un luogo in cui possano essere protagonisti. Un luogo di effettiva prevenzione del disagio e dell’isolamento giovanile, attraverso le pratiche artistiche. Un presidio culturale che metta Belluno in relazione con il sistema artistico nazionale ed europeo, in condizioni di pari dignità, attraverso una progettualità pluriennale e continuativa.

Intendiamo anche così il nostro essere artisti nella e per la comunità, mettendo al servizio di questa: lavoro, passione, esperienza, categorie necessarie per trasformare uno spazio vuoto, disabitato, in uno spazio vivo, grazie ai linguaggi dell’arte.

La domanda sorge spontanea, con quali risorse è stata sostenuta questa visione?

La “Casa delle Arti”, l’hai detto bene, è stata una visione, credo che una compagnia abbia tra i suoi compiti, anche quello di sognare il territorio in cui vive, di immaginarlo diverso e migliore. Per tutti noi è stata un’impresa nell’impresa, abbiamo cominciato con pazienti giorni di volontariato a portare via i materiali che c’erano, a fare quello che potevamo, farci spazio tra rovi, arbusti cresciuti nel corso di vent’anni d’abbandono, pulire, imbiancare, poi ci siamo attivati e abbiamo vinto il bando “POR FESR – Fondo Sociale Europeo” e sono arrivate le prime risorse. Abbiamo poi partecipato, con il progetto Luoghi e Nonluoghi – I bambini abitano il territorio, in qualità di capofila di una rete di 24 partner tra Amministrazioni Pubbliche, Istituti Scolastici, Ulss, Università, Associazioni culturali e sportive al Bando “Nuove Generazioni” promosso dall’Impresa Sociale Con i Bambini  nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, progetto che coltiva l’obiettivo di creare dei Luoghi non di transito, ma, al contrario, dei Luoghi abitati in cui si possano creare delle relazioni, dei percorsi umani di crescita per coloro che li abitano e li animano, bambini e giovani in primis, uno spazio in cui ciascuno si senta accolto e dove possa provare, sperimentare e condividere esperienze, idee e pensieri con gli altri. Da questo lavoro sono venuti altri fondi che pian piano stanno portando alla conclusione dell’opera, anche se quest’opera è e sarà in continuo divenire, in continuo sviluppo. Stiamo mettendo in questi giorni la copertura del palcoscenico, l’anno prossimo, sempre Covid permettendo, inaugureremo la Casa aprendola nella sua interezza alla Città e al suo territorio e sono certa che sarà un bel momento, per noi e per chi ci ha sostenuto.

Il Tib sta affrontando una nuova produzione teatrale, anche questa in piena pandemia, non si riesce ancora a stabilire la data del debutto ma il lavoro va avanti, di cosa si tratta.

 Stiamo lavorando ad uno spettacolo che racconta la storia del maestro Alberto Manzi, per quelli che se lo ricordano è quel personaggio straordinario che dal 1960 al 1968, sui canali della RAI, ha tenuto il programma “Non è mai troppo tardi”, trasmissione che ha consentito a un milione e mezzo di italiani di prendere la licenza di scuola elementare. A quel tempo l’Italia aveva circa quattro milioni tra analfabeti e semianalfabeti, così, a seguito di un accordo tra Ministero dell’Istruzione e Rai, è nata quella trasmissione incredibile, condotta da Manzi, grande innovatore della didattica, uomo sempre impegnato sul piano dei diritti civili, convinto che educare corrispondesse ad emancipare, uomo al quale vogliamo rendere omaggio. In scena ci sono Massimiliano Di Corato e Marco Continanza, le scene sono di Bruno Soriato, le immagini di Mirto Baliani, suono e luci di Paolo Pellicciari, il testo e la regia li ho firmati io, unica donna a dirigere un gruppo di lavoro, questa volta, tutto al maschile! Manca solo la data del debutto che speriamo di poter presto fissare.

Con quale spirito TIB sta affrontando la pandemia, a quali energie sta attingendo.

Stiamo procedendo con tenacia, con una grande volontà di andare avanti e ovviamente con mille preoccupazioni. Siamo lavoratori e al contempo imprenditori e non abbiamo altra scelta che inventarci il lavoro. Oltre la stagione e la produzione, ad esempio, abbiamo creato una piccola antologia di narrazioni teatrali da proporre alle scuole. La creatività è una grandissima risorsa, una fiammella accesa che ci portiamo dentro. Facevamo dei corsi che poi si sono dovuti fermare, come poter proseguire durante il lockdown senza il corpo, la vicinanza che il teatro implica? Ci siamo chiesti cosa resta del teatro nella distanza? Resta lo sguardo, il gesto, la voce da qui abbiamo rimodulato il fare e creato i corsi on line, una piattaforma per bambini dove hanno trovato posto la musica, il teatro, le arti visive, abbiamo immaginato i personaggi di un quadro anche fuori dalla cornice, li abbiamo fatti muovere, ci siamo chiesti cosa stessero pensando o facendo. Ci siamo attivati per tenere vivi quanti più canali possibili, per restare in contatto con il nostro pubblico e passare insieme questo brutto guado, sperando per l’anno che verrà di trovarci insieme alla nuova “Casa delle Arti”.

Intervista a cura di MARCO RENZI