Maurizio Stammati presidente di Utopia…RIFLESSIONI

Stimolato dal dibattito in corso Maurizio Stammati, Presidente di UTOPIA ha voluto dare il suo contributo in merito alla crisi profonda che il nostro comparto stra attraversando e lo ha fatto cercando di gettare lo sguardo oltre l’emergenza del momento, avvicinando il sistema francese a quello italiano, per una riflessione che dovrebbe farci capire quanta considerazione il nostro Paese riserva al lavoro del Teatro e della Cultura in genere.

Basta appelli e lacrimoni per il teatro è il tempo di una riforma vera e di sistema che modifichi radicalmente i percorsi di professionalizzazione e il conseguente riconoscimento ed inquadramento come uno dei settori portanti della cultura e dell’economia del paese.
Sintetizzo con il rischio di banalizzazione ma penso che di parole ne siano state dette anche troppe :
FORMAZIONE
1) istituzionalizzazione e realizzazione di una accademia teatrale paragonata al percorso dei Conservatori Musicali , con laurea per attori , scenografi, registi . Ogni provincia (metterei Regione) ne deve avere almeno una.
2) introduzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado del Teatro come materia obbligatoria al pari della Musica, della storia dell’arte, dell’educazione fisica;
3) formazione di graduatorie per docenti come per tutte le altre materie;
4) realizzazione di licei teatrali e scuole medie ad indirizzo teatrale;
Per quel che riguarda la selezione dei docenti, in attesa dei primi laureati si provvederà a effettuare assunzioni attraverso curriculum e concorsi.

TEATRO COME LAVORO
Adozione della legislazione Francese di inquadramento e tutela dei lavoratori dello spettacolo.
Ho chiesto a Renata Antonante, attrice che lavora e vive a Parigi, di spiegarmi come funzione il meccanismo di tutela per i lavoratori dello spettacolo in Francia. Ve lo giro così per poter ragionare insieme di quanto siamo fragili e allo sbaraglio qui in Italia.
Scrivo di come funziona in Francia il sistema di previdenza sociale dei lavoratori dello spettacolo, auspicando che l’osservazione dei modelli dei nostri vicini europei ci aiuti a pensare il sistema che regge il mondo culturale in Italia, in particole per quanto riguarda il mondo dello spettacolo.

Si chiama “Intermittenza. È il regime di indennità di disoccupazione che possono richiedere i lavoratori dello spettacolo dal vivo (teatro, danza, circo…), del cinema e della musica (artisti e tecnici). Per ottenere questo tipo di disoccupazione bisogna essere iscritti all’organismo Pôle Emploi (un equivalente dell’Inps ex Enpals), e aver effettuato in un anno almeno 507 ore di lavoro, con contratti che afferiscono a questo regime.
Si chiama intermittenza per differenziarla dai lavoratori impiegati permanentemente (come ad esempio gli attori e parte dei tecnici della Comédie Française), poiché la maggior parte dei lavoratori dello spettacolo abitualmente cumula contratti corti con più datori di lavoro.

Un po’ di storia. Questo tipo di contratti di lavoro nacque nel 1936, incoraggiato dai produttori cinematografici, che avevano bisogno impiegare in modo occasionale operai e artigiani prima o durante le riprese. Venne poi istituito un regime di disoccupazione afferente a questo tipo di contratti, che fu esteso ai tecnici del disco e dell’audio-visivo. E solo nel 1969 fu esteso anche agli artisti-interpreti dello spettacolo dal vivo.

Oggi si contano in Francia circa 250 mila persone (circa 1,26% di tutti i lavoratori francesi) che beneficiano di questo sistema di previdenza.

Frequentemente minacciato dalle pressioni del Medef (equivalente di Confindustria), questo regime di previdenza sociale permette di avere una tutela dei lavoratori dello spettacolo, che siano essi artisti o tecnici.

Un esempio più concreto: in un anno, Amélie riesce a maturare le 507 ore necessarie. Consegna la documentazione con tutti i contratti di lavoro e le attestazioni di impiego all’ufficio (Pôle emploi) ad esempio il 1 marzo. Questa data diventa la sua “data anniversario”.
L’ammontare della sua indennità sarà calcolato in funzione della media degli stipendi dichiarati e del numero di ore effettuate (al minimo 507), ne risulterà un tasso più o meno elevato di compenso giornaliero, che può andare da un minimo di 44 euro (circa 1300 euro al mese) fino a un massimo di 152,77 euro (circa 4500 euros al mese).
Da questo momento, Amélie riceverà ogni mese la sua indennità ma dovrà anche dichiarare ogni mese quante ore lavorative ha effettuato e la remunerazione lorda percepita. L’ammontare mensile dell’intermittenza sarà ricalcolato di volta in volta in funzione delle ore e stipendi dichiarati.
Per esempio, se in aprile Amélie dichiarerà 7 giorni lavorativi, dalla sua indennità verrà allora detratto l’ammontare dello stipendio percepito.
Il 1 marzo dell’anno successivo scadranno questi diritti e Amélie potrà chiederne il rinnovo se, ancora una volta, avrà maturato le 507 ore necessarie.

Non si tratta di un sistema perenne, poiché come spiegato bisogna rinnovare ogni anno, ma se si lavora abbastanza si può ottenere una certa tutela del proprio reddito grazie a questo regime di disoccupazione. In altre parole, se si lavora abbastanza si può essere disoccupati per tutta la vita!
CONCLUSIONI
È il momento di spingere definitivamente verso una riforma radicale del nostro settore.

Maurizio Stammati