FOCUS TEATRO ED ADOLESCENZA
Può esistere un teatro per l’adolescenza come esiste un teatro per ragazzi?
Guardando le programmazioni delle stagioni teatrali o dei festival la risposta sembra piuttosto scontata. Esistono spettacoli che trattano tematiche legate all’adolescenza, esistono laboratori, progetti anche internazionali che coinvolgono adolescenti, ma è un dato di fatto che a teatro i ragazzi non vanno .
Mentre sugli scaffali delle libreria campeggiano ben in vista le collane di libri e fumetti young adult , sulle piattaforme il termine teen è tra i piu cliccati (pensiamo tanto per citarne uno, al successo seppur inaspettato, di Mare fuori) , le stagioni teatrali non hanno spettacoli consigliati ai ragazzi dai 14 ai 18 anni.
Giorgio Testa, psicologo dell’età evolutiva, direttore per il Centro teatro educazione (Cte) dell’Ente teatrale italiano (Eti) , creatore della casa dello spettatore, parla di un teatro per ragazzi e di un teatro per adulti.
E per gli adolescenti? Il teatro diventa per adulti quando i ragazzi arrivano ad essere capaci di riprodursi afferma Testa. Uno spettacolo che viene messo in scena in serale può essere dunque tranquillamente visto dai ragazzi di 14-18 anni . È una tesi accolta da molti operatori . è facile vedere a teatro spettatori adolescenti (soprattutto nei grandi teatri) ma sono nella maggior parte dei casi ragazzi portati dalle scuole a teatro.
D’altra parte le prime esperienze di visione di spettacoli vengono demandate alla scuola, agli insegnanti, che spesso percepiscono il teatro come un allungamento del programma scolastico. Quindi per certi versi quando si entra a teatro e quando si va a vedere uno spettacolo i ragazzi hanno la sensazione di entrare al museo. Per quanto Shakespeare abbia la possibilità di parlare di qualcosa che ci riguarda ancora, per quanto Romeo e Giulietta abbiano la stessa età dei nostri spettatori adolescenti è indubbio che il teatro viene percepito come un luogo vecchio, lontano non solo dal mondo dei social , ma soprattutto della realtà in cui vivono in quanto, come dice il sociologo Stefano Laffi , gli adolescenti guardano al futuro e non al passato.
“È proprio questa la ragione principale -spiega Michele Panella- una mancanza di strategia per avvicinare i ragazzi al teatro partendo dalle scuole”. Michele Panella all’inizio degli anni 2000 ha portato in Italia l’esperienza di Connections, insieme alla compianta Barbara Nativi, presso il teatro della Limonaia. Nato da un’idea del National Theatre di Londra che fece realizzare a noti drammaturghi della scena inglese degli anni ‘90 testi pensati per adolescenti e rappresentati da adolescenti l’idea diventò un format esportabile che produsse tra l’altro Noccioline di F. Paravidino. “il rischio concreto è che i ragazzi una volta che entrano in teatro a vedere certi spettacoli non ci vogliano più tornare” conclude Panella.
Ed è proprio su queste tematiche che si sofferma Francesco Montagna, co-direttore artistico del festival Allez enfants presso il teatro India di Roma, un festival teatrale dedicato all’adolescenza.
“Il tema centrale sono i linguaggi , così troppo lenti e lontani dalla loro realtà” Francesco Montagna dirige anche, insieme a Maura Teofili , Carrozzerie NOT , uno spazio indipendente che rappresenta un riferimento della scena contemporanea romana e nazionale , che svolge un lavoro estremamente attento alle nuove generazioni . il loro spazio è spesso pieno di ragazzi delle scuole superiori.
Montagna pensa che sia importante prendersi il rischio di fargli vedere spettacoli sorprendenti che scardinino il luogo comune del teatro fatto di trucco e parrucco. “Vedere nei piccoli spazi un performer, un attore, un danzatore che a pochi metri da te fa una cosa strana diventa un’esperienza emotiva forte che va al di là dello spettacolo, restituisce la natura essenziale del teatro, vivere un’esperienza che accade in quel momento “
Ma soprattutto, aggiungono entrambi, abituarli ad andare a teatro. “Creare l’abitudine ai linguaggi del teatro così come quello del melodramma può esistere solamente se il teatro viene insegnato a scuola, se si crea l’abitudine alla conoscenza dei linguaggi ” aggiunge Panella. E continua citando un convegno dove un rappresentante del Burkina Faso gli aveva parlato del fatto che nelle scuole il teatro è materia curriculare.
“C’è anche un discorso legato alla burocrazia- aggiunge Marco Renzi, da oltre 30 anni programmatore di stagioni di teatro ragazzi- Le proposte che vengono realizzate per le scuole primarie e dell’infanzia vengono accolte con molta più facilità di quelle delle superiori, perciò è molto più difficile portare i ragazzi a vedere spettacoli a teatro “.
C’è un altro aspetto , se vogliamo ancora più centrale nella nostra discussione, che è dato dalle economie.
Stefania Marrone del teatro Bottega degli Apocrifi di Manfredonia afferma che sono due le ragioni per le quali i ragazzi non vanno a teatro. la prima è che “il teatro non riconosce negli adolescenti un target di fruitori tale da giustificare un investimento dedicato. la seconda ragione: una poca fiducia del teatro nella propria capacità di rivolgersi agli adolescenti, che per loro natura mettono in discussione – e quindi in crisi – quel che hanno di fronte”.
La Bottega degli Apocrifi gestisce il teatro comunale di Manfredonia da 15 anni . Il loro progetto di Produzioni di Comunità coinvolge 200 ragazzi nelle pratiche teatrali ma non si limita al laboratorio, il percorso prevede anche la visione degli spettacoli e gli incontri post spettacolo con artisti, giornalisti, operatori .
Sostituiscono, di concerto con gli Istituti superiori, la pratica delle matinée con quella delle tariffe agevolare in serale, mantenendo per i ragazzi lo stesso costo che sosterrebbero di mattina.
Formano mediatori teatrali, in particolare gli insegnanti, grazie a percorsi di avvicinamento alla visione con critici e operatori specializzati, perché quegli Istituti che non riescono a indirizzare i ragazzi verso il serale abbiano internamente qualcuno che li prepara concretamente alla visione.
Insomma quella degli Apocrifi ci sembra una delle tante buone pratiche sparse per i nostri territori non solo per avere un pubblico quando moriranno i nostri amati abbonati ma per creare un teatro più fresco, più vivo , più sovversivo , forse più ingenuo, per il futuro.
A cura di Ferdinando Vaselli