Lo scrittore Angelo Ferracuti e il fotografo Giovanni Marrozzini avevano iniziato un grande reportage sull’Amazzonia ferita già alla fine del 2016. Erano stati più volte in Perù, Brasile, Venezuela e Bolivia, raccontando le tribù degli Ucamara, Matses, Dessana, Urarina, Yanomami, Guajajara, Pémon, Guaranì e molte altre. Al reportage narrativo contemporaneo, quello di una terra devastata dagli incendi, depredata dalle grandi multinazionali per le sue risorse naturali, i cui popoli sono minacciati nei loro habitat, si unisce quello fotografico sui miti della creazione, le culture profonde del Cosmo amazzonico che rischiano l’estinzione.
Questo ultimo viaggio lo hanno fatto tra la fine di agosto e tutto ottobre 2021, navigando a bordo di una barca a motore, l’Amalassunta, in omaggio al pittore dell’astrattismo Osvaldo Licini, e in parte con piper e aerei di linea, con partenza da Manaus (Brasile) e arrivo alle sorgenti del Rio Vaupés (Colombia), un viaggio di circa 2000 chilometri lungo il quale hanno raccontato i luoghi e le popolazioni che lo abitano. Insieme ai due reporter erano parte dell’equipaggio un esperto capitano, il suo secondo, un cuoco e manutentore, una traduttrice professionista.
La prima esplorazione è stata fatta nei parchi nazionali Anavilhanas, un territorio immenso di foresta e acqua di 350000 ettari, dove la natura vive la sua vita quieta, primordiale e il parco Jaù, il più grande parco naturalistico dell’America Latina. I due reporter hanno incontrato le persone che vivono nella Riserva estrattiva Rio Unini, 19 famiglie che seguendo l’insegnamento di Chico Mendes fanno un tipo di agricoltura comunitaria e partecipativa, così come i rappresentanti della Terra Indigena Waimiri Atroari, e a São Gabriel da Cachoeira, città di quarantamila abitanti abitata da sole popolazioni indigene, la realtà di 23 etnie diverse Baniwa, Baré, Tucano, Dessana, tra le altre, che convivono in quella che è la più numerosa e complessa società multiculturale dell’Amazzonia brasiliana. Popoli spesso minacciati da spietati disboscatori, cercatori d’oro, attività di petrolieri e narcotrafficanti, che inquinano le falde acquifere.
Giunti a San José del Guaviare (Colombia), invece, hanno raccontato la difficile condizione della tribù dei Nukak-Makú che vive lungo il fiume El Guaviare. Dal 1988, quando sono iniziati i primi contatti regolari, metà della popolazione è morta a causa di malattie come la malaria e l’influenza e della violenza esercitata dai taglialegna e coltivatori di coca che si sono presi la loro terra e le loro risorse. Poi il territorio è stato invaso anche dal FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), e ancora vagano in quel territorio gruppi di dissidenti armati.
Fatto ritorno a Manaus, alla fine del viaggio la barca è stata donata all’Associazione Piccolo Nazareno, che opera a Manaus con i ragazzi di strada di quartieri socialmente poveri e degradati, spesso dediti al consumo di droghe e alla prostituzione, che presto diventerà una scuola galleggiante. La barca servirà sia per tenere lezioni sulle culture e identità dei popoli indigeni, l’educazione sessuale, i temi ambientali, che per formare a bordo una biblioteca viaggiante nei diversi villaggi per l’educazione alla lettura, un progetto che già l’associazione ha avviato, denominato “Ler para crescer” (leggere per crescere). La stessa associazione con la quale negli anni 2012 e 2013 sono state organizzate due tappe del progetto “Teatri Senza Frontiere”, che UTOPIA gestisce e che si svolsero proprio a Manaus.
È in preparazione per settembre 2022 il libro che racconta questa esperienza straordinaria, che sarà edito da Mondadori nella collana Strade blu e presentato in anteprima nazionale al Festivaletteratura di Mantova, la più grande manifestazione culturale europea.
a cura di Marco Renzi