ANTONELLO ANTONANTE E DORA RICCA. IL SOGNO DI UN TEATRO NELLA CALABRIA PROFONDA

QUANDO INCOMINCIA LA VOSTRA STORIA ?

ANTONELLO – Nei primi anni 70 inizio a fare provini, volevo fare l’attore, ma tutti mi rispondevano con la solita formula, le faremo sapere e poi non mi facevano sapere niente. Un giorno, era il 1972, leggo un annuncio sulla Gazzetta del Sud: il teatro stabile di Catania cercava attori, macchinisti, elettricisti, cercava tutte le figure professionali del teatro. Io mi presentai alla segretaria del Teatro Stabile di Catania dicendole: Io non so fare niente di quello che cercate quindi potenzialmente so fare tutto, se per lei va bene… Lei mi rispose: se non sai fare niente puoi fare l’attore!

E allora debuttai al teatro antico di Taormina davanti a migliaia di persone. Così è cominciata la storia. Avevo una motocicletta sgangherata e percorrevo l’Italia.

Da allora, le mie attività, che si sono sviluppate per la maggior parte con il Teatro dell’Acquario hanno riguardato il teatro nella sua interezza, dal teatro per ragazzi al teatro contemporaneo, dal teatrodi ricerca a quello sociale con progetti importanti nelle carceri. Da subito individuai l’importanza per la Calabria di avere una rappresentanza professionale nel teatro nazionale, perché in quel periodo, come ancora oggi, la Calabria era ai margini del panorama teatrale italiano, c’erano esperienze di teatro amatoriale ma non di teatro professionale. Pensate un po’ feci per un periodo il presidente dell’AGIS sud per il Teatro.

QUINDI SECONDO VOI, ALLORA COME ADESSO, E’ SEMPRE ESISTITA UNA SORTA DI “QUESTIONE MERIDIONALE” DEL TEATRO ?

Si certo, noi pensavamo addirittura di riuscire ad affrontare le problematiche del vivere quotidiano con il teatro come professione, quando allora, ma anche adesso, la disoccupazione era a livelli altissimi. Ma il teatro qui da noi è sempre stata un’avventura piena di contraddizioni. Solo per ricordare l’ultima di queste contraddizioni basti pensare che mentre al Teatro dell’Acquario veniva assegnato il Premio UBU, dall’altra parte il Ministero della Cultura ha interrotto i contributi che venivano versati alla nostra struttura dal 1977, cosa che ha improvvisamente messo in pericolo la gestione delle nostre tournee all’estero, le produzioni, la gestione organizzativa delle stagioni, creando problemi enormi alla sopravvivenza stessa delle persone e dei lavoratori del teatro. E pensare che abbiamo avuto stagioni importantissime come ospitalità, il primo spettacolo, ancora ricordo, fu un evento per la nostra città e per la Calabria: WOYZEK con la regia di Gennaro Vitiello.

INVECE TU, DORA, QUANDO TI INSERISCI IN QUESTA STORIA ?

Dopo la metà degli anni settanta si dà vita alla Cooperativa Centro RAT di cui sono socia fondatrice e contestualmente a Cosenza si apre una parentesi politica particolarmente felice per il nostro territorio. Si crea la prima giunta di sinistra, ed è un intellettuale romano che insegnava alla Università della Calabria, al quale viene affidato l’assessorato alla cultura, che accoglie i progetti del Centro RAT. Uno di questi progetti era quello denominato: progetto di contaminazione urbana. Per la prima volta arrivano diverse compagnie straniere straordinarie, tra cui il Living Theater. Quindi io giovanissima, non avevo neanche finito il liceo, mi intrufolai in questa situazione e rimasi, diciamo così, folgorata. Avere come primo impatto un’esperienza del genere ti fa partire dai gradini alti, se non altro come speranza e come obiettivi. Dopo questa esperienza del Living non era più possibile tornare indietro. Purtroppo però la città, il territorio erano quello che erano, noi avevamo avuto questa folgorazione ma la città assolutamente no. Ricordo che questa presenza del Living era assolutamente estranea e vissuta come una provocazione politica, di costume.

E così ha continuato ad essere, dopo di loro non è successo niente, se non appunto, noi che continuavamo a cercare di portare il grande teatro in Calabria, combattendo con un’ indifferenza totale da parte della politica.

Noi eravamo degli alieni, quando il Living è andato via e le altre compagnie sono andate via, noi siamo rimasti come sprovveduti. Senza neanche il carisma o comunque la riconoscibilità di chi è stato fuori, ha lavorato tanto tempo e poi ritorna nella sua terra.

Quindi proprio assolutamente ignorati.

Per fortuna arrivò il riconoscimento ministeriale che ci ha dato la possibilità di continuare a sognare e a realizzare un percorso di teatro professionale nella nostra Calabria.

GIA’ IN QUESTI PRIMI ANNI LA VOSTRA ATTIVITA’ SI CONNOTA PER ESSERE SIA DI PRODUZIONE MA ANCHE DI ORGANIZZAZIONE

Si certo, teatro e non solo. Il nostro primo spazio fu una tenda da circo recuperata da Antonello, installata di volta in volta nelle piazze della città fino a quando non ci facevano andare via, e lì abbiamo ospitato tanto teatro ma anche tantissima musica, tanti musicisti sono venuti per la prima volta ad esibirsi in Calabria grazie alla nostra tenda. Da subito ci eravamo collegati con il teatro Tenda SPAZIO ZERO di Roma che era al Testaccio.

Diciamo così, dopo l’esperienza del Living il nostro piccolo faro era appunto il Teatro Spazio Zero e la compagnia di Lisi Natoli e anche musicisti legati al circuito della Scuola di Musica del Testaccio.

Noi volevamo fare questo di lavoro, un lavoro duro, straordinario, un lavoro complesso.

Infatti, avevamo sia un’attività di compagnia e di produzione con gli spettacoli e le tournée, e parallelamente mettevamo grande impegno al lavoro di programmazione con rassegne trasversali.

COME ARRIVIAMO ALLO SPAZIO DEL TEATRO DELL’ACQUARIO?

ANTONELLO – la tenda dopo qualche anno volò via per un brutto temporale in un lontano Natale, da allora siamo passati attraverso piccoli garage del centro storico, locali comunali occupati, un lungo girovagare come veri nomadi teatrali. Abbiamo sempre pagato per la nostra indipendenza, per la nostra libertà. Forse potevamo essere un po’ più furbi, ma eravamo davvero ingenui e in una maniera pazzesca.

DORA – Il problema è che qui nel nostro territorio, a differenza dei nostri colleghi coetanei negli altri contesti regionali, non solo non ci finanziavano, non ci riconoscevano proprio, eravamo una sorta di fantasmi teatrali.

ANTONELLO – La nostra forza però veniva anche dalla circostanza di aver vissuto, agli inizi della nostra carriera teatrale, una esperienza fortissima con Julian Beck e Judith Malina.

Da allora in poi quasi tutti i protagonisti del teatro italiano ed internazionale sono passati qui: Dario Fo e Franca Rame, Eugenio Barba e tutto l’Odin Teatret, Fernanda Pivano, Toni Servillo, Emma Dante, la Raffaello Sanzio, Renato Carpentieri, Angela Finocchiaro, Alessandro Bergonzoni, Remondi e Caporossi, Carla Tatò e tantissimi altri!

DORA – Bisogna dire che i nostri tentativi di produrre teatro agli inizi hanno procurato non pochi disagi tra il nostro pubblico, che molto spesso usciva perplesso dai nostri spettacoli, non riconoscendosi in questa forma di sperimentazione. Ma sulla produzione proprio agli inizi abbiamo per fortuna avuto delle bellissime esperienze di teatro per ragazzi. Iniziammo con il ricercare e utilizzare le favole tradizionali calabresi in una chiave di rinnovamento, e questa fu una strada molto apprezzata che ancora oggi ci guida e che ha dato vita a diverse produzioni, una delle più fortunate, che ancora gira, è quella di GIUFA’ E IL MARE, con al suo attivo più di mille repliche e centinaia di piazze in Italia ed all’estero.

ANTONELLO – Un incontro fondamentale per questo percorso è quello avuto con Otello Sarzi. Questo era un incontro che in qualche modo era scritto, un incontro che io in qualche modo dovevo fare. Otello era una persona spettacolare ed il fatto di essere diventato suo amico mi ha accompagnato per tutta la vita. Otello ci permise di intuire di poter lavorare sul territoriale e sul mondiale come diceva lui, e cioè che attraverso questo oggetto di scena che era il burattino, la marionetta, si poteva raggiungere qualsiasi pubblico. Io ebbi la fortuna di essere ingaggiato da lui, agli inizi della nostra avventura teatrale, come clown. Conservo due episodi in particolare, il primo riguarda un pomeriggio estivo nel suo laboratorio IL SETACCIO BURATTINI E MARIONETTE, bussano alla porta, vado ad aprire e mi trovo davanti Dario Fo che voleva chiedere ad Otello se potevamo fare alcuni spettacoli con lui. Un altro pomeriggio invece si presenta al capannone Peter Schumann fondatore e direttore del Bread & Puppet che chiedeva consigli ad Otello. Quindi il mio, il nostro percorso è stato ricchissimo d’incontri.

UN’ALTRA ATTIVITA’ MOLTO IMPORTANTE PER VOI E’ STATA LA FORMAZIONE

Dora – si abbiamo fatto tantissima formazione, uno dei periodi più fortunati, è stato quando ci vennero finanziati corsi professionali per attori in Calabria con fondi regionali ed europei, e da lì usciro decine di attori che poi ancora oggi sono e rappresentano il teatro calabrese e che del teatro ne hanno fatto la loro professione, fondando compagnie o operando da soli. Abbiamo lasciato solchi profondi in questa direzione. Il rammarico è che se avessimo avuto una sponda amministrativa stabile, che avesse dato continuità ai nostri progetti, avremmo potuto radicare ancora di più il nostro fare teatro nella nostra Calabria. Ci sono stati momenti felici, in questo senso, ma sempre legati allo sporadico interessamento di questo o quel politico o amministratore illuminato.

ALTRA TAPPA IMPORTANTE DI QUESTO STRAORDINARIO PERCORSO E’ LA NOMINA DI ANTONELLO A DIRETTORE DEL TEATRO RENDANO DI COSENZA

ANTONELLO – Considerando che la mia è stata l’ultima direzione artistica che ha programmato in quel teatro, la cosa acquista un sapore anche un po’ amaro.

Tutto ha inizio da una telefonata dal sindaco neo eletto di allora, Salvatore Perugini, che mi comunica la sua intenzione di nominarmi Direttore Artistico del Teatro Rendano. Dopo un momento di smarrimento, gli dico che avrei accettato solo ad una condizione, quella di avere un mandato pieno senza condizionamenti, una firma su un foglio bianco, che avrei riempito con il mio progetto. Il Rendano doveva diventare il faro culturale di tutta la città, aprirsi a lei, alle sue istanze ed ai suoi bisogni. Infatti si riempie così di iniziative e attività per tutti, dai bambini alle famiglie, dalla musica al teatro, dal cinema alla danza. E così è stato, il teatro Rendano viene riconsegnato alla città ed era una impresa giudicata impossibile quando accettai l’incarico, perché la struttura anche amministrativa era elefantiaca, eppure ci siamo riusciti. Quindi non solo programmazione ma azione culturale a trecentosessanta gradi.

ORA DOPO QUESTO BELLISSIMO VIAGGIO NEL VOSTRO TEMPO VI CHIEDO COME VEDETE L’OGGI

DORA – Per quel che mi riguarda, ho seguito con molta attenzione il dibatto in corso sul come fare teatro in questo periodo attraversato dalla pandemia, e sono arrivata alla conclusione che non è possibile fare il teatro in un modo diverso da come è stato fatto per secoli e cioè dal vivo. Tutti i tentativi che ho fatto di visione in streaming, registrato, in televisione, sono stati deludenti. Per me bisogna ricominciare dai piccoli teatri, rifinanziare le periferie. Consiglierei al Ministro di produrre documentari sul teatro, format che ne raccontino il suo fare in tutti i suoi aspetti, creativi ed organizzativi e non solo il teatro così detto ufficiale ma anche e soprattutto quello marginale, che si fa nelle carceri, presso le periferie culturali del paese.

ANTONELLO SE DOVESSI DARE UN CONSIGLIO AL MINISTRO FRANCESCHINI COSA GLI DIRESTI

ANTONELLO – il problema è che secondo il mio modesto parere, questi signori non comprendono che l’Italia è lunga, ed è cambiata, la fame di cultura e anche di teatro la attraversa tutta, va guidata, aiutata, promossa in tutte le sue articolazioni territoriali, da Aosta a Siracusa è una meraviglia accanto all’altra, è da questa meraviglia che bisogna ripartire.

intervista a cura di Maurizio Stammati