Poetessa, romanziera, saggista, giornalista, attivista per i diritti delle donne, drammaturga, amica del teatro in tutte le sue forme, Dacia Maraini è molto amata, sia in Italia che in tutta Europa ed oltre oceano. È una figura di statura mondiale, fra le esponenti più importanti della letteratura italiana contemporanea. Il suo ultimo “Vita mia” è (al solito) in vetta alle classifiche letterarie.
Chi vive in Abruzzo, oltre che ai suoi libri, collega la sua figura alle tante iniziative, ai festival letterari ed alla bellissima esperienza della sua “Scuola di Drammaturgia” sulle montagne della Marsica.
Spirito pionieristico e impegno costante, non c’è cosa di cui si occupi che non segua dalla A alla Z; da direttrice artistica, ad esempio, non c’è spettacolo, presentazione editoriale o festival che non onori con la sua costante presenza in prima fila, dove non porti ossequio a chi è di scena – nemmeno (e soprattutto!) se si tratta dei piccoli alunni delle scuole.
Contattata, si rende immediatamente disponibile per l’intervista nonostante i suoi tanti impegni, addirittura scusandosi per la risposta pervenuta in leggerissimo ritardo. Dacia Maraini: grande talento, senso di responsabilità e nobiltà d’animo …e con lei, non si perde tempo! E allora via e, per far bella figura, domande a raffica.
Cos’è che fa nascere un tuo nuovo libro?
Sinceramente, non so da dove venga la scintilla per un nuovo libro. È una passione che mi ha preso da quando ero bambina. Prima di tutto è nata la voglia di capire e conoscere che è sempre stata fortissima. Poi la voglia di esprimermi, di comunicare. Su questo, davvero, non so altro”.
Quanto ti influenza la situazione socio-politica attuale? Dobbiamo essere pessimisti?
La situazione è pessima e le prospettive pericolose ma, io voglio essere ottimista perché, se ci si abbandona alla disperazione, ci si chiude in se stessi e la passività è perdente. Un minimo di fiducia nel futuro e nel buon senso degli esseri umani, secondo me, aiuta a cambiare le cose. Altrimenti si finisce nelle mani dei prepotenti e degli sciagurati.
Quali sono gli ostacoli più grandi al lavoro dell’artista? In Italia c’è una situazione particolare, a tuo giudizio ?
L’Italia è ancora fra i paesi fortunati, perché da noi vige la democrazia, ovvero la libertà di pensiero, di parola, di stampa, le votazioni libere, le istituzioni autonome, ma, purtroppo, ho la sensazione che molti vorrebbero eliminare queste libertà per arrivare a una gestione autoritaria dello Stato. Spero proprio che il popolo italiano difenda le sue istituzioni.
C’è spazio adeguato, nelle istituzioni, all’argomento “letteratura, teatro, arte in genere…” in rapporto al pubblico dei ragazzi?
Nelle istituzioni vice in larga parte l’idea che la cultura sia un prodotto radical- chic. Un disprezzo che volgarizza il pensiero creativo. Senza pensare che tutto è cultura, anche il modo di cucinare i cibi.
La tendenza in teatro, oggi, da noi è il museo. Lo indica la sempre più scarsa importanza che si dà alla drammaturgia, che è la sola ad affrontare i temi dell’attualità. Si riprendono i classici, spesso non teatrali, e si adattano, secondo le esigenze della regia e dei primi attori, senza tenere conto della vera funzione del teatro, che è quella di affrontare i grandi temi dell’etica.
Dove vanno cercati argomenti, contenuti, stimoli, ispirazioni per il nostro teatro?
I contenuti, per il teatro, andrebbero cercati nella realtà che ci fa gioire o patire. Invece, purtroppo, il teatro gira al largo dai grandi temi reali che tormentano il paese e si dirige verso il museo, come ho detto prima. Si mettono in scena dei quadri bellissimi, cercando di trovare cose che non sono state già dette, ma senza rinnovare il linguaggio e il pensiero che sono alla base della drammaturgia.
E il rapporto fra teatro e web?
Sono contraria anche al teatro che va sugli schermi. La peculiarità del teatro è il suo rapporto diretto col pubblico. Durante la pandemia il teatro ha sofferto perché mentre il cinema si è portato nelle case, il teatro non poteva farlo. Il teatro ha bisogno del momento pubblico, del rapporto vivo e diretto fra pubblico e attori, fra pubblico e scena.
Grazie, Dacia. I teatranti non possono non apprezzare questa sintetica sottolineatura sulle peculiarità di un’arte, come quella teatrale, che può estrinsecarsi solo “in presenza”. Sono motivi banalmente tecnici, quelli che, immancabilmente, trasformano il teatro, una volta messo su uno schermo, in un’altra cosa. Sarebbe lo stesso per i sogni.
(Eugenio Incarnati)