Oggi scendiamo nell’isola più bella del mediterraneo, la Sicilia, per incontrare a Catania Riccardo e Margherita, più che una coppia, un sodalizio che dura da una vita e che porta con sé sorprese e meraviglia. Cominciamo con Riccardo:
“Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi, frequentavamo gli scout insieme a Catania, scoprimmo già da allora che c’erano molte affinità e interessi che ci accumunavano, primi fra tutti la passione per le storie ed i colori. Ci siamo frequentati, fidanzati, sposati e abbiamo messo al mondo due figlie. La nostra prima attività è stata quella della costruzione di giocattoli in legno, li realizzavamo per intero, dall’idea al prodotto finito, poi andavamo a venderli ai mercatini, eravamo giovani e onnivori, vogliosi di sperimentare tante cose. Cominciammo in quel periodo anche a fare le prime feste di compleanno, trovando una nostra strada e la consapevolezza che il mondo dei bambini in qualche modo ci apparteneva e volenti o nolenti ci orbitavamo attorno. Grazie ai contatti che la vita come sappiamo elargisce con casualità, ci trovammo ad essere chiamati in alcune scuole dell’infanzia di Catania per realizzare dei laboratori sulla costruzione dei giocattoli. Come sempre accade, da cosa nasce cosa, e presto dai giocattoli passammo ai burattini, alle storie, ai primi spettacoli dove utilizzavamo tutto questo patrimonio che stavamo sperimentando e la cosa ci appassionava, le storie ogni volta si allargavano, crescevano, inglobavano mondi e personaggi e lentamente, giorno dopo giorno, si componevano come nel gioco delle costruzioni.”
Margherita cosa ci dice di questo momento pionieristico?
“Raccontare ci piaceva molto e ben presto abbiamo cominciato ad utilizzare nelle storie anche i colori ed è venuta fuori una nuova strada che non avevamo mai prima affrontato, quella dell’illustrazione. In quel periodo incontrammo una mamma che aveva i figli in una delle scuole dove andavamo ad operare, era Lucia Scuderi, quella che oggi è certamente una delle maggiori illustratrici di libri che ci siano in Italia. Con Lucia ci siamo frequentati e siamo tutt’ora amici, i suoi consigli sono stati preziosi, ci ha dato forza per andare avanti mettendoci di fronte alle mille insidie che questo mondo nasconde: imbroglioni, furbetti e via dicendo.
Il mondo dell’illustrazione ci ha presi, abbiamo cominciato a viaggiare molto, prima alla “Fiera del Libro per Ragazzi” di Bologna e da lì un po’ in tutta Italia, ogni volta conoscevamo gente e il giro si ampliava, un contatto ne portava altri e la macchina era sempre in movimento. Eravamo giovani, viaggiare ci piaceva e il mondo era una splendida occasione per conoscere gente e fantasticare.
A Catania eravamo entrati in un’Associazione che si chiamava “I Burlattimatti” di Enza Di Muni, dove pian piano avevamo imposto una velocità di lavoro che derivava dalla nostra voglia di andare comunque e sempre avanti, ci rendemmo presto conto che il resto dell’Associazione aveva altri tempi e altre esigenze, così uscimmo e ne fondammo una tutta nostra, il nome era semplice: “Riccardo e Margherita”. Avevamo 23/24 anni, giravamo tantissimo nelle Scuole di Catania (grazie anche a un’altra associazione “Le città invisibili” di Mario Giuffrida) e anche nelle case a fare feste private. Cominciavamo ad avere un repertorio di spettacoli dove utilizzavamo burattini, disegni, musica, canzoni, secondo uno stile che ci descriveva e rappresentava. Era un periodo in cui tutti i semi che avevamo gettato in terra germogliavano e davvero non c’era tempo per fare altro. Le Case Editrici a cui avevamo lasciato nostri disegni cominciavano a contattarci per illustrare libri, un processo davvero entusiasmante, anche se lungo e difficoltoso. Per completare un libro occorrevano tanti mesi di lavoro e il problema erano sempre i soldi, tutti volevano spendere poco.
A un certo punto incontrammo a Catania Surya Amarù, una giovane donna decisa a mettere in piedi una Casa Editrice (La Splen), era molto motivata, ci frequentammo e alla fine la convincemmo a investire in un progetto sulla favola di Colapesce. Era un’edizione impegnativa, con carta speciale, molte illustrazioni a colori ed anche un CD allegato con canzoni che avevamo scritto e musicato insieme a Laura Francaviglia. Colapesce è una storia della Sicilia e alcuni passi erano in siciliano, bisognava che il libro fosse venduto in buone quantità, altrimenti la Casa Editrice non avrebbe retto allo sforzo, per diverse ragioni ci sentivamo corresponsabili dell’impresa. Poi “Colapesce” vide la luce e fu un grande successo, venduto anche oltre i confini della Sicilia, oggi siamo alla terza ristampa.”
Riccardo, come si conciliava a quel tempo la voglia di creare con la necessità del quotidiano?
“La vita del teatro come sappiamo è dura, quella dell’illustratore uguale, abbiamo lavorato tantissimo, seguendo sempre il cuore e badando poco al portafoglio, parallelamente però la famiglia cresceva e i costi bussavano puntuali alla porta ogni fine del mese. Per fortuna sei anni fa sono riuscito ad entrare all’Accademia delle Belle Arti di Catania, prima come precario e supplente poi come docente, questo ci ha dato una boccata d’ossigeno che oggi, vista la situazione, ci appare come provvidenziale. Nell’ultimo anno si è fermato tutto: spettacoli, laboratori, persino l’editoria, è vero che si vendono più libri ma gli Editori attingono ai magazzini e sono poco propensi ad investimenti su nuovi prodotti.
In Accademia mi piace parlare ai ragazzi dell’illustrazione, li metto in guardia dai troppi truffatori che ci sono in giro, con la speranza che possano evitare quello che noi abbiamo passato: gente che ti promette mari e monti e poi scompare, trattamenti economici mortificanti e via dicendo, il mondo dell’illustrazione purtroppo è così.
Come siamo arrivati alla vignetta?
Nel primo look down, a marzo dello scorso anno abbiamo cominciato a fare dei video artigianali, tanto per restare in contatto con il nostro pubblico, come molti altri in Italia, pubblicando poi i contenuti su you tube, alla pagina “Si Conta e si Racconta”, dove sono ancora visibili. Avevamo creato un pupazzo che raccontava storie e i video cominciavano ad avere un certo seguito, ne pubblicavamo due alla settimana e quando capitava di saltare ci scrivevano per reclamare la nuova storia. Questo ci ha permesso di sentire ancora il contatto con il pubblico e ci ha tenuto occupati, evitando la malinconia.
Poi è venuta l’estate, qualche cosa si è fatto e alla nuova chiusura in autunno tutta la famiglia ha preso il Covid, comprese le nostre due figlie che oggi hanno 10 e 14 anni. La reclusione mi ha fatto paura, ho avuto timore di perdere lo slancio creativo, la spossatezza era l’unica dimensione che riuscivo a percepire. È stato in quel momento che ho capito e deciso che dovevo reagire, inventare un esercizio creativo che mi tenesse in allenamento e così, per necessità e per gioco, è nata la vignetta.
I protagonisti sono personaggi colorati ai quali non ho dato alcun nome.
Ho cominciato a farne una al giorno, come terapia contro la tristezza e anche questa volta il riscontro è stato immediato, molte visualizzazioni e la gente che scriveva quando ne saltavo una. Poi si è fatto avanti un giornale web di Ferrara che si chiama “Ferrara Italia”, un nome molto strano che credo dovrebbero cambiare, mi hanno proposto di ospitare le vignette, il nuovo editore vuole dargli un taglio diverso, non localistico e ha creduto che i miei disegni potessero contribuire a questo sforzo. Ho scoperto una nuova vocazione, quella del vignettista, con i suoi tempi comici, le sue battute fulminanti. Non penso che farò un libro di raccolta, metterle insieme sarebbe fuori conteso, diventerebbero noiose, la vignetta trova il suo habitat naturale nel giornale, dove vive giorno dopo giorno, tra le altre notizie, è un break, una luce, un momento di felicità.
Volevo e voglio tutt’ora che questo spazio sia di libertà, non ho fatto nulla per promuovere le vignette, è stato un mio lettore che si è incaricato di prendere contati con il giornale di Ferrara e di arrivare alla decisione di pubblicare, mi sono limitato ad accettare la sfida e garantire disegni fin quando ne avrò voglia. Con “Ferrara Italia” spero di allargare la platea di chi mi segue, parallelamente pubblico anche si Istagram dove riesco a interessare una platea diversa, fatta di giovani, i follower stanno crescendo, mi fa piacere. Ciò che disegno sono pupazzi, come quelli che utilizzo per i miei spettacoli, sono teatro di figura e comunicano con micromovimenti: una bocca aperta, un braccio alzato, niente di più, sono astratti e credo che ci rappresentino tutti. Mi fa piacere che ci sia un interesse attorno a queste vignette, mi sto divertendo a disegnarle e lo farò fin quando questo divertimento durerà, quando non ci sarà più, smetterò.”
intervista a cura di Marco Renzi