LELLO SERAO, DI NAPOLI E DEL TEATRO

Facciamo un percorso al contrario. Partiamo da oggi.

In questo momento ho diverse cose in corso nel senso che sono direttore del Teatro Aria Nord dove stiamo facendo dei lavori all’interno del teatro. Approfittando di questo periodo di chiusura, avevamo un progetto in essere con un finanziamento della Regione Campania, stiamo migliorando alcune situazioni dello spazio, in particolare il rifacimento di tutti i bagni all’interno del teatro che ci permetteranno finalmente di togliere quelli provvisori esterni, anche l’area biglietteria sarà completamente rifatta e tutti gli uffici saranno completamente ristrutturati. Restiamo poi in attesa anche di un altro finanziamento che ci è stato riconosciuto, non direttamente ma attraverso il Comune di Napoli, per la ristrutturazione della sala grande, per cui è probabile che il 2021 sia finalmente l’anno in cui possiamo recuperare appieno questa struttura. Il Teatro area nord è, come dice lo stesso nome, nell’area nord di Napoli, quando abbiamo vinto il bando che il Comune di Napoli aveva fatto era uno spazio comunale all’interno di un polifunzionale, il lotto 14 b, un edificio di periferia.

Vincemmo il bando nel 2001 e nel 2002 mettemmo piede in questi locali. L’idea era quella di provare a recuperarlo completamente, era totalmente abbandonato. Abbiamo iniziato prima una guerra privata tra noi, i piccioni e i topi, che continuò a lungo, alla fine l’abbiamo spuntata perché siamo caparbi.

Secondo me una qualità di questi tempi è la testardaggine, con questa siamo riusciti nel corso del tempo a recuperare tutte le aree di questo complesso, sebbene per lunghi anni non ci sia stato nessun tipo di intervento e noi eravamo entrati qui con una promessa, che era quella che la Regione Campania avrebbe provveduto a recuperare la struttura, ma poi, per varie ragioni e la cosa non è accaduta. Finalmente oggi, attraverso un impegno di città metropolitana, che sarebbero le vecchie Province, il Comune di Napoli, ha finalmente acquisito la possibilità di avere delle risorse per il recupero totale della Struttura. Oggi, questa ristrutturazione, la stiamo facendo attraverso un finanziamento regionale, che prevede solo alcune parti, ma poi speriamo di poter fare tutto il resto. Questo spazio, a parte il suo abbandono, ha restituito grande senso al nostro lavoro, cambiando, prima di ogni altra cosa, il modo operativo.

Nel corso di questi anni ci siamo trasformati da compagnia di produzione a centro di residenza ed è un grande passo, un cambiamento radicale profondo. La compagnia poteva essere tranquillamente la nostra casa per fare produzioni e quant’altro, però lo spazio si prestava ad altro: ad avere una presenza costante sul territorio e quindi a cercare di catalizzare una serie di necessità di un quartiere sostanzialmente abbandonato

Qui siamo a Piscinola/Scampia, quartieri tristemente noti, la popolazione giovanile rappresenta il 70 per cento di quella residente. Quindi, come dire, c’è un obbligo ad occuparsi dei giovani di quest’area e l’abbiamo fatto sia attraverso i laboratori, sia con una programmazione che ha cercato di guardare sempre al contemporaneo, pur tenendo comunque in piedi un rapporto fervido con la tradizione e tu, Maurizio, lo sai, perché abbiamo collaborato insieme su alcuni progetti, come lo spettacolo “ Amore e magia nella casa di Pulcinella” (ndr vincitore del festival di Padova ) che appunto metteva insieme esperienze diverse ed anche una modalità di racconto e di teatro differente: Teatro d’attore e burattini. C’era un misto che, come dire, era già dentro la contemporaneità, era già un modo di parlare al pubblico in maniera diversa.

Poi siamo andati avanti, abbiamo costruito il centro per residenze, uno spazio che tra l’altro gode oggi del riconoscimento della Regione Campania e del Ministero, perché siamo, credo, oltre la Puglia, l’unico Centro del sud d’Italia.

Siamo un progetto che vede insieme due realtà: Napoli e Salerno, attraverso l’utilizzo di due strutture. Per quanto riguarda gli eventi del contemporaneo, che hanno bisogno di maggiore spazio dal punto di vista proprio del palcoscenico, abbiamo stretto un protocollo di collaborazione con il Politeama di Napoli, la stagione quindi si articola tra Politeama, Teatro Area Nord e Teatro delle Arti di Salerno. Ma al di là della programmazione di attività e di laboratori quello che ci interessa molto è quello che stiamo verificando in questi giorni; essere una necessità assoluta per il territorio e mettere gli artisti in condizione di poter produrre, con grande libertà e tempi necessari. Non chiediamo alle compagnie ospiti nei nostri spazi, di finire il prodotto, gli diamo, quando sono in residenza normale, 15 giorni pagati e questo è l’altro elemento che secondo me è fondamentale e che distingue, in qualche modo oggi il concetto di residenza da tutte le altre forme di collaborazione. Mettiamo a disposizione degli artisti, senza intervenire sulla loro progettualità, uno spazio dove provare, dei soldi per pagare il lavoro e contemporaneamente assolvere tutte quelle funzioni che vanno dal tutoraggio, al consiglio, allo sviluppo, anche successivo, di ciò che viene prodotto all’interno dei nostri spazi. La cosa che ci piace è che molte esperienze partite da noi, come fase di studio, sono poi diventate spettacoli che abbiamo ospitato nelle nostre stagioni. E’ un ciclo virtuoso che in qualche modo cerca di coniugare, sostegno, residenza, ospitalità, circuitazione e quant’altro.

Questo è un lavoro che mi ha affascinato, mi piace, tant’è vero che proprio in questi giorni, abbiamo lanciato il progetto con un finanziamento del Comune di Napoli, sul quale avevamo cominciato a ragionare, proprio nel primo look down.

Ad aprile ci eravamo sentiti con l’assessore De Maio del Comune di Napoli e abbiamo esposto la nostra idea di sostegno, soprattutto alle fragilità che in quel momento si cominciavano già ad evidenziare.

Purtroppo il Comune, per problemi di bilancio, in quel momento non poteva finanziare il progetto. Poi a dicembre quando si è chiuso l’iter di approvazione del bilancio, finalmente ci ha chiamato l’assessore e ci ha detto che c’erano soldi disponibili e abbiamo fatto una cosa che secondo me è una buona pratica da poter sviluppare anche in futuro, quella di mettere insieme spazi e compagnie, farli lavorare in sinergia per delle produzioni che poi vedranno la luce quando si potranno riaprire i teatri e ne faremo una vetrina, eventualmente da presentare anche ad operatori di mercato per una distribuzione.

Diciamo ora due parole su Lello Serao artista, cosa è oggi e che tipo di solco ha percorso.

E’ da un po’ di tempo che mi interrogo, ci interroghiamo, perché con te abbiamo avuto spesso scambi di questo tipo, su dove deve andare il teatro, su quale sarà il teatro dei prossimi dieci anni, di come poter dare e lasciare qualcosa a chi viene dopo di noi. In questa fase sono alle prese con un progetto che è affascinante, lo dico con grande piacere perché è un lavoro che ancora una volta, cerca di coniugare insieme tradizione e modernità; sto lavorando su una messa in scena di Natale in casa Cupiello, uno dei capolavori di Eduardo De Filippo. Tra l’altro avrei dovuto farlo quest’anno a dicembre, ed è un progetto che è nato da un incontro felice con i miei compagni di viaggio di questo periodo, che sono Ilenia De Falco di interno 5, Vincenzo Ambrosini a cui si sono aggiunti poi Antonello Todisco, Nico Mucci e Luca Sacco, attore che stimo molto.

Erano un paio d’anni che stavano ragionando sulla possibilità di mettere in scena questo spettacolo, partendo da una riflessione rispetto allo spazio che loro avevano a San Biagio dei Librai: Lo spazio dello Start. Due anni fa, vedendo la fiumana di persone che ogni anno scorreva lungo San Biagio dei librai, per arrivare a San Gregorio Armeno, la strada dei presepi, si sono interrogati su come eventualmente catalizzare questo flusso verso un luogo che potesse essere accogliente. L’idea era di lavorare sulla trasformazione del piccolo spazio dello Start, farne una specie di laboratorio di costruzione dei presepi, dove Tommasino, figlio di Luca Cupiello, protagonista dell’opera di Eduardo, dopo aver detto finalmente “ …sì mi piace o’ presepio!!” al padre sul letto di morte, continua la tradizione del Presepe e quindi accoglie dentro questo spazio gli spettatori, per potergli raccontare quella famosa storia che viaggia a cavallo tra il 23 dicembre e il 25 Dicembre.

Quindi sono partiti da questa riflessione per la realizzazione di questo interessante progetto di messa in scena, poi la cosa non è stato possibile realizzarla, un po’ perché stavano cercando dei partner per sostenere economicamente la situazione, un po’ perché è intervenuta la pandemia e un po’ perché oggi purtroppo lo spazio dello Start è in chiusura. I proprietari dei locali hanno deciso di operare uno sfratto e quindi, anche lo Start, diventa uno dei tanti piccoli spazi del centro storico di Napoli, che chiude. Di fronte a questa ferita abbiamo deciso di fare un’operazione al Teatro Area Nord, trasferendo qui l’idea e mi è stata proposta la regia di questo spettacolo. Da quel momento ho cominciato a ragionarci su, perché tra l’altro l’idea che loro avevano mi ha molto affascinato, che Tommasino fosse proprio lui a raccontare la storia della sua famiglia era una modalità possibile per poter mettere mano sull’opera che è uno dei monumenti della drammaturgia nazionale e anche internazionale. Credo che abbia più traduzioni di qualunque altro autore italiano.

L’altra idea che si è coniugata con questa possibilità registica, è quella di lavorare con i pupazzi. Quindi come esplorare alcuni percorsi che avevo fatto tra l’altro proprio con i tuoi burattini. L’incontro è stato molto felice, i pupazzi erano un’idea di Tiziano, che è stato lo scenografo di Leo De Berardinis, di Carmelo Bene, in particolare del suo Pinocchio e quindi, ritrovarmi con una persona della mia stessa generazione, che come dire, leggeva con le mie stesse coordinate quell’opera, è stata una scoperta felice è straordinaria. Al momento sto lavorando sul primo atto, poi passerò al secondo sperando di avere lo spettacolo pronto per maggio perché vorrei fare un’operazione di omaggio ad Eduardo.

Per chi non lo sapesse “ Natale in casa Cupiello” ha avuto una lunga gestazione, Eduardo scrive prima il secondo atto, nel 1931, e quindi nel 2021 sono 90 anni dalla scrittura della prima stesura del secondo atto, che all’inizio, era un atto unico, in cui tra l’altro la protagonista è Concetta non Luca Cupiello. Successivamente scrive il primo atto perché negli anni cinquanta Eduardo esplode e diventa famoso e doveva essere lui ad aprire lo spettacolo E tra l’altro lo apre in maniera straordinaria, c’è tutto da scoprire e sfogliare quello che sarà poi il personaggio di Luca Cupiello.

ABBIAMO PARLATO DI EDUARDO NON POSSIAMO NON PARLARE DI PULCINELLA, DEL TUO PULCINELLA, SEI E SEI STATO MOLTO LEGATO A QUESTA MASCHERA.

È uno dei personaggi che ho amato e che amo di più, col quale mi sono confrontato ed ho fatto finora cinque spettacoli con la maschera, quindi non solo tantissimi, mi rendo conto che ci sono stati attori di generazioni precedenti alla mia che l’hanno indossata molto più a lungo. Faceva parte del loro bagaglio la maschera. Quando l’ho indossata però ho scoperto la sua forza e ho trattato la maschera sempre con grande rispetto. Ho avuto nei suoi confronti una riverenza assoluta. Sempre le riconosco un principio di identità e contemporaneamente un’appartenenza a un mondo estraneo al nostro. Dico sempre che la maschera è il modo che abbiamo di dialogare con i morti. Non inteso nel senso dell’inferno dantesco, ma il luogo dove si costruisce in qualche modo la magia, rimane uno dei punti di riferimento più alti del mio percorso attoriale. Ho fatto un Pulcinella per certi versi mio, assumendo dalla tradizione alcune cose, ad esempio sono molto legato, dal punto di vista dell’immagine, a quella del Seicento, perché ritengo che sia stata, insieme con quella di Petito, un momento autentico di crescita e anche dal punto di vista drammaturgico di ciò che si è scritto intorno alla maschera.

Il riferimento è sempre stato Calcese, devo dire la verità, perché mi sembrava un Pulcinella vero autentico concreto, che aveva i piedi ben radicati a terra e dal baricentro basso, quindi capace di avere profondità ma anche quella stupidità necessaria. Poi ovviamente il riferimento è anche il grande Antonio Petito. Da lui ho preso la scrittura e anche l’invenzione scenica, non possiamo non ricordare che Pepito è stato il grande inventore della macchina scenica barocca, è lui che è riuscito a mettere insieme la macchina teatrale con la maschera e tra l’altro, è che ha fatto vestire Pulcinella panni insoliti. Con Petito vediamo la maschera che indossa panni femminili, come quelli che ho messo nello spettacolo “ Amore e magia” che era tratto appunto dal Don Fausto di Pepito, che a sua volta lo aveva riscritto da “Er Faust” di Goethe, quindi parliamo di una di una scrittura colta, sebbene lui fosse analfabetica e non avesse gli strumenti della grammatica, però aveva una genialità assoluta, capace di permettergli di andare al San Carlo, vedere un’opera e nel giro di 24 ore scriverne la parodia. Petito tra le altre cose è stato un attore unico, straordinario che oggi veramente non trova pari assolutamente.

Ecco questi sono i miei due punti di riferimento rispetto a Pulcinella ma soprattutto la maschera come strumento per poter dire quello che qualche volta la normalità non ti fa dire.

ULTIMA DOMANDA: FACCIAMO UN PICCOLO SOGNO. IL NOSTRO NUOVO PRIMO MINISTRO NOMINA LELLO SERAO AL MINISTERO DELLA CULTURA, LELLO DA DOVE COMINCIA?

La prima cosa da fare è un’indagine per capire come funziona il sistema culturale Italiano perché tutti ne parlano, tutti pensano di conoscerlo, fatto salvo poi scoprire in piena pandemia, che molte cose non si sapevano, non si sa ad esempio quanti sono i lavoratori di settore, non si sa quali sono i soggetti che operano nei territori, non si sa come questi soggetti vivono e sopravvivono e quali sarebbero le necessità per poter avere un minimo di sostegno.

Personalmente ho 43 anni di lavoro sulle spalle, posso dunque dire di conoscere abbastanza il settore, però, nonostante questo, se fossi Ministro farei prima un’indagine, una commissione di studio e chiederei relazioni alle Regioni perché sono le Regioni gli elementi terminali del processo distributivo, sono loro che debbono fare un’indagine sui territori e restituirci una mappatura chiara e completa dei soggetti, con i progetti in essere e quelli da sviluppare. E’ solo sulla scorta di queste informazioni che comincerei a pensare a un sistema, a come risolvere il problema della distribuzione delle risorse perché altrimenti il problema rimane e il sistema resta ingessato all’interno di una logica di lobby. Abbiamo visto proprio di recente, con gli ultimi ristori, sono uscite cifre con le quali probabilmente ci avremmo fatto otto stagioni.

Hanno probabilmente creato degli scompensi che vedremo successivamente, quando riprenderà l’attività, perché ai nastri di partenza si presenteranno soggetti diversi, chi con le casse piene e chi con le casse vuote. Questo è sicuramente uno dei problemi di questo periodo.

Poi bisogna riscrivere il contratto perché quello che c’è non funziona, è stato scritto ormai da un po’ di anni. Pensare, ad esempio, che questo Paese si possa trasformare in chiave tedesca, dove le stabilità consolidate si riverberano sui territori. Questa roba da noi non esiste, bisogna capire che cosa migliora quei territori, che cosa serve. In Italia paghiamo ancora delle rendite di posizione che non producono più nulla, quindi secondo me andrebbe fatta una nuova mappatura di tutto il sistema. Bisognerebbe fare un’indagine approfondita in questo paese, capire la sistemazione dei territori e poi ragionare sulle risorse. Sono convinto che avremo delle belle sorprese. Questo è il mio pensiero da Ministro, tanto non me lo faranno fare, sognare comunque non costa niente.

intervista a cura di Maurizio Stammati