L’ORO DEL RENO
Arte, musica e pedagogia nell’orchestra giovanile di Michela Tintoni
L’Orchestra L’Oro del Reno è stata fondata nel 2015 dalla Direttrice d’orchestra Michela Tintoni, con l’intento di riunire giovani musicisti provenienti dalla Valle del Reno.
L’Orchestra si presenta al pubblico in due formazioni distinte: Junior e Senior, con un organico flessibile che spazia dai piccoli gruppi da camera all’orchestra d’archi, fino all’orchestra sinfonica. Dal 2015 ad oggi, L’Oro del Reno ha partecipato con successo a circa un centinaio di eventi e concerti, ottenendo grande apprezzamento in prestigiosi festival italiani.
Il repertorio dell’Orchestra abbraccia il vasto panorama della musica classica, dal Barocco al Lirico e Sinfonico, con un’attenzione particolare alla qualità e alla varietà delle opere eseguite.
Ma L’Oro del Reno non è solo un’importante realtà musicale, è anche un punto di riferimento per i giovani artisti che si affaccino al panorama lavorativo. Al centro della missione dell’Orchestra c’è infatti l’impegno nel favorire la crescita professionale dei giovani musicisti sostenendo il loro cammino verso una carriera musicale solida e di successo. I partecipanti all’Orchestra Junior vengono costantemente affiancati da professionisti di fama nazionale e internazionale, e i talenti più promettenti hanno l’opportunità di esibirsi come solisti. L’Orchestra propone ai suoi ragazzi e ragazze, anche dei laboratori musicali, un prezioso strumento grazie al quale possono strutturarsi in un lavoro a sezioni per poi essere gradualmente inseriti all’interno delle produzioni di eventi o concerti.
Ma adesso ascoltiamo la voce della fondatrice, nonché Direttrice dell’orchestra, Michela Tintoni:
Ciao Michela,
e complimenti per il meraviglioso lavoro che fate. Oltre alla qualità delle proposte musicali, è davvero ammirevole anche l’impegno che perseguite nel sostenere i giovani che intraprendono l’arduo cammino della carriera musicale nella nostra epoca e nel nostro paese.
– Innanzitutto, Maestra o Direttrice?
Entrambe le forme sono corrette, dipende tutto da come evolve il significato socialmente condiviso di queste parole. Negli ultimi cento anni, in italiano, sono nate le declinazioni femminili di parole che prima esistevano solo al maschile, perché i ruoli erano storicamente solo maschili. Fino a poco tempo fa, le direttrici d’orchestra non esistevano, e quindi non c’era alcuna necessità di una declinazione femminile per definire questa professione. Oggi invece stiamo riempiendo questa parola di nuovo significato, semplicemente perché è necessario farlo, perché la figura della direttrice d’orchestra ha iniziato ad esistere e di conseguenza ha iniziato ad esistere la necessità di nominarla. Le donne che ricoprono ruoli di direzione d’orchestra sono ancora una novità nel nostro paese, ma a livello globale stanno diventando sempre più numerose, e io sono una testimonianza di questo cambiamento.
In questo lavoro, il genere diventa irrilevante: ciò che conta davvero è la sostanza. Quando sei davanti a un’orchestra, la verità emerge subito. In quel momento, tutti si accorgono se sei veramente presente e competente. Per essere un direttore o una direttrice d’orchestra, bisogna esserci con tutta la propria essenza e professionalità, è questo che conta.
– Cosa comporta per una donna in Italia, essere una Direttrice/ Maestra d’orchestra?
Essere un’artista in Italia è difficile sia per un uomo che per una donna, ma per una donna con figli la situazione è ancora più complicata. Conciliare la carriera e la famiglia è un impresa titanica, perché i figli sono un impegno costante e per una donna, in alcuni casi, possono diventare anche un ostacolo discriminatorio. Io un pò per scelta un pò per destino non ho avuto figli e ho potuto così dedicarmi totalmente alla professione.
– Perché ci sono così poche donne a dirigere orchestre?
Beh innanzitutto, siamo numericamente molte di meno a intraprendere questo tipo di studi e di carriera, probabilmente proprio per una questione culturale di stereotipi in merito. Se per anni si sono viste solo figure maschili a dirigere, è comprensibile che all’inizio l’idea di una donna in quel ruolo possa risultare inusuale o difficile da accettare, come è stato per tutte le professioni. L’idea della donna come direttrice d’orchestra non è ancora completamente “sdoganata”, ma stiamo migliorando. È un mestiere come tutti gli altri, e ci sono persone che lo fanno bene, a prescindere dal genere. La donna, in particolare, ha spesso un modo diverso di vedere e fare le cose, e questo può portare una ventata di innovazione. In ogni caso oggi è un fatto che le donne siano ancora pochissime in questi ruoli, ma il cambiamento è in atto e il futuro sarà, spero, diverso.
– Ma tu non sei “solo” una Direttrice, hai alle spalle una solida carriera come violinista. Com’è iniziata la tua passione per la musica?
La passione per la musica è nata un giorno, in cui avevo circa 6 anni. La mia famiglia non aveva alcuna conoscenza del mondo musicale professionale e all’epoca, dove abitavo, non c’erano teatri destinati alla fruizione di concerti di musica classica. Quel giorno ero andata a casa di un’amica e sentendo suonare un pianoforte sono rimasta semplicemente folgorata (“suonava un basso albertino con la mano sinistra e una melodia con la destra”). Era un pianoforte vero, non una tastiera, e suoni di qualità incidono nell’emozione. La qualità in tutte le cose fa la differenza.
Ho iniziato a stressare i miei genitori perché volevo imparare a suonare il pianoforte…non li ho convinti, però dopo qualche anno sono riuscita a farmi iscrivere a un corso di chitarra, e ho amato anche quella. La musica ce l’avevo dentro. Poi dopo un po’ di tempo il direttore della scuola di musica è intervenuto spiegando ai miei genitori che avevo talento e che dovevo iniziare il conservatorio. Mi propose il violino come strumento e iniziai a studiare. Ho fatto la carriera da violinista e mi sono aperta anche ad altri generi, come il tango che amo moltissimo. Ho suonato davvero tanto e tanti anni come violista, ed è stato bellissimo. Ma quella del musicista è una vita intensa, sempre in giro tra treni e aerei, sempre palchi diversi..a un certo punto avevo bisogno di una pausa e feci domanda per insegnare, così in soli quattro anni diventai di ruolo a scuola e trovai nell’insegnamento del violino un’altra grande passione.
– E come mai poi si è “spostata” dal violino alla direzione d’orchestra?
La direzione d’orchestra mi inseguiva da sempre. Quando avevo 16 anni, avevo iniziato a fare esperienza nella direzione di coro, perché seguivo un corso sperimentale in Conservatorio a Pesaro. Ricordo che mi sembrava qualcosa di immensamente grande, troppo per me. Non avendo modelli femminili di riferimento oltretutto era difficile immaginarmi in quel ruolo, e intraprendere questa strada mi sembrava quasi impossibile. Anche se già allora il mio maestro mi diceva che ero portata per la direzione, non sembrava realistico pensare che una persona senza un percorso formale come strumentista potesse diventare direttrice d’orchestra. Prima dovevo diventare una musicista professionista, un’esecutrice di livello.
Una volta, infatti, la carriera di direttore iniziava tardi, quando si era maturi sotto vari punti di vista, sia come persone che come musicisti. E io, forse, sentivo questa esigenza fin da giovane: avevo capito che per diventare direttrice d’orchestra dovevo crescere, sia come persona che come musicista. All’epoca, poi avevo voglia di suonare, di dedicarmi agli strumenti. Ancora non sapevo che dirigere fosse, in realtà, “suonare all’ennesima potenza”. L’ho capito solo dopo.
Durante la mia formazione preruolo come docente di violino, ho affrontato esami di direzione d’orchestra, e ho sempre ricevuto riscontri molto positivi. Anche quando lavoravo con i ragazzi, spesso mi ritrovavo a rivestire il ruolo di direttrice. Col passare del tempo, questi feedback positivi cominciavano a farmi sentire una certa pressione, finché un giorno ho capito che era arrivato il momento di affrontare seriamente la sfida della direzione e di assumere con consapevolezza quel ruolo.
Ho studiato tanto, sia in Italia che all’estero, partecipando a master, concorsi, vincendo anche borse di studio. Nel frattempo, continuavo a lavorare a scuola, e proprio in quel periodo è nato anche il progetto dell’“Oro del Reno”.
Il grande salto nel mondo della direzione lo sto ancora spettando, il progetto orchestra mi assorbe completamente, ma appena arriverà il momento, mi lancerò nella direzione ad alto livello.
– Come mai hai chiamato l’orchestra Oro del Reno?
La valle in cui insegno si chiama Valle del Reno, perché al suo interno scorre il fiume Reno, ma è il Reno italiano, non quello mitteleuropeo. Cercavo un nome per il progetto e parlando con un’amica ci è venuto in mente “L’Oro del Reno”, ispirato all’opera di Wagner, che dedicò al fiume Reno (il suo Reno). Mi è sembrato un nome azzeccato, perché l’oro, in questo caso, rappresenta sia la musica che i giovani: entrambi sono preziosi, vanno sostenuti e protetti. L’oro sono loro, e loro sono l’oro, perché gli artisti dedicano la loro vita all’arte, regalando al mondo momenti di inestimabile valore.
– Quest’anno festeggerete il decennale del progetto L’Oro Del Reno, un traguardo meraviglioso. Com’è nata l’ idea dell’orchestra? Ci racconti un po’ la storia di questa creazione e della sua mission?
Onestamente non avevo intenzione di creare un’orchestra, all’epoca insegnavo violino già da molti anni e vedevo tanti ragazzi e ragazze davvero in gamba, che terminavano gli studi con grande preparazione. Un giorno, la nonna di uno dei miei allievi mi chiese di organizzare un concerto “mettendo su una orchestra”, dicendo che si sarebbe occupata lei dei fondi. Così, chiamai i miei alunni e altri giovani musicisti e colleghi, e fu un’esperienza meravigliosa. La ripetemmo per alcuni anni e a un certo punto decidemmo di fondare l’associazione e di costituire ufficialmente l’orchestra.
L’orchestra doveva aiutare i giovani musicisti ad inserirsi nel mondo lavorativo, doveva dar loro delle opportunità, e allo stesso tempo proporre musica e arte di qualità nel nostro paese.
– Quali sono le difficoltà che una giovane musicista o un giovane musicista incontrano una volta terminati gli studi? e in che modo L’Oro del Reno li sostiene?
La scuola musicale italiana aveva una grande lacuna: formava musicisti eccellenti a livello strumentale, ma quando uscivano dal Conservatorio, non sapevano nulla di come funzionasse il mondo del lavoro musicale. Non c’erano competenze, nemmeno le più basilari, su questo. Mancava quel ponte tra il mondo dello studio e quello del lavoro. Dopo la riforma degli studi musicali qualcosa migliorò in tal senso.
Avendo fatto una tesi sulla continuità didattica, avevo già un’idea di come potesse funzionare il collegamento tra la formazione e la professione. Così, per aiutare e supportare i miei studenti che stavano per terminare gli studi, iniziai a organizzare anche prima che nascesse l’Orchestra, dei corsi estivi e laboratori musicali.
Fu proprio in quelle circostanze che nacque il primo nucleo di ragazzi che poi divenne L’Oro del Reno Orchestra.
– Cosa sono i laboratori musicali che organizzate, e perché sono importanti? Cosa vuol dire per un/una giovane musicista essere affiancati da dei professionisti? E in che modo i ruoli da solisti sono delle opportunità?
Nei laboratori, continuo a seguire i ragazzi, spiegando loro come inserirsi nel mondo del lavoro musicale aiutandoli attraverso esperienze altamente formative. Il modo pratico per farlo è organizzare concerti nei quali possano esibirsi, anche come solisti. Questo è molto importante per una carriera musicale, tanto quanto raro. L’esperienza da solista è fondamentale: struttura, dà solidità e prepara per le sfide future. Se riesci a sostenere un’esibizione come solista accompagnato da un orchestra, tutto il resto diventa più facile, anche le audizioni.
Dal punto di vista pedagogico, questa metodologia è estremamente efficace, e i risultati che vedo sono davvero molto positivi.
Oggi i laboratori sono legati alla produzione di concerti. Per esempio, decidiamo di organizzare un concerto di musica barocca, un repertorio che può essere affrontato anche dai giovanissimi. Inizio a organizzare i laboratori mesi prima, preparando i ragazzi più giovani fino a un livello adeguato. Quando sono pronti, li faccio esibire accanto a colleghi professionisti o allievi avanzati, creando così un’occasione di confronto diretto con i professionisti. Li metto in una situazione lavorativa reale, dove quello che accade è sorprendente. Quando i giovani sono affiancati dai professionisti, si attivano meccanismi virtuosi in entrambe le direzioni. Il giovane apprende in modo osmotico, ricevendo dagli esperti, ma allo stesso tempo i professionisti, assorbono l’energia, l’entusiasmo e la curiosità dei ragazzi, si lasciano contaminare dalla loro freschezza. Questo scambio reciproco arricchisce entrambi i gruppi e, naturalmente, l’orchestra nel suo insieme.
Accanto a queste attività, offriamo anche lezioni-concerto per gli studenti di tutte le scuole statali primarie e secondarie (non solo musicali). Queste attività sono molto importanti perché rispondono a una proposta didattica che ancora non esiste nel nostro sistema educativo. L’obiettivo è portare i ragazzi a teatro e presentar loro i musicisti e la musica in un concerto interattivo. Questo approccio cattura la loro attenzione, e prima dell’evento vengono preparati a scuola, creando così una connessione diretta con la musica. Questa combinazione di preparazione scolastica e interattività si è rivelata vincente. L’Orchestra “L’Oro del Reno”, con le sue formazioni Junior e Senior, continua a suonare, offrendo occasioni di crescita e di esperienza concreta per i ragazzi giovani e meno giovani, musicisti e non musicisti.
– Formazione Junior e formazione Senior, qual’è la differenza?
L’orchestra che gira e fa concerti oggi è l’orchestra senior, ossia gli alunni ormai professionisti, ma facciamo anche concerti appunto anche con l’orchestra junior, con la struttura dei laboratori descritta poco fa e sono occasione di grande crescita per i nostri ragazzi.
– Quali sono i progetti principali che avete?
Il progetto è l’orchestra L’Oro del Reno. Il progetto è la musica. Il progetto sono i ragazzi. ll progetto sono tutti i progetti che facciamo, seguiamo e sogniamo. L’Orchestra L’Oro Del Reno è un macro progetto con tanti progetti satelliti..lezioni concerto per creare i pubblico del futuro, laboratori musicali per formare i giovani musicisti e immetterli nel mondo del lavoro, il bellissimo progetto di musica in natura “Concert trekking festival”, la rassegna che gestiamo “Musica per la Regina”, eventi per tutti i tipi di formazioni come orchestra d’archi, piccole formazioni da camera, orchestra sinfonica, coro solisti, tango argentino.. I progetti sono tanti e se ne stanno aggiungendo sempre di più, ancora operiamo solo in Italia ma con il tempo punteremo anche ad aprire il progetto all’estero.
– Sogni per il futuro?
Il mio sogno per l’orchestra è che i giovani che un tempo erano allievi e che oggi sono professionisti, con la voglia di mettersi in gioco, entrino a far parte stabilmente della struttura organizzativa e inizino a lavorare attivamente nel progetto (cosa che in parte è già iniziata). L’orchestra è davvero un’azienda e il mio desiderio è che continui a crescere, creando sempre più occasioni di lavoro culturale, qualcosa che vada avanti anche dopo di me, anche senza di me, che possa proseguire autonomamente nel proporre bellezza e nel portare arte e musica nelle città e a tutti i giovani. Tuttavia, questo richiede gradualità e lo so bene: bisogna costruire passo dopo passo, senza correre rischi, per consolidare il progetto che abbiamo realizzato finora, creando una base solida in grado di sostenere evoluzioni future. Il riconoscimento ricevuto dalla Regione Emilia-Romagna è stato un atto di stima dalle istituzioni, un segnale bellissimo e di buon auspicio per il futuro.
Il progetto fino ad ora mi ha assorbita completamente, ma ho iniziato a lavorare per renderlo autonomo e so che i ragazzi hanno grande risorse e in futuro lo porteranno avanti brillantemente. Penso sia bello che una realtà non sia legata alle persone che l’hanno creata, ma continui ad evolversi con il contributo di chi ha voglia e talento da condividere.
Io personalmente, inizio ad aver il desiderio di mettermi in gioco come professionista in vesta di direttrice, in Italia e all’estero, e aspetto di captare il momento giusto per accogliere la sfida giusta e iniziare un nuovo capitolo della mia avventura professionale.
a cura di Valeria Muccioli