PAOLA, UNA NUOVA STELLA NEL FIRMAMENTO

Attrice, produttrice, regista, insegnante, allenatrice sportiva e formatrice in azienda, ha lavorato in Italia, Francia, Inghilterra, Scozia, Spagna, Polonia, Israele, Nuova Zelanda, Canada, Messico e Stati Uniti. Paola Coletto, ancora giovane e con mille idee da realizzare, ci ha lasciati lo scorso 20 Aprile dopo una reiterata malattia.

Artista e docente internazionale e interdisciplinare, diplomatasi negli anni novanta alla Scuola internazionale di teatro di Jacques Lecoq. Ha iniziato il suo percorso dapprima attraverso lo sport come istruttrice di bodybuilding e fitness, aprendo la prima palestra di Padova nel 1984, “Linea e Sport”. Dopo la formazione a Parigi co-fonda il Torsion Theatre a Londra insieme al regista inglese Malachi Bogdanov, con cui ha portato in tournée spettacoli e condotto laboratori teatrali. Ha poi vissuto presso la comunità spirituale The Findhorn Foundation. Al suo ritorno a Padova, Paola fonda Fantàsia, un’organizzazione dedicata alla ricerca artistica e allo sviluppo personale attraverso corsi e seminari. Nel 1997, torna alla scuola di Lecoq per seguire il terzo anno pedagogico, sotto la direzione di Jacques Lecoq. Nel 1999 Fantàsia si evolve in Kìklos Teatro, co-fondata con Giovanni Fusetti e suo marito Sean Kaplan. Un centro di creazione e pedagogia teatrale che comprende una compagnia itinerante diretta da Paola e la Scuole Internazionale KIKLOS, diretta da Giovanni, dove insieme insegnano per quattro anni. Nel 2003 la scuola vince il premio Gemino d’Oro per il miglior spettacolo al Roma Festival per le scuole di teatro italiane.

Nel 2004, Paola si trasferisce negli Stati Uniti portando con sé una visione olistica che spazia in diverse direzioni: architettura, design, pedagogia e teatro. E’ cofondatrice con Sean Kaplan di ‘Holon Productions’ una compagnia il cui scopo è di usare il teatro per esplorare e sperimentare l’arte performativa nella sua multiforme concezione, fondendola con altre discipline del sapere. La visione è di promuovere la crescita dell’attore non solo dal punto di vista artistico, ma anche dal punto di vista dello sviluppo interiore come persona, permettendo agli allievi di cimentarsi nelle diverse tecniche e pratiche del teatro fisico, dall’analisi del movimento all’improvvisazione, dal mimo alle maschere, dai buffoni al clown.

 A Chicago crea una rete di collaborazioni come insegnante e regista con diverse università, tra cui DePaul University, Northwestern University, University of Chicago, University of Illinois-Chicago e con compagnie teatrali come ‘500 Clown’  e ‘Redmoon’. Fonda nel 2012 The School for Theatre Creators, centro di formazione per recitazione, regia e scrittura di fama internazionale.Dopo aver gestito con successo la scuola per diversi anni, con il supporto di Sean Kaplan trasferisce “The School” a Los Angeles. Ma il suo desiderio è riaprire una scuola a Padova.

Ritorna in Italia nel 2018, per fondare la sua scuola PadovArts Academy, un conservatorio di arti performative, evoluzione della scuola da lei creata a Chicago, progetto in procinto di decollare… ma la pandemia lo interrompe e poi il destino la conduce ad altri lidi sconosciuti, dove certamente sarà sempre una stella.

Per ricordare questa straordinaria artista, incontriamo Giovanni Fusetti presso lo studio Helikos di Via Monte Solarolo a Padova, sede della scuola internazionale da lui diretta. Giovanni, definito dal New York Times come uno dei più grandi maestri di clown al mondo, ci accoglie con leggera emozione e un sorriso che rimane impresso sul suo volto per tutta la durata della chiacchierata.

“Ci siamo conosciuti nel ’94 grazie a Mazzone Clementi, uno dei primi collaboratori di Lecoq a Padova e fondatore in California della Dell’Arte School of Physical Theatre, con cui Paola aveva collaborato. Carlo organizzò una cena a Padova con gli allievi padovani di Lecoq, io, lei e Ted Kaiser; lei aveva terminato la scuola nel ’91, io nel ‘94. Abbiamo deciso di lavorare assieme e nel ’97/98 abbiamo seguito il terzo anno pedagogico da Lecoq. L’anno dopo Lecoq mi chiese di fermarmi alla scuola come insegnante di Improvvisazione. Dopo pochi mesi questo grandissimo maestro morì e alla fine di quella stagione decisi di tornare a Padova e creare la scuola Kiklos con Paola, all’inizio del nuovo millennio.”

  • Cosa ti aveva colpito di lei?

L’intuito! Lei aveva un grandissimo intuito, che definirei quasi stregonesco. Aveva una sensitività molto fine nel capire le persone e gli eventi. Infatti nella fondazione di KIKLOS Sean l’aveva nominata La Strega. Sì, l’intuito e anche il fascino. Aveva grande fascino, carisma, era affabile e riusciva ad entrare in relazione con le persone con grande facilità e naturalezza.

  • Ti viene in mente un ricordo in particolare?

La gioia! Sì, direi la gioia, le risate, le giornate passate assieme a creare, ci divertivamo tantissimo, veniva gente da tutto il mondo per seguire i nostri corsi perché il nostro è un teatro molto particolare, di nicchia, ma chi lo ricerca è molto motivato e disposto a spostarsi in tutto il mondo. Il primo corso della nostra nuova scuola a Padova, iniziato il primo lunedì del millennio, il 3 gennaio 2000, sono arrivati 10 studenti da ogni angolo del globo. Avevamo creato questo centro senza alcun finanziamento, solo con la forza e l’energia di credere nel nostro teatro e nella nostra pedagogia. Non ci potevamo credere! Ed era stupendo questo crogiolo di persone così diverse e tutte motivate a formarsi e a divertirsi insieme.

  • Il vostro teatro, la vostra pedagogia; cosa intendi?

Il teatro fisico, come viene tradotto il physical theatre, o teatro del gesto, è il teatro che parte dal corpo, una grande scuola del sentire, perché il corpo sente prima della mente. Noi insegniamo a sentire con il corpo quello che si vuole interpretare. È un’esperienza fisica diretta che permette all’attore di capire, ovvero di “sentire”. E’ una formazione teatrale che va oltre il lavoro artistico: è una preparazione, un’attitudine poetica.  È un modo di vedere il mondo. Una crescita del proprio potenziale creativo. Il teatro come esperienza umana integrale.

  • Una trasformazione interiore quindi, della persona. E per farlo insegnate un metodo?

Come dicevo, si tratta di fare esperienza tramite il corpo e il movimento; per farlo spaziamo tra tecniche diverse che si tengono assieme per il filo conduttore del sentire e dell’agire fisico: teatro di maschera, clown, acrobazia, improvvisazione. Ma tutto passa dal corpo e dal sentire, che viene trasposto attraverso la tecnica teatrale. Questa è la libertà e la potenza della maschera teatrale.

  • In questa società siamo subissati di intrattenimento, da quando ci svegliamo alla mattina fino a quando andiamo a dormire. TV, serie TV, smartphone, social e molto altro. Con Paola vi eravate confrontati sul significato del teatro al giorno d’oggi? Perché fare, proporre teatro oggi?

Con Paola eravamo d’accordo che il teatro vive nel momento presente. Si tratta di ascoltare l’altro, la dinamica delle azioni e delle reazioni della vita. Questo rende il teatro così essenzialmente importante. Il teatro è un evento che coinvolge esseri umani, persone reali, dal vivo, in uno spazio condiviso, per il racconto di una storia. Il teatro è un archetipo antichissimo che va protetto e salvaguardato come una delle cose più importanti che abbiamo. Siamo nello stesso posto e respiriamo la stessa aria, ci influenziamo a vicenda. Altro che Zoom!

  • Ci sono parecchie persone che pensano sia necessario l’utilizzo di queste tecnologie nel teatro: voi che ne pensate?

No! Io sono assolutamente contrario. La mia tecnologia è il mio corpo. Con Lecoq in scena non c’era niente. Solo gli attori. Dopo la pandemia abbiamo perso tante sensibilità. Chi lavora nella formazione è costernato da quanto stia diventando difficile comunicare senza i telefonini o gli schermi. C’è il rischio che i giovani non riescano più a comunicare senza usare la tecnologia. Abbiamo bisogno di tornare ad incontrarci. E parlarci. E di ascoltare, e vedere una storia raccontata da una persona reale. Abbiamo bisogno di una resistenza culturale. Il teatro deve diventare ancora più teatrale.

  • Che cosa intendi?

Fare cose che si possono vedere solo a teatro. La teatralità del teatro deve essere preservata a spinta ancora di più. Il teatro è un evento arcaico. È il bambino che preferisce ascoltare una storia dal papà o dalla mamma piuttosto che ascoltarla da un accidenti di voce registrata! Su questo non possiamo confonderci. Non c’è argomento che tenga. Qualunque bambino sceglierà sempre la mamma rispetto ad una voce registrata!

  • Tornando a Paola, l’avevi sentita ultimamente?

In autunno. Quando mi ha informato della malattia.

  • Come te ne ha parlato? Che stato d’animo aveva?

Sempre con il suo sorriso e la voglia di ridere! Ma ha mantenuto la sua esperienza molto riservata. Sean mi ha detto che parlando con lei due settimane prima della sua morte, Paola stava ancora parlando del progetto della scuola che doveva partire in Luglio. Lei aveva già avuto questo male nel 2009, a Chicago, con Sean che le era stato molto vicino, e ne era uscita. Poi nel 2018 aveva cominciato a sentire che qualcosa non andava. E pensa che voleva farne uno spettacolo. Uno spettacolo sulla sua malattia. Avevamo anche il titolo “Che te vegna un cancher, anzi do!” Ma la cosa più incredibile, divertente e commovente è che a Ottobre scorso mi manda un messaggio e mi dice. «Giovanni, dobbiamo cambiare il titolo dello spettacolo: “Che te vegna un cancher, anzi tre!”». E’ così che mi ha dato la notizia. Ci siamo poi sentiti ancora e fino all’ultimo ha conservato la sua lucida leggerezza.

  • Come è stato l’ultimo saluto?

Il giorno della cremazione io e Sean ci siamo messi il naso rosso e ne abbiamo messo uno anche a lei, stesa nella bara. Abbiamo giocato, danzato e scherzato con gli addetti alle pompe funebri che ci guardavano sbalorditi. Entrambi sapevamo che Paola sarebbe stata molto felice di quel momento. E poi le abbiamo messo un naso rosso anche in mano in modo che possa darlo a chiunque incontrerà sulla sua strada. Ma non è stato l’ultimo saluto. Il 21 maggio, giorno del suo compleanno, c’è stata una grande giornata di festa in contemporanea a Chicago e a Los Angeles, dove era particolarmente amata e ammirata, e a Padova: ci siamo trovati a Villa Barbarigo a Valsanzibio, luogo alchemico nel verde dei Colli Euganei con molte delle persone che l’hanno conosciuta. Per ricordarla, ridere assieme e divertirci proprio come lei avrebbe tanto desiderato. Il luogo lo aveva espressamente richiesto lei. Sotto ad un leccio plurisecolare più di un centinaio di persone si è ritrovato per celebrare Paola e la sua vita. Tra testimonianze di affetto, la lettura di messaggi da allievi di mezzo mondo, pezzi di teatro e danze. E’ stata una giornata memorabile.

 

a cura di Micaela Grasso e Michele Fratucello