Il Grido ancestrale del Teatro per lo spettatore del futuro Incontro con Mimmo Borrelli.

Il Grido ancestrale del Teatro per lo spettatore del futuro

Incontro con Mimmo Borrelli.

Considerato in Italia da critici e artisti di fama come Luca Ronconi, Franco Quadri, Franco Cordelli, Renato Palazzi, Gianfranco Capitta, Gerardo Guccini, nonché Gianandrea Piccioli ‘il più grande drammaturgo e capocomico, italiano del momento’, è nato a Napoli il 7 maggio 1979, ma le sue origini sono a Torregaveta, epicentro dei Campi Flegrei in cui dimora ed ambienta tutte le sue pièce: scrivendo in poco meno di quindici anni circa sessantamila versi, taglienti, originali e icastici, in una lingua viva e allo stesso tempo reinventata, dall’indagine e la pratica delle innumerevoli lingue di quelle zone.

Si afferma come autore grazie al Premio Riccione (il più grande e antico premio di drammaturgia Italiano) dove, unico caso, vince consecutivamente per due volte di fila, riscuotendo consensi tra i giurati quali Franco Quadri, Luca Ronconi, Renata Molinari, Ottavia Piccolo, Maria Grazia Gregori, Roberto Andò, Vittorio Sermonti, i quali lo definiscono “uno scrittore furibondo, fluviale, forte, già importante”.

Tradotto in Francia da Jean Paul Manganarò, nel settembre 2012, apre la stagione del Teatro San Carlo di Napoli con la sua opera-poema “Napucalisse” per le musiche di Giorgio Battistelli. Nel frattempo Toni Servillo legge in tutta Italia alcuni componimenti poetici ed estratti, nel suo celeberrimo reading “Toni Servillo legge Napoli”, mettendolo alla stregua di straordinari autori della storia della poesia e del teatro partenopeo ed italiano, quali Di Giacomo, Bovio, Russo, Viviani, De Filippo.

Nel 2015 è mente ispirativa e direttore artistico di quel gioiello di iniziativa culturale a tutto “campo” nei Campi Flegrei che è EFESTOVAL: Festival dei Vulcani. Frequenti le sue presenze nelle stagioni del Teatro Mercadante di Napoli a partire dal 2006. Intense le sue collaborazioni con il teatro PICCOLO di Milano diretto da Sergio Escobar; qui con Roberto Saviano, firma e mette in scena il testo “Sanghenapule: vita straordinaria di San Gennaro” con enorme impatto e successo, confermandosi una delle personalità teatrali emergenti più importanti del momento.

Vincitore di numerosissimi premi e riconoscimenti in pochissimi anni, con la peculiare e settoriale trasversalità di genere dalla drammaturgia, alla regia, alla recitazione, alla poesia, nel 2017 passa al grande schermo, in concorso alla Biennale di Venezia nell’ambito della Mostra internazionale d’arte cinematografica. Debutta al cinema da protagonista con il lungometraggio L’equilibrio di Vincenzo Marra, nel quale interpreta con spessore e intensa bravura il dramma e la spiritualità di un sacerdote che si scontra nella drammatica realtà della Terra dei fuochi. Al suo debutto alla Biennale di Venezia 2017 vince il Premio Nuovo Imaie come Miglior attore emergente della rassegna cinematografica.

Il cinema apre un nuovo mondo che lo fa approdare poi nella serie tv di culto Gomorra nel 2021. Diversi gli spettacoli che negli anni riscuotono infiniti premi diventando a detta dei critici, già dei classici: da ’Nzularchia, ’A Sciaveca, La madre, Opera Pezzentella. Fino ad arrivare al 2018, quando mette in scena al teatro San Ferdinando di Napoli La Cupa, da molti considerato lo spettacolo più bello e importante degli ultimi tre decenni, che segna le sorti della scena teatrale a venire.

Nel giugno dello stesso anno, tra i numerosi premi conseguiti con La cupa, Goffredo Fofi gli conferisce il Premio Lo Straniero-Gli Asini per lo spettacolo dell’anno, con questa motivazione: “Nutro immensa e profonda ammirazione e stima di fronte a Mimmo Borrelli che è una delle rarissime vere novità che il teatro contemporaneo ci ha regalato. … Tra i rarissimi poeti del teatro di oggi, il suo ultimo e trionfale spettacolo è LA CUPA che tutti gli spettatori italiani dovrebbero vedere.” Franco Cordelli sulle pagine del Corriere della sera definisce La Cupa: “miglior spettacolo degli ultimi vent’anni in Italia e non solo”; uno dei tre capolavori del teatro napoletano assieme a Filumena Marturano e La Gatta Cenerentola.

Nello stesso anno sempre con La Cupa ottiene due Premi UBU (drammaturgia e regia), il Premio della Critica ANCT come miglior spettacolo dell’anno, il Premio San Gennaro e il Premio Alfonso Gatto, tre Premi “Le Maschere” – ex Premio E.T.I. Gli Olimpici del Teatro, Premio “Renato Nicolini”.

Raccogliamo le sue riflessioni tra una pausa e l’altra delle prove con gli allievi attori dell’Accademia Bellini Factory (che si avvale della sua Direzione) della sua “Opera Pezzentella”.

Gli domandiamo: “Il teatro è un gran patto collettivo” recita un tuo Incipit ricorrente. E mai come oggi questa alleanza risulta necessaria. Credi che sia utile un stringerla fin dall’infanzia?

“l’Italia forse anche più dell’Inghilterra, secondo me è la patria del teatro no? Tutto è partito da noi,  è inutile stare a rivangare tutta una serie di “invenzioni”, dalla diaspora dei Comici dell’Arte, per passare all’opera buffa – molte cose partono anche da Napoli Cimarosa per esempio, e poi la commistione tra opera buffa e melodramma per arrivare poi all’opera lirica.: tutte forme di messa in scena che si intrecciano fino a sfociare nel teatro moderno Il nostro teatro nel ‘600 ha sconfinato in Francia con Moliere, e non dimentichiamo che ci sono  ci sono anche ipotesi sulle quali non voglio soffermarmi più di di tanto per non aprire dibattiti pericolosi , ma che sembrerebbero molto accreditate rispetto alla figura di Shakespeare, pare che avesse origini Italiane alcuni lo identificano con   John Florio .. insomma, tutto questo per dire che abbiamo indubbiamente un’impronta teatrale fortissima, che però abbiamo perso come modello educativo. C’è una cosa che l’altro giorno dicevo ai miei allievi, con i quali mi confronto spesso, e cioè che dal momento che il teatro è un’arte che determina le conseguenze degli accadimenti in reazione e correlazione trai soggetti attraverso una sorta di presente che continuamente ti assoggetta e ti costringe a una scelta, ebbene, proprio  a tal proposito  riflettevo che, il bambino non pensa alla  conseguenza della sua scelta, non pensa all’eventuale fallimento ma fa la sua scelta,  liberamente, sceglie continuamente. Noi spesso diciamo ai nostri allievi attori “dovete comportarvi un poco come i bambini” e cioè verificare l’azione nel compierla, e non prefigurarla attraverso il pensiero, non darne un costrutto precedente, è necessario prima agire e poi va magari corredarla di un senso, ma partendo da una necessità. La scelta del bambino, che si compie nell’esperienza immediata, in continuo confronto con la sconfitta o con la vittoria, fa parte dell’evoluzione umana, e dunque a maggior ragione il teatro dovrebbe proprio partire dall’infanzia”.

“Copeau riteneva il bambino quanto di più vicino al teatro, e Barba lo annovera tra gli spettatori ideali. Hai trascorsi di teatro per l’infanzia e adesso sei papà di Leonardo. Una tua riflessione sul Teatro per le nuove generazioni

“Io penso che il Teatro per le nuove generazioni in questo momento dovrebbe sfuggire a quel modello edulcorato che, nel bene e nel male,  Disney ci ha proposto con i  rifacimenti delle fiabe e delle favole che, come noi sappiamo,  hanno subito diverse censure per una serie di motivi di “politically correct”, fin dall’epoca del nostro Giovan Battista Basile Le storie dovrebbero essere scritte non pensando a ciò che i bambini possono percepire, bensì proprio “per”  i bambini  e cioè attraverso l’occhio di un bambino. Questo è quello che penso. Il teatro per le nuove generazioni è un mondo interessantissimo, io me ne sono occupato all’inizio della mia carriera e l’ho osservato dall’esterno: a mio parere è un teatro che deve, nello stesso istante in cui si occupa delle nuove generazioni, fregarsene nella fruizione dei contenuti. È ovvio che si sta parlando a dei bambini, ci mancherebbe, però nella forma, nel modo di rapportarsi i bambini non sono stupidi, sono molto ricettivi; in questo momento poi, hanno sempre di più un problema con la concentrazione e con l’attenzione nei riguardi di un accadimento che non avviene attraverso uno schermo, e questo sarà il problema dei prossimi tempi, quindi, il teatro “vivo”, in se per se, già dall’infanzia dovrebbe iniziare ad essere un evento assoluto e prezioso. C’è ancora, per fortuna, e ci sarà, perché il Teatro dal Vivo ci sarà sempre. I bambini  vengono attratti da  ciò’ che si fa vivo , si fa carne e si fa presente, e quindi non c’è nient’ altro di più se non il teatro,  una fascinazione così non può dartela un video o una canzone; anche se il mercato della cultura globale –  e lo vediamo attraverso questi fenomeni incredibili che sono “Me contro te” che non voglio esecrare , per carità’ – si rifà a tutta una serie di dinamiche e di vuoti che vanno a pescare l’attenzione dei bambini attraverso  una serie di storielle che realmente rischiano di distaccarlo dall’accadimento presente in carne ed ossa, secondo me, e questo è un bel problema che non saprei come risolvere perché non me ne occupo,, ma per la mia esperienza, sono uno che quando scrive ha sempre il pubblico dentro , lo tengo sempre presente: ho il pubblico dentro per tentare di scuoterlo continuamente, e lo stesso criterio deve essere esercitato anche per i bambini, bisogna scuoterli continuamente, seppur con altri mezzi , la mia lingua non è adatta assolutamente ai bambini, però Il principio dello scuotimento deve essere lo stesso, sia per il teatro dei grandi che  per il teatro dei piccoli,  attraverso dei contenuti e  attraverso un esperienza . Noi dobbiamo tornare all’esperienza altrimenti il teatro non avrà più senso.  Certo ai tempi in cui non c’era nulla, non c’era il cinema né la tv, in alcuni luoghi spesso non c’era neanche il Teatro, ma arrivava il Cantastorie e i bambini si mettevano attorno al fuoco a ad ascoltarlo, ne avevano la necessità: ecco, la Necessità del Teatro, secondo me bisognerebbe fare un discorso serio in termini politici sulla utilità e la necessità del Teatro, abbracciando ovviamente gran parte del teatro per l’infanzia e del teatro di figura”

 

“È accaduto che tra il pubblico presente ai tuoi spettacoli ci fosse qualche bambino? Qual è stato l’approccio con il tuo teatro?”

Mio figlio Leonardo ha assistito a “La Cupa” quando aveva due anni e mezzo, eravamo un po’ preoccupati perché non sapevamo se fosse rimasto lì attento, meno preoccupati invece riguardo la comprensione dei contenuti; io uso un linguaggio, che, tra l’altro, va anche a verticalizzare, a rendere più evidenti i conflitti e la disumanità dell’animo umano. Sposto un po’ il pentagramma, il male che ci arriva dalla televisione non ci colpisce più di tanto, se sentiamo in televisione che una donna viene stuprata o uccisa non ci colpisce più. Le notizie di donne fatte a pezzi, di un bambino che è stato abbandonato dalla mamma ed è rimasto all’interno di una macchina ed è morto non ci colpiscono più Per colpirci, quando fai prosa, devi portare in scena -e dico delle cose terribili- come si muove un pedofilo? come agisce? come parla? Per renderle agisco su un linguaggio. Mio figlio a 2 anni non poteva percepire questo tipo di linguaggio ma cosa ha percepito? La favola. Io dico sempre che gli spettacoli vanno costruiti per la comprensione di un bambino di 7/8 anni e per un’intellettuale, ma anche per un uomo rozzo culturalmente ma intelligente, deve essere così semplice e così elevato, ma la trama deve essere – se pur articolata – di facile restituzione. Così, Leonardo ha seguito 3 ore di spettacolo senza distrarsi. Anche i miei nipoti che sono un po’ più grandi e che sono Piemontesi pur non capendo nulla delle parolacce e delle blasfemie espresse in una lingua per loro sconosciuta, hanno comunque capito tutto, perché probabilmente da parte del regista e dell’autore prima, c’è stato un lavoro, non molto diffuso attualmente, sul fatto che la storia ti deve arrivare: deve arrivarti che li c’è la principessa, da quest’altro lato c’è il cattivo, il cattivo cattivissimo. Per esempio ne “La Cupa” c’è una scena di una violenza che ho risolto con un lungo velo rosso, che unisce i due personaggi coinvolti, ognuno di loro ne tiene il capo opposto a 10 metri di distanza dall’altro: la donna viene attratta dal suo stupratore attraverso questo telo rosso, e tutto intorno contestualmente diventa rosso. Nelle parole si percepisce che viene stuprata ma la bambina ovviamente, non poteva comprendere il testo: mi ha detto però “gli ha fatto del male, la sta picchiando” quindi ha comunque compreso la dinamica del male andando aldilà dell’estetica. Secondo me l’approccio con il teatro è sempre l’approccio con la magia, con quella magia che ti deve far spalancare gli occhi e aprire la bocca, è quella che ha fascinato mio figlio a 2 anni, e io ne sono molto fiero. Adesso che inizia a parlare e a capire non so se deciderò di fargli vedere i miei spettacoli, perché dal momento che inizia a comprenderne anche il linguaggio, dal momento che le mie storie sono crude, potrebbe essere problematico

 “Credi che la fascinazione che lo spettacolo ha esercitato sui bambini in parte sia dovuto anche alla musicalità del tuo linguaggio? Alla potenza del verso? In fondo nell’ uomo le prime forme di comunicazione  avvengono mediante il suono

Sicuramente la  musicalità è una componente importante, così come il verso, il corpo, i movimenti ed anche una attenzione prettamente didascalica all’evidenza degli accadimenti Un critico importante  mi disse “le tue storie sono talmente articolate, però poi in regia, ma anche nella scrittura,  dai una luce, delle isole di comprensione  sulle quali noi ci attacchiamo pur senza  capire un verso “ Dunque la musica,  il rapporto tra suono e musica fa più o meno tenere le persone sulla sedia, a me è accaduto anche a Milano, anche a Torino anche a Parigi. A Torino e a Parigi non ci capivano ma capivano tutto…A Torino persone in visibilio che non avevano capito mezza parola. A Milano ho già un pubblico che mi segue, ma Torino è stato davvero un impatto incredibile”

 

“C’è molta infanzia violata nel tuo teatro. Condividi che l’adulto di oggi altro non è che il bambino di ieri?  E credi che il teatro possa avere una funzione catartica?”

“Il teatro se non ha una funzione catartica non è teatro Nel mio teatro mi piace dire “Le persone devono uscire fuori con un certo disagio… devo portare  le persone sull’orlo del suicidio “ La Provocazione e naturalmente è un po’ ironica, ma non lo è, nel senso che dobbiamo talmente segnalare dove l’umanità sta andando e che pericolo corre perché non ce ne accorgiamo più  Bisogna riflettere, far sì che ci si dica: “ma aspetta, ma un secondo di quello che ho visto in scena potrei essere io??il mio vicino??e forse devo migliorarmi”. Fa parte dell’evoluzione umana il teatro, è uno dei metronomi dell’evoluzione umana, secondo me. È una delle migliori scienze di analisi dei comportamenti umani perché li verifica attraverso dei medium che sono gli attori e delle umanità, ovviamente sempre diverse, che esprimono gli attori e gli autori, e che verifica le contraddizioni poi della vita.”

“Per concludere Dostoevskij sosteneva che “la bellezza salverà il mondo”. In questo momento decisamente infelice sotto ogni aspetto, un salvagente urge. La resistenza è necessaria. E occorre quanto mai un teatro che scuota le coscienze… C’è possibilità di salvezza?”

Io non ho mai creduto nella salvezza, io credo che siamo un piccolo passaggio su questa terra ;un nanosecondo di un infinito tempo, e in questo piccolo nanosecondo di un infinito tempo io non so se la mia scrittura possa salvare il Mondo, non è che mi rassegno, mi sto preparando già all’apocalisse che ci inghiottirà  e dunque non scrivo per salvare il mondo , scrivo per salvare la prossimità .Forse perché sono nato nei Campi Flegrei, e i miei incubi riguardano un pianeta che mi cade addosso, sogno da 15 anni la terra che sorge dal mare, (L’ho scritto anche in una mia poesia “Sogno questo mare che diventa terra” ) forse perché vivo sul secondo vulcano più pericoloso al mondo, o per altri motivi che mi sfuggono, però io ho sempre scritto come se mi trovassi nel pieno di un apocalisse, e nel pieno di un apocalisse tu non cerchi di salvare il Mondo né ne hai la pretesa -chi ha questa pretesa ha sempre fatto scempi-  “Chi si erge a Dio in Questo pandemonio prima o poi addeventa isso demonio”, dice un poeta (che poi il poeta sono io) e dunque il mio tentativo adesso è quello di salvare il prossimo, Noi non siamo in un momento di salvezza, siamo in un momento di naufragio molto lungo che durerà forse anche diversi secoli,  durante i quali la percezione della fine sarà sempre presente per l’essere umano Sembra un discorso molto pessimista,  anche se in realtà sono una persona vitale, però il mio tentativo è  lanciare un allarme,  spero che qualcuno mi legga tra 100 anni.  Io non sto scrivendo per il pubblico di oggi, la mia velleità più grande e (Mimmo De Masi lo aveva capito e me lo diceva) è scrivere per qualcuno tra 100 anni, sperando che mi legga. Io per questo scrivo, altrimenti non ha senso scrivere per vendere libri. Una noia mortale o scrivere gialli per poter aver soldi, Diventa un mestiere becero, …la mia necessità e urgenza È urlare questa apocalisse per capire se tra 100 anni, se l’umanità sarà ancora in campo, qualcuno potrà prendere un piccolo esempio delle tante velleità o idiozie ma anche slanci poetici e considerazioni di questo tempo, che nella catarsi può essere letto come modello da seguire -o non seguire affatto-. Scrivo per uno spettatore del futuro perciò il mio urlo è così furibondo, ancestrale, primordiale, senza speranza, pur se con una grande vitalità nella morte. Secondo me, la vita va vissuta fino in fondo anche nell’apocalisse in cui secondo siamo, una sorta di apocalisse ovattata, impercettibile, ma presente Anche se le condizioni di vita per molte persone sono migliorate, abbiamo più benessere rispetto al passato, siamo pur sempre su un cammino pericoloso.”

 

A cura di Roberta Sandias