PAOLO PAPOTTI – A.N.P.I. – ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA – 25 APRILE 2021, LA LIBERAZIONE, LA RESISTENZA, IL COVID

Incontriamo Paolo Papotti, responsabile per la formazione della segreteria nazionale dell’ANPI, con il quale cercheremo di capire che cosa può significare nel 2021, a distanza di 76 anni, la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. La prima riflessione è sul fatto che oggi ci sono pochissime persone ancora in giro che quegli anni li hanno vissuti, che possono raccontarceli, farceli capire nella loro forza e drammaticità, molti giovani sembrano avere altro a cui pensare e nelle nostre città continuiamo ad assistere a preoccupanti fenomeni di intolleranza sui cosiddetti diversi: siano essi migranti, rom, omosessuali. In che maniera l’ANPI cerca di tenere vivo il significato di questa celebrazione di libertà e di fratellanza soprattutto tra i giovani.

Uno degli impegni fondamentali dalla nostra associazione è valorizzare il contributo effettivo portato alla causa della libertà dall’azione dei partigiani e degli antifascisti, e perpetuarne la memoria. E’ vero che pochi testimoni, oggi, sono rimasti. L’ANPI in tutte le sue articolazioni territoriali, può proporre importanti e documentati testi, o registrazioni video che raccolgono quelle memorie e proporle. Mi permetto di cogliere l’occasione. Grazie ad una iniziativa dell’ANPI Nazionale, in questi ultime due anni, con la professionalità di Gad Lerner e Laura Gnocchi, e col sostegno dello SPI-CGIL, sono state registrate circa 500 interviste (quasi tutte di partigiani ancora in vita), che si potranno vedere dal 19 aprile sul portale www.noipartigiani.it Un contributo non solo importante, ma fondamentale al fine di dare voce e merito alla straordinaria normalità di uomini e donne protagonisti della conquista della nostra democrazia. Infatti, proprio l‘antifascismo, sancito nella Costituzione, continua a delineare il perimetro entro il quale rinnovare la nostra azione. L’ANPI si muove come riferimento culturale, anche con prese di posizioni decise, per sollecitare e suggerire qualora le lancette del tempo tornino indietro rispetto le conquiste dei nostri padri e delle nostre madri. Il chiaro riferimento alla Repubblica democratica e parlamentare, che esclude quindi forme di governo autoritarie; l’impegno verso la realizzazione della sovranità e la partecipazione; l’idea universale nei temi dei diritti; l’accoglienza; l’esclusione del nazionalismo e del razzismo; la solidarietà come rispetto dell’uomo indipendentemente dalle caratteristiche naturali e dalle inclinazioni individuali e l’attenzione alla dignità umana che esclude l’individualismo, rappresentano i temi dello sviluppo della società che fanno della nostra associazione un riferimento. Purtroppo, ancora gesti di intolleranza occupano le cronache e continuano a farci riflettere – e dovrebbero far riflettere non solo noi, ma anche le istituzioni e le società civile in tutte le sue diramazioni – sui motivi che portano una stretta minoranza ad agire attraverso l’ignoranza della violenza. A questi gesti auspichiamo sempre una risposta chiara e definitiva da parte della magistratura. Tuttavia, è necessario che la maggioranza di persone civili siano da esempio attraverso l’impegno. Ad esempio, nel volontariato e nelle sue svariate forme di solidarietà oppure alla partecipazione alla vita pubblica, perché arginare i violenti implica l’impegno concreto di tutti. Insomma, dare un esempio che va in un’altra direzione. Tanti giovani si avvicinano alla nostra associazione. L’aumento dei tesserati, in particolare nella fascia giovanile, ci dice che l’ANPI è vista come riferimento valoriale saldo. Sono proprio gli aspetti valoriali che definiscono la nostra azione, cioè continuare a delineare la costruzione di una società migliore per tutti. Come ANPI, a tutti i livelli territoriali, incontriamo migliaia di giovani sia sui territori, nelle diverse associazioni, sia studenti. Possiamo affermare che il luogo comune che li vede apatici o distratti o, peggio ancora, disimpegnati, sia superficiale e da accantonare. Anche in questo caso si tratta di una stretta minoranza. Opportunamente sollecitati non come teste da riempire, ma come testimoni del loro tempo e, dunque, fonti da cui attingere per comprendere il presente, è possibile costruire proposte e progetti che li vede protagonisti. Il nostro impegno è, dunque, mettere a disposizione delle giovani generazioni il nostro patrimonio storico e culturale, perché sia elaborato e permetta ai giovani di esistere dentro un percorso che arriva fino al loro presente, che è anche il nostro.

Il nostro giornale è letto soprattutto da persone che si occupano di teatro per le nuove generazioni, rivolto prevalentemente a bambini e ragazzi (4/12 anni). Come è possibile interessare questa fascia d’età ai valori della Resistenza, esiste una strategia ANPI per raccontare anche a loro questo momento fondante della nostra esperienza di popolo e nazione?

Il tema è complesso e possiamo suggerire delle modalità. La narrazione e il racconto possono rappresentare lo strumento più incisivo. Se pur nelle dovute differenze legate all’età, narrare e raccontare le storie locali – che sono tracciate nei comuni, nelle frazioni o nei quartieri – attraverso nomi delle vie, monumenti, targhe, cippi può aiutare a comprendere che le piccole storie locali, fanno parte della grande storia. Collocare, quindi, a livello locale quegli eventi che successivamente studieranno e approfondiranno. Anche la Costituzione può essere uno strumento utile. Adeguare gli articoli agli aspetti del quotidiano può contribuire a vedere, nel testo fondamentale della nostra convivenza civile, lo strumento per parlare, ad esempio, dell’amicizia, del vivere civile nella comunità, del rispetto delle differenze, della pace. Trasferire quelle parole così importanti dentro la loro quotidianità, può rappresentare un apprendimento dall’esperienza, cioè far “toccare con mano”. Le suggestioni del teatro, in quanto veicolo di cultura e di conoscenza, con i suoi aspetti narrativi, coreografici e musicali, le luci e gli effetti, sono un contributo importante, anzi direi necessario. Vedere e sentire l’attore e insieme l’ambiente che si crea con una rappresentazione teatrale, permette un coinvolgimento a tutto tondo e, di conseguenza, una elaborazione che rimane nel tempo come esperienza.

Da oltre un anno le nostre vite sono cambiate profondamente, i continui look down, oltre al danno economico, hanno intaccato nel profondo abitudini e modi di vivere, sottraendoci uno dei momenti più significativi del nostro appartenere al genere umano: il contatto, la relazione, la socialità. Stiamo resistendo, ovunque, grandi e piccoli, per fortuna la campagna vaccinale lascia intravedere una luce in fondo al tunnel. Ci può essere un collegamento tra questa resistenza e quella di 76 anni fa?

In senso stretto non mi pare. Personalmente ho sempre evitato i facili parallelismi, perché spesso deviano dai veri significati. La Resistenza, in tutte le sue svariate forme, si misurava col nemico agendo sia nella clandestinità, sia culturalmente, sia combattendo attraverso le armi. La Resistenza fu l’esperienza di uomini e donne che subirono la dittatura che agiva sulla privazione delle libertà e la repressione. Allora, sulle montagne, i gruppi partigiani sperimentavano nuove forme di socialità e di relazione, nonostante, anzi, probabilmente anche grazie all’estrema difficoltà dell’ambiente, alla scarsità di cibo e di vestiario. Diversa, a dire il vero, era la condizione di chi operava in città in piena clandestinità, spesso e rigorosamente da solo. Da quelle esperienze nacque la Costituzione. Oggi, il nemico è un intangibile e diffuso virus. Il modo per combatterlo è rispettare le indicazioni e puntare ad una vaccinazione efficacie e diffusa. Questo nemico ci costringe ad una limitazione (e in alcuni casi di privazione), di socialità e di negazione persino delle forme più elementari di comunicazione corporale con gli amici, come l’abbraccio. In senso ampio, invece, il nesso ci può essere se pensiamo ad un sentimento umano: la speranza. La lotta di liberazione portava con sé la speranza per un mondo migliore, che doveva realizzarsi attraverso la ricostruzione dalle macerie morali e materiali lasciate dal fascismo. Dunque, un cambiamento degli aspetti sociali, politici e culturali su cui costruire il futuro. Nel caso odierno la speranza di cambiamento e di ricostruzione dai disagi economici e sociale. In questa speranza di cambiamento il ruolo della politica deve essere determinante. La società post pandemia sarà diversa da quella pre pandemia. Prevedere e costruire processi migliorativi anche delle condizioni pre pandemia, dovrebbe essere un’occasione per la politica. Dimostrare, cioè, le necessarie capacità di elaborazione di realizzazione che mettano al centro l’interesse collettivo e suscitare nei cittadini quella fiducia che, per tanti parti, oggi sembra accantonata. Ma c’è un paradosso: allora il nemico era il Patto d’acciaio, l’asse Roma-Berlino. Oggi in teoria l’umanità dovrebbe essere unita davanti al comune nemico della pandemia. Eppure, assistiamo ad una distribuzione iniqua dei vaccini, il risorgere di tensioni internazionali che pensavamo sepolte e l’associare a democrazia parole aberranti come “autoritaria” o “illiberale”. Il che ci porta a riflettere su due aspetti. Il primo è l’estrema difficoltà a cambiare passo persino davanti ad un pericolo globale per l’umanità intera. Il secondo è l’urgenza di raccogliere unitariamente le forze per contrapporre a questa deriva una diversa idea di convivenza, di società, di Stato. Noi continuiamo a fare la nostra parte, in una prospettiva unitaria che abbiamo chiamato nuovo umanesimo.

Intervista a cura di Marco Renzi