LE RECENSIONI DI MAGGIO ALL’INFANZIA 2023 DI RENATA REBESCHINI

Ancora una volta la vetrina pugliese non ha tradito. Certo, non tutto è stato convincente ma sono bastati alcuni spettacoli (anche uno solo) per dire “ne valeva la pena”. Non è stato facile, per alcune compagnie romagnole, recarsi a Bari nei giorni della vetrina, a causa della terribile alluvione tra treni soppressi e strade bloccate. Ma il car sharing teatrale ha funzionato e, pur se stretti, qualcuno in più è riuscito ad arrivare. Arrivare giusto in tempo per scoprire la bella struttura in legno, una specie di teatro shakespeariano in miniatura, nel quale siamo entrati passando attraverso una piccola porticina, dove abbiamo assistito a Totò degli alberi, ispirato al barone rampante: un’idea di Bruno Sorato, proposta da Kuziba/Tib Teatro. Lo spazio ha ispirato Bruno per i movimenti, le “arrampicate” e le follie del racconto, che, però, non ha convinto del tutto. L’interpretazione a volte troppo esagerata, specialmente da parte di un’attrice, secondo me ha tolto verità a quanto veniva proposto: troppe smorfie, troppe faccette, troppo… troppo. Bruno sa certamente fare meglio, molto meglio.

La serata ha avuto il benvenuto dei padroni di casa del Kismet, con la sempre presente Cecilia, impeccabile, gentile, professionale, la direttrice Teresa Ludovico, anche lei immancabile ad ogni spettacolo, e a tutto lo staff del Teatro Kismet. Grazie davvero a tutti.

L’indomani mattina due spettacoli a Bari per poi spostarci per tutti gli altri a Monopoli, ospitati in una splendida struttura sul mare (non vi illudete: tanti spettacoli da seguire nei vari spazi teatrali, quindi niente tempo per sole e mare!).

Lo spettacolo Pinocchio bambino cresciuto burattino, della compagnia Iac Teatro di Matera non ha onorato lo spazio in cui è stato rappresentato, quello della Casa del Teatro di Pulcinella così ricco degli splendidi disegni di Lele Luzzati. Nient’altro da aggiungere.

Ed eccoci a Monopoli con il primo spettacolo, in debutto nazionale, presentato da Kuziba/Teatri di Bari: Come seme. Uno spettacolo senza parole, nato per gli spettatori più piccoli ma godibile anche dagli adulti. Piccolo seme, piccolo bambino. Spazi per germogliare, per sognare, sole, acqua, calore, abbracci, mistero della vita. Due attrici, attente e credibili, oggetti e spazi scenici ben curati e ben gestiti, il tutto per un risultato gradevole e di gran delicatezza.

 

Piccolo sushi, proposto da Factory Compagnia Transadriatica/

Fondazione Sipario Toscana, anche questo in debutto nazionale, racconta la storia di un giapponesino che si trova a condurre un’esistenza insoddisfatta, dovendo continuare il lavoro di famiglia: vendere cibo da strada. Il risciò/bottega portato in scena è davvero di effetto: pieno di sorprese, di aperture, di immagini e, naturalmente, del cibo da vendere. Il ragazzino è rappresentato da una marionetta a figura intera, fuso in un unicum con la brava Michela Marrazzi che lo anima con sensibilità e forza. Tutto ben fatto e ben condotto, ma forse con un ritmo un po’ troppo lento, un po’ troppo privo di effetti, un po’ troppo raffinato… un po’ troppo “No” (No di Nogaku). D’altronde il Piccolo sushi è giapponese…

 

Altra anteprima nazionale è stato lo spettacolo Cento Cenerentole, compagnia Inquanto Teatro. Uno spettacolo che potrebbe passare per divertente ma che lascia perplessi. Cosa ho visto?

Un (poco credibile) presentatore-intervistatore mescolato tra il pubblico si rapporta con la Cenerentola (nella presentazione: la performer artista Drag e autrice Ava Hangar) che si trova sul palcoscenico e che ci racconta una versione colorita della famosa favola. Colorita dai personali pensieri sulle differenze tra femminile e maschile, che l’artista in scena sostiene con forza e determinazione. E il teatro? Mah.

 

Bianca come la neve – il racconto dell’ultimo nano, compagnia Crest.

Michelangelo Campanale, qui autore, regista, scenografo e mago delle luci è fortunato a lavorare con le compagnie pugliesi che, in gran parte, da anni sono un passo avanti rispetto al resto d’Italia.

Vero anche che le compagnie sono fortunate ad avere vicino il mago delle luci che a volte, da sole, fanno spettacolo.

In questo “rifacimento” Michelangelo riprende la sua “Biancaneve, la vera storia” facendone una riduzione in cui c’è solo l’ultimo nano a raccontare la famosa favola. Lo spettacolo si segue comunque con piacere… anche se il ricordo di quello precedente fa sentire la mancanza di quella ricchezza e forza. Ma anche questo “formato tascabile” è ben costruito e godibile.

Buoni/Cattivi della Luna nel letto testo, regia, luci e scene di Michelangelo Campanale (vedi sopra). Ispirato a Mark Twain col suo “Storia di un bambino cattivo. Storia di un bambino buono”, ci troviamo davanti alla classica lavagna delle vecchie classi con la linea verticale di gesso a dividere i due gruppi: Buoni e Cattivi. Questa immagine viene evocata da un vecchio (i vecchi, si sa, hanno memoria dei tempi passati) che si aggira tra i mille volti già incontrati ma ancora alla ricerca di qualcosa. E intanto racconta storie antiche, storie della sua infanzia e quella lavagna con le scritte in gesso…

Per i bambini di oggi sembra un racconto di pura fantascienza.

 

Barabba dei Teatri di Bari, per la regia di Teresa Ludovico, su testo di Antonio Tarantino.

Un monologo duro, impietoso, che Michele Schiano Di Cola mantiene per tutta la durata dello spettacolo. Un senso di suggestione angosciosa per le parole, le immagini, i pensieri che alla fine lascia stremati nella consapevolezza delle tante verità sconosciute.

Il bambino tra le stelle dei Teatri di carta

Chi di noi, da bambino, non ha sognato di non andare a scuola e vivere avventure da sogno? “Avere la testa tra le nuvole” “essere curiosi” dai genitori “vecchi” sono visti come difetti. Ma è proprio così? Non è con i sogni e le curiosità che si vincono i problemi, si cresce e si può sperare di trovare la felicità? Forse nello spettacolo si trovano risposte? Padre, madre e figlio, con volti coperti da maschere, si rapportano tra loro e con i “poteri della luna” per sperare nel miracolo di una felice unità familiare.

La stanza di Agnese compagnia Meridiani Perduti/Factory Compagnia Transadriatica

È lei, la moglie del giudice Borsellino, che troviamo seduta nella sua stanza, circondata da decine di scarpe, logore o curate, custodite come reliquie, a rappresentare le vittime di mafia, a rievocare la storia che purtroppo ben conosciamo. Ma non è solo del giudice, che lei parla, del giudice tradito da chi, dall’alto, avrebbe dovuto difenderlo, ma anche dell’uomo, di Paolo, incontrato quando lui era un giovane pretore di Mazara del Vallo. E sono proprio le cose più intime, più private, più divertenti, più umane a farci entrare in un’atmosfera di vita vera, ma poi anche di rabbia per tutto quello che è successo, quasi inevitabilmente. Con naturalezza, con atteggiamento amicale Agnese (ben interpretata con misura da Sara Bevilacqua) si rivolge agli spettatori come se raccontasse una favola in cui, come sempre succede, c’è l’orco cattivo; ma le favole hanno un lieto fine, mentre per Agnese e per tutta la sua famiglia è finito tutto in tragedia. Lo sentiamo nella storia, nella voce, nel dolore sottinteso che diventa il nostro dolore, la nostra vergogna, la nostra storia, la nostra indignazione. Mai far tacere la verità: raccontiamole sempre queste “favole” finché la rabbia possa aprire i veli della verità così che l’emozione provata durante lo spettacolo possa diventare emozione per la gioia di importanti traguardi raggiunti.

 

Essere e non essere Koreja/Babilonia Teatri

Ho sempre molto apprezzato gli spettacoli di Koreja, quelli nati dall’illuminazione di qualcuno con il desiderio di portare in scena un momento di vera arte. Ecco, questa volta lo spettacolo non mi ha mai ricordato la linea dei precedenti, né nel tema, né nell’interpretazione, in questo caso abbastanza carente. Sembrava qualcosa fatta “su commissione”, non su ispirazione, magari un’ispirazione folle, ma libera. Fine della premessa.

Ora vengo allo spettacolo che, nonostante il titolo, nulla ha a che fare con Shakespeare. Il tema è quello che ultimamente trovo spesso negli spettacoli per ragazzi e sempre c’è qualcosa che mi fa pensare: è solo moda. Sì, perché nel trattare di identità sessuale, non si deve parlare di maschio o femmina ma solo di fuido, di neutro. Bisogna addirittura pensare ad un altro pianeta, dove uomini o donne possono avere la pancia e partorire, dove ognuno è libero di scegliere uno sport (violento o no), dove ognuno è libero di truccarsi, dove ognuno è libero di scegliere chi avere vicino senza “condizionamenti” sessuali…

Ma anche nel nostro pianeta chi è davvero libero lo è in tutti i sensi (la n è voluta). Insegniamo ad essere persone, semplicemente, liberamente, persone con gusti, con interessi, con appetiti diversi, ma persone libere di colorare il mondo con le loro diversità!

 

Pollicino show di Artemis danza/Gruppo Ibrido

La storia di Pollicino viene raccontata, o soprattutto, “ballata” dal giovane e bello Davide Tagliavini, coadiuvato da coreografie, video e illustrazioni animate. Si sente, però, la mancanza del Teatro.

Lascio per ultimo Il sogno di Shakespeare, per il quale c’è bisogno di toni e spazi adeguati.

I toni sono quelli delle mie emozioni e del mio entusiasmo, gli spazi dovrebbero essere l’intero giornale.

Portato in scena dalla compagnia I Nuovi Scalzi, il gruppo di attori, Lidia Ferrari, Thilina Feminò, Ivano Picciallo, Zelia Pelacani, Pietro Quadrino, Piergiorgio Maria Savanese e Francesco Zaccardo, magistralmente diretti da Savino Maria Italiano, hanno regalato oltre un’ora di Teatro di alto livello, portando in scena la famosa “Sogno di una notte di mezza estate” giocata tra commedia dell’arte e interpretazione classica, moderna, vivace, presente, e sempre, sempre ben espressa in una verità spettacolare. Devo dire che è già difficile vedere un solo attore (o attrice) bravo nello stesso spettacolo, ma è quasi un caso unico potere ammirare la grande bravura di tutti e sette gli interpreti, osservare i loro pensieri prima ancora dei suoni, sentire che ogni parola, ogni gesto, ogni respiro sono frutto di un pensiero ricco, vivo, reale… ebbene, ci si sente dentro la storia, parte di essa, perché in ogni personaggio c’è qualcosa di noi, dei nostri sogni, delle nostre frustrazioni, delle nostre speranze, delle nostre vittorie, delle nostre emozioni: siamo tutti loro e nessuno, siamo bugiardi, siamo eroi… siamo Puck…

Mi sarà piaciuto lo spettacolo? Solo per questo “valeva la pena”? Beh, vedete voi…

 

Renata Rebeschini