BRUNO FREDDI, DALL’ARTE ORAFA ALLA PERFORMANCE

BIOGRAFIA

Bruno Freddi nasce a Mantova nel 1937, terminata la scuola d’arte del Castello Sforzesco,dal 1958

affianca alla pittura,la grafica,la scultura,il design del gioiello, l’attività di regista,autore e scenografo per la realizzazione di spettacoli teatrali con compagnie sperimentali

Lo studio delle filosofie orientali e due viaggi in India danno forte impronta alla tematica delle sue opere a partire dal 1988.Proticante di Yoga diventa presto insegnante. Nel 1993 scopre la danza Butoh e le contaminazioni di essa nelle arti figurative , approfondisce il tema e fonda nel 1997 la compagnia Oloart.

Quando hai fatto la tua prima mostra ?

A 14 anni ho fatto la mia prima mostra.I miei genitori non mi hanno mai ostacolato in nessun modo. Ma mentre facevo quadri sbirciavo il lavoro dell’orafo.

Andavo a lavorare 8 ore dall’orafo, era un lavoro duro perchè si lavora con gli acidi, non sembra ma è un lavoro faticoso.

Sono riuscito a farlo ed a imparare molto bene

Quindi tu creavi dei gioelli?

Quando ho lasciato il laboratorio dove ho imparato il mestiere e ho aperto un mio laboratorio, allora sì ho creato dei miei gioelli e siccome dicevano che ero molto bravo ho avuto molti clienti.

Ma io volevo fare il pittore e il mio laboratorio era diventato uno studio d’arte.

In una parte realizzavo gioielli e nell’altra dipingevo.Milano mi ha dato molto lavoro, l’aristocrazia milanese era diventatai mia cliente

Per il disegno hai frequentato qualche scuola?

Dovevo fare la scuola serale al Castello Sforzesco di 5 anni, ma io i primi due non li ho fatti perchè mi sentivo già avanti .Quando sono andato dal direttore della scuola per partire dal terzo anno, quello mi ha urlato dicendo chi credevo di essere .Però poi, per accedere alla terza mi ha fatto un esame che ho superato.Così ho fatto solo gli ultimi tre anni delle superiori .

Quindi il lavoro dell’orafo ti ha permesso di dedicarti alle tue passioni.

Mi ha scoperto Schettini che gestiva una delle piu importanti gallerie di Milano negli anni 70.

Lui ha scoperto la mia pittura, io sono diventato uno dei suoi pittori preferiti

Poi ho esposto i miei quadri in varie parti d’Italia e molto all’Isola D’Elba e lì ho incontrato un gallerista tedesco che mi ha chiesto di lavorare per lui e ho continuato per ben 35 anni .

Ritorniamo all’oro.Vorrei sapere cosa hai fatto di importante nell’oreficeria

Io amo al materia, i miei lavori di oreficeria sono sempre state delle piccole sculture, non ho mai fatto oreficeria tradizionale. Tutti i miei gioelli erano delle piccole scultura da indossare e ancora oggi ho una serie di gioelli da indossare.

Le prietre preziose

Ho fatto un corso sempre alla sera di gemmologia all’istituto gemmologico italiano e sono diventato gemmologo conoscendo tutte le carratteristiche delle gemme chimiche e fisiche e come si tagliano le gemme

Nel 1985 il direttore dei musei di Monza mi ha chiesto:” Visto che tu fai tante cose, facciamo vedere tutto quello che sai fare, raccontiamo come nasce un’ opera d’arte” E mi hanno dato 29 sale alla Villa Reale di Monza, tutto il piano nobile.Doveva durare un mese, è durata due mesi, la prima mostra a Monza a pagamento, con oltre 8000 presenze.

In quella occasione il comune di Monza mi chiede di realizzare un oggetto da regalere alle autorità che facevano visita alla città

Mi ordinano 24 piastre di pietre preziose, le faccio tutte , poi ne prendo 6 e le assemblo e faccio una corona ferrea, loro non si aspettavano una corona e, sbalorditi dicono che poteva sostituire quella vera, tanto era simile

Quindi non vogliono più le piastre ma due corone.Però io le piastre le avevo realizzate tutte e il Comune non me le ha mai pagate.In più il Comune inviava la mia corona ferrea in giro nei vari musei, senza nemmeno indicare chi l’aveva fatta

Dopo la mostra alla Villa Reale di Monza nel 1985 hai continuato il tuo percorso artistico?

Sì ho continuato a dipingere e a fare sculture, cosa che faccio tuttora senza interruzioni.

Per l’estero c’era un gallerista tedesco che mi garantiva la vendita di 5-6 opere ogni anno e i suoi autori che proponeva erano Picasso, Matisse, Chagal ,Rohth e Bruno Freddi, unico vivente .

L’esperienza che hai fatto nel mondo dell’orafo dell’arte e della scultura ti ha aperto le porta al Teatro Il mondo del Teatro lo frequentavi anche prima?

Io realizzavo scenografie per varie compagnie, facevo parte di alcune compagnie, ma di livello mediocre.In quei momenti insegnavo joga, è lo yoga che mi ha portato a capire quello che si poteva fare con il teatro, perchè con lo yoga ho scoperto l’uso del corpo, è stato tutto un mondo.Sono andato due volte in India, ho scoperto certi colori, il rosso per esempio è uscito da quei viaggi .

Il tema principale è il muro. Per me il muro è il racconto della vita .Il muro della casa di famiglia a Mantova caduto durante un bombardamento di guerra.Ma il muro è anche quello della cascina di fronte, un muro che protegge e mai separa,che si fa superfice per tracciare un racconto lungo come una vita

Quando guardo un muro cerco sempre il vissuto quello che ci sta dietro il racconto che ci sta dietro

Dopo la guerra Milano, specialmente in centro, era semidistrutta. C’erano delle case con dei muri che raccontavano degli abitanti di quelle case

Il corpo è fondamentale

Ad un certo punto ho conosciuto il Butoh. Con i miei allievi di yoga facevamo dei movimenti del corpo, dentro a delle scenografie che facevo io, sviluppavamo movimento usando tutte le possibilità del corpo.

Ma per te cosa rappresenta il Butoh ?

Il Butoh viene presentato in occidente come danza .I giapponesi dicono che il Butoh è il corpo danzando “dentro”, è qualcosa che riguarda il nostro essere più profondo, i nostri sentimenti, il nostro rapporto con la vita che ti fa muovere.

Ai performer non dai un tema, dai un indizio che riguarda la loro sensibilità.Per dire, oggi dobbiamo parlare di guerra, oggi dobbiamo di amore o sessualità e ognuno deve trarre il suo percorso interiore.

Quindi. sono sempre delle improvvisazioni

Sì, molto. Però prima bisogna parlare del Butoh. Il Butoh è una danza e i giapponesi, dopo la bomba di Hiroscima si sono fatti molte domande.” Se l’ occidente è arrivato a buttarci la bomba, la loro civilta è la bomba, andiamo a vedere la loro arte “E sono venuti da noi.

Questi erano danzatori che avevano dei canoni precisi, dei movimenti precisi, ben codificati.

Quindi quando sono venuti qui hanno visto che la danza, da noi, era molto piu libera e leggera.

Per questo hai creato il festival teatrale LA VOCE DEL CORPO

Voleva essere il primo festival dove venivano presentati degli spettacoli di Butho.

Gli spettacoli Butoh non sono facili.Bisogna avere il coraggio di presentarli, ognuno avrà la sua lettura, però è un pugno nello stomaco. E io voglio che sia un pugno nello stomaco.

Il festival è nato qui a Osnago perchè qui c’è una storia, ci sono tanti artisti e mi sono trovato in sintonia con molti .

La voce del corpo ha raggiunto 6 edizioni quindi sono 12 anni che sperimento arte e teatro Butoh

La gente di Osnago e della Brianza cosa dice del Butoh?

Dice di tutto e di più ma va benissimo. Però abbiamo capito che dobbiamo continuare.

Pittore o Scultore ?

E’ impossibile potersi definire di una singola arte . Cosa è l’artista. Per me è colui che ha scoperto la poetica della vita e la poetica della vita la puoi espimere in mille modi.

Non è solamente l’artista quello che fa l’opera , quello che propone l’oggetto, ma è anche il fruitore che vede, interpreta l’opera dal suo punto di vista io direi al 50% .

intervista a cura di Roberto Sala