HA ANCORA SENSO NELLA SOCIETA’ DI OGGI IL TEATRO RAGAZZI?

PER I QUARANT’ANNI DEL FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO PER I RAGAZZI CITTA’ DI PADOVA

Il Festival Nazionale del Teatro per i Ragazzi, nato nel 1982 per volontà e illuminata visione di Luciano Castellani e Giovanni Calendoli e programmato ogni anno consecutivamente fino ad oggi, giunge alla sua quarantesima edizione.

Tanti, durante questi anni, i riconoscimenti che la manifestazione ha ricevuto, dalla Targa d’argento dei Presidenti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano alla Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quale Suo Premio di rappresentanza per il 30° Festival e la Medaglia di Bronzo del Presidente del Senato della Repubblica. PREMIO STRAIGHT THE AUDIENCE, legato alla migliore promozione culturale nazionale per l’impatto con il pubblico. I Premi del FESTIVAL OF FESTIVAL nascono per segnalare alla stampa, alle Istituzioni, al mercato e alla stessa comunità di festival, le eccellenze nel settore degli eventi culturali.

Un festival che ha contribuito a far crescere e a far incantare tanti bambini della meravigliosa arte del Teatro. Bambini innamorati che, diventati adulti, come in preda ad una sorta di assuefazione, continuano a seguire la manifestazione assieme ai propri figli. Generazioni di spettatori che reiterano il sacro rito del Festival.

Un rito. Il teatro è un rito. Sì, perché, come ricordiamo spesso durante le nostre introduzioni agli spettacoli, le rappresentazioni nei teatri sono dei riti civili all’interno di templi, del tutto assimilabili, con il dovuto rispetto, a quei riti spirituali che si svolgono nelle chiese.

Civile/spirituale, una dicotomia che alla fin fine crediamo possa essere trascesa dal teatro se pensiamo alla sua funzione per la crescita dei bambini. Il teatro permette, grazie al riconoscimento nelle gesta dei personaggi, di vivere esperienze ed emozioni, di entrare nelle storie, di esserne partecipi, di parteggiare per l’uno o per l’altro, di provare sentimenti talvolta contrastanti: gioia, esaltazione, divertimento, ma anche paura, fastidio, rifiuto. E grazie a questa identificazione nei protagonisti, grazie alle emozioni vissute “realmente” durante gli spettacoli i ragazzi possono “fare esperienza” tangibile di quelle emozioni, possono appassionarsi, commuoversi, impaurirsi, possono esorcizzare quelle difficoltà che nella vita quotidiana tendono a comprimere e nascondere perché c’è sempre altro da fare: la scuola, i compiti, lo sport, la musica, i videogiochi, la televisione.

La televisione. E qui ci permettiamo un’altra riflessione sulla funzione di rito del teatro. Un rito, in quanto tale, è collettivo. La grande differenza del teatro rispetto alla televisione. Perché qualcuno potrebbe controbattere alle precedenti affermazioni che anche i film, i cartoni animati, i telefilm possono facilitare l’identificazione e il riconoscimento e permettere quindi di esorcizzare le paure, di fare esperienza, di vivere le emozioni. Certo, ma davanti alla televisione, il bambino lo fa in modo solitario, individuale, individualistico. Ecco la grande e preziosa risorsa del teatro. Il teatro è un rito collettivo, l’appassionarsi alle storie non avviene individualmente, ma collettivamente, assieme agli altri. Durante le rappresentazioni si sentono le risate degli altri, i gridolini di paura i sospiri di sollievo e questo, moltiplicato per le molte persone all’interno del templio, amplifica le emozioni che un ragazzo può provare, gli permette di esternarle, si sente autorizzato a “buttare fuori” ciò che vive se percepisce anche altri a farlo, si sente libero di commuoversi e anche di piangere. Piangere. In pubblico. In una società in cui il mostrarsi debole è diventato un tabù, il teatro è quell’esperienza spirituale e collettiva che ti permette anche di mostrarti a piangere. E per una persona in formazione come i nostri ragazzi è una esperienza stupenda, necessaria.

Viva il teatro, viva i ragazzi, viva il teatro dei ragazzi. Viva la paura, gridiamolo. Viva il pianto! Viva la risata a crepapelle, le urla a squarciagola.

Pianti, risate, urla. E qui si arriva alla terza peculiarità del teatro e grande differenza rispetto alla televisione e al cinema. Questa continua esternazione ad alta voce, nel rito collettivo del teatro, giunge amplificato anche a chi lo spettacolo lo sta rappresentando in quel momento, gli attori. Un’onda emozionale che li colpisce e li permea e incide sulle loro performance, le plasma in uno scambio costante tra gli artisti e il pubblico, una magia di emozioni volanti e vasi comunicanti tra chi recita sul palco e chi assiste dal pubblico. Nel teatro lo spettatore non è semplice fruitore di uno show, ma costruttore partecipe dell’emozione che vive assieme alle altre persone che ha di fronte e attorno a sé, nella realizzazione di uno spettacolo unico che non è mai uguale a se stesso.

Grazie al teatro, pertanto, i ragazzi possono fare esperienza di non essere semplici fruitori ed elementi passivi di ciò a cui stanno assistendo, ma di essere persone partecipi alla costruzione dell’emozione del momento. Nella speranza che, per analogia, possano sperimentare di non essere solo fruitori passivi del mondo in cui crescono, ma partecipi costruttori dello stesso. Nel libro “Creare giocando” (Micaela Grasso di Kite edizioni) questi confronti “Televisione-teatro” vendono messi a confronto fino al risultato finale. Secondo voi quale dei due avrà la meglio?…

Tutte queste considerazioni ci rincuorano e rassicurano sulla domanda che spesso ci poniamo: in una società in cui i bambini sono inondati di intrattenimento, di televisione e di videogiochi, in cui il loro tempo è saturato da mille attività e passatempi, ha ancora senso organizzare questo Festival? Ha ancora senso il teatro per i ragazzi?

Come tanti anni fa ha detto un nostro piccolo spettatore: “Al cinema si vede grande, alla televisione si vede piccolo, a teatro si vede VERO!”

E la nostra risposta è sempre più convintamente Si!!

Un Festival, questo instancabile quarantesimo, dedicato a tutti i soci e fondatori che fin dall’inizio hanno creduto alla sua funzione, a tutti coloro che continuano ad esserci vicini, a tutti i genitori e nonni che accompagnano figli e nipoti con passione e voglia di condividere emozioni e riflessioni, e, ovviamente, a tutti i nostri piccoli-grandi spettatori.

La domenica successiva alla chiusura del quarantesimo festival, l’11 dicembre, festeggeremo con i genitori, facendo loro l’omaggio di uno spettacolo che vuole ricordare anche il nostro Lele Luzzati (indimenticabili i suoi Papagheno e Papaghena). Lo straordinario spettacolo proposto porta proprio il titolo dei due personaggi (è una produzione della compagnia Trioche) e al termine, con gli attori, i collaboratori e gli amici brinderemo insieme al 40* Festival e per una lunga vita al Teatro Ragazzi!

Viva il teatro che fa crescere ragazzi appassionati, partecipi e veri. Per costruire un mondo appassionato, partecipato e vero.

Viva il Teatro! Viva questa esperienza civile spirituale collettiva e partecipata!

Viva il Festival Nazionale del Teatro per i Ragazzi che si impegna per questo sogno!

Micaela Grasso e Renata Rebeschini

(rispettivamente Presidente e direttrice artistica)