SILVANO ANTONELLI, SCIROPPO DI TEATRO

Oggi incontriamo uno dei personaggi più interessanti del teatro ragazzi italiano, un folletto quasi settantenne che ha attraversato mezzo secolo di attività e continua a regalarci idee, progetti e spettacoli: Silvano Antonelli. La prima cosa che gli chiediamo è raccontarci gli inizi del suo percorso.

Nel 1974, a Torino, mi sono trovato coinvolto, più o meno casualmente, in un momento caotico e fecondo che è stato quello della cosiddetta animazione teatrale. Erano anni in cui ogni cosa ribolliva e da quella grande pentola sarebbe di lì a poco nato quel movimento che oggi conosciamo come teatro ragazzi. A 19 anni sono entrato nel “Teatro dell’Angolo”, dove ho conosciuto Giovanni Moretti, Claudio Montagna e tante altre splendide persone. Nel 1983, senza aver litigato con nessuno, sono uscito dalla compagnia per fondare la “Compagnia Teatrale Stilema”, formazione con la quale ho intrapreso un cammino che ancora oggi prosegue, anche se la “Compagnia Teatrale Stilema” è poi confluita in una struttura più complessa che si chiama “Unoteatro”. Al di là dei nomi e delle compagnie, resta il fatto che, da quasi mezzo secolo, ho pensato, scritto e realizzato spettacoli per i bambini guidato dall’idea che, proprio dalla frequentazione del proprio destinatario, potesse e dovesse nascere un teatro rivolto ai ragazzi.

Degli inizi ho molti ricordi. Piccoli e grandi. Tra questi una chiacchierata su una panchina di Torino con Giovanni Moretti. Ero molto giovane. Lui stava cercando figure che potessero intraprendere un percorso diverso nel Teatro. Mi disse di tenere sempre a mente due cose: avere degli esempi da seguire, inventare tutti i giorni ed essere consapevole che per creare un Teatro nuovo occorrevano attori nuovi, che avessero fatto altri percorsi e sviluppato sensibilità particolari. Se vedi tanti bambini, diceva, vedrai che dopo un po’, sviluppi un linguaggio adatto a rapportarti con loro. Da lì è cominciata la mia storia col teatro.

L’anno scorso, in piena pandemia, sei stato molto presente sui social, quasi tutti i giorni presentavi canzoni e raccontavi storie. Eri diventato una presenza amica, come mai questa scelta.

Anche in questa situazione tutto è nato per caso. La prima sera che il TG ha dato la notizia che le Scuole sarebbero state chiuse, ho pensato alla tristezza e allo smarrimento dei bambini a casa, così, di getto ho scritto una canzone e l’ho pubblicata sul mio profilo fb. Ha avuto quasi tremila visualizzazioni e molti mi hanno scritto invitandomi a continuare. Da cosa nasce cosa e, alla fine, ho dato fondo a tutto il mio repertorio e creato diverse nuove canzoni e filastrocche per pubblicare, ogni giorno mettevo un nuovo contenuto.

I contatti si sono sempre mantenuti alti, siamo arrivati anche a cinquemila visite ma credo che nella realtà fossero molti di più. In parallelo a facebook e a un canale youtube si era creata una sorta di catena su whatsapp: amici, insegnanti, genitori, persone di teatro che mi conoscevano. Ciascuno riprendeva la canzone e la faceva ulteriormente girare. Molti insegnanti la mandavano ai loro alunni come saluto serale, le direzioni dei Teatri ai loro abbonati e così via. Ho avuto riscontri di questo lavoro un po’ da tutte le parti d’Italia. Segno che i percorsi della rete sono veramente incredibili. Persino una sezione di pensionati dell’Emilia mi chiese le canzoni perché volevano farle ascoltare ai loro nipoti. Alcune Amministrazioni Comunali le hanno riproposte sulle pagine social da loro gestite, fino ad una Scuola di Ferrara che mi ha chiesto un laboratorio sulle filastrocche. Così che, quando le stesse hanno riaperto alla didattica, ci siamo collegati e grazie ad internet il laboratorio è stato fatto.

Hai accumulato un sacco di materiale.

Moltissimo materiale, davvero tanto, invenzioni che poi pazientemente ho raccolto, ripensato e adattato in uno spettacolo che sto portando in giro in questa stagione: “CANZONCINE UN PO’…BAMBINE”.

Uno dei temi caldi dello scorso inverno è stato quello dello streaming, alcuni nostri colleghi sono inorriditi al sol pensiero, altri lo hanno accolto come un nuovo e misterioso amico, altri ancora lo hanno sopportato perché comunque muoveva un fatturato spaventosamente immobile. Qual è la tua posizione?

In verità già da diverso tempo avevo familiarizzato con il web.

Mi interessava, e interessa tutt’ora, non tanto riprendere uno spettacolo e trasmetterlo, piuttosto avere a disposizione uno spazio dove veicolare lo spirito del Teatro che faccio.

Anni addietro avevo addirittura progettato una web tv, con tanto di progetto di fattibilità a stadi molto avanzati. Poi mi sono reso conto che lo sforzo era davvero titanico. Occorrevano molto risorse e persone. Occorreva garantire contenuti con costanza. Non si poteva fare solo con l’entusiasmo e allora mi sono fermato. Oltre a questo, diciamo che ad un certo punto ho avuto la sensazione che il progetto rischiasse di nascere già vecchio.

La tecnologia corre veloce e l’idea della TV mi parve già passata e fuori dal tempo che stavamo vivendo, fatto di bambini che già nascono muovendosi in internet e manovrano dispositivi con una facilità per me impressionante.

Non ho comunque mai guardato con snobismo a strumenti e modalità di comunicazione che, come adulti, usiamo quotidianamente e che i nostri figli maneggiano con piacere e facilità. Credo che lo sforzo debba essere quello sui contenuti e quello di usare questi strumenti per allargare il concetto di comunità. Quella comunità che poi si ritrova a teatro.

Mi piace alla fine di uno spettacolo, poter dire al pubblico delle famiglie, che c’è un canale youtube dove è possibile incontrarsi ancora, riascoltare canzoni e storie, offrire una possibilità per restare in relazione.

Non demonizzo assolutamente chi ha usato lo streaming. Personalmente ho evitato di riprendere i miei spettacoli e trasmetterli. L’ho fatto una sola volta a Trento perché avevano a disposizione un’attrezzatura veramente notevole in grado di garantire una dinamicità delle immagini e del racconto.

Per il resto preferisco gestire il mio spazio con contenuti diversi dallo spettacolo, con contenuti più adatti al mezzo con cui sto comunicando. Il Teatro è ovviamente quello fatto in presenza, su questo non c’è dubbio, ma dobbiamo convivere con la tecnologia, d’altra parte, nel corso del tempo, il Teatro ha imparato a confrontarsi con il Cinema prima e la Televisione dopo, eppure non ha mai smesso di esistere.

Arriviamo allo Sciroppo di Teatro. Raccontaci questo progetto. Com’è nato e come funziona?

Sono cresciuto sentendo sempre parlare di Teatro e di Cultura come elementi portatori di benessere, come cure adatte a molti mali. Questo pensiero mi ha sempre accompagnato tant’è che, circa sette anni fa, ho cominciato a riflettere su come si potesse trasformare in qualcosa di concreto. Se il Teatro è una cura, ho pensato, allora bisogna fare un patto con i medici. Questa è stata la paradossale riflessione di partenza. Creare un’alleanza affinché i pediatri prescrivano il teatro così come fanno per le gocce per le orecchie o lo sciroppo per la tosse.

Peraltro, nel documentarmi, ho scoperto con sorpresa che la storia del teatro ragazzi e quella dei pediatri ha dei curiosi parallelismi storici. Guidati dall’idea di rivendicare un teatro e una medicina rivolti a uno specifico destinatario: il bambino, appunto.

Ho allora parlato con alcuni pediatri e fatto, anche qui, una sorta di studio di fattibilità. Era un progetto che incontrava molto interesse ma che doveva essere pensato come “un progetto di sistema”. Che non aveva senso se realizzato da una singola compagnia teatrale. E così questo progetto è rimasto lì ad aspettare.

Ma le idee, i progetti, sono carsici. Si inabissano, paiono scomparsi e poi improvvisamente riappaiono. Quando è venuto il loro tempo.

E così, lo scorso anno, durante una delle tante riunioni on line che si sono fatte, casualmente ho avuto modo di parlare di questa idea. Tra le persone con cui stavo dialogando c’era Cira Santoro che mi ha subito detto che era un’idea molto interessante. Che sarebbe stato bello realizzarla. Cira lavora per Ater-Fondazione (circuito multidisciplinare dell’Emilia Romagna) ed è la direttrice del teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno (Bologna). Ne ha subito parlato con il direttore di Ater, Roberto De Lellis, che ha detto che poteva essere un’ottima idea per pensare ad una ripartenza post pandemica e per provare a intercettare nuovi pubblici. Oltre a uno strumento per sostenere la produzione e le compagnie teatrali. Il passo successivo è stato parlarne con la presidente di Ater, la Dottoressa Patrizia Ghedini, persona di grandissima esperienza in ambito culturale e istituzionale. Patrizia Ghedini ha preso a cuore il progetto operando senza sosta per realizzarlo. Intorno a “Sciroppo di Teatro” è stato creato un gruppo di lavoro che, in circa un anno di attività, ha trasformato quell’idea iniziale in un progetto pilota a livello nazionale nell’ambito del welfare culturale.

Del gruppo di lavoro fanno parte Cira Santoro, come responsabile del progetto e tutte le varie competenze che un circuito come Ater ha messo a disposizione. A partire dalla guida e dalla capacità di visione della Presidente.

Io ho un ruolo di consulenza per ciò che riguarda i contenuti culturali e teatrali del progetto.

In parallelo, in ambito pediatrico, analogo ruolo ha svolto e sta svolgendo il dott. Alessandro Volta, Direttore del Programma Materno Infantile dell’Ausl di Reggio Emilia.

Il 2 dicembre scorso “Sciroppo di Teatro” è stato presentato pubblicamente.

Il progetto è sostenuto dagli Assessorati alla Cultura e alla Sanità della Regione Emilia Romagna.

I Comuni che hanno dato la loro adesione sono 21.

I pediatri coinvolti sono 151.

Oltre agli ambulatori pediatrici sono coinvolte anche 234 farmacie.

Come funziona?

In ogni ambulatorio pediatrico e in ogni farmacia coinvolta dal progetto sarà presente una locandina che pubblicizza l’iniziativa.

Sia negli ambulatori pediatrici che nelle farmacie si potrà ritirare lo “Sciroppo di Teatro”: un librettino, personalizzabile dai bambini, che porta sulla prima pagina l’immagine di una bottiglietta di sciroppo.

All’interno un divertente bugiardino che elenca i benefici della “medicina teatrale”, gli effetti collaterali, la data di scadenza, e così via.

Nelle ultime pagine del libretto ci sono sei ticket che, se portati alla cassa dei Teatri coinvolti danno diritto ad un ingresso al costo di soli 2 euro per i bambini e i loro accompagnatori.

Questo sarà il primo anno di sperimentazione.

Gli spettacoli partiranno a metà gennaio 2022.

Sciroppo di Teatro” vuole essere un modo per promuovere un’idea globale di salute.

Che guardi al “bambino tutto intero”.

Al contempo ha anche l’obbiettivo di sostenere le compagnie teatrali che stanno cercando di uscire da un lungo periodo di difficoltà.

E’ un progetto in divenire, che sta muovendo i suoi primi passi.

Ma il fatto che Ater lo abbia reso possibile mi rende molto felice e curioso di vederne i risultati.

Per ora posso dire che ci siamo molto divertiti a immaginarlo e progettarlo.


intervista a cura di Marco Renzi