Incontriamo Mauro Monticelli, fondatore, insieme al fratello Andrea, della compagnia “Teatro del Drago” di Ravenna, direttori e promotori tra l’altro del festival “Arrivano dal Mare”, primo a Maggio ad aver impattato con il lookdown. Chiediamo a Mauro Monticelli di darci alcune informazioni sulla storia teatrale della sua famiglia.
Il “Teatro del Drago” si costituisce come compagnia di teatro di figura nel 1979, ad opera di Mauro e Andrea Monticelli, ma l’attività arriva da lontano, almeno quattro generazioni indietro. Dobbiamo scorrere fino al 1850, quando Ariodante Monticelli opera con una famiglia d’arte” di marionettisti, proprio così, all’inizio i Monticelli facevano il teatro delle marionette e solo successivamente, circa un secolo dopo, sono diventati burattinai. Il passaggio è stato fatto da Otello Monticelli attorno al 1950, per una scelta di necessità e non artistica, come lui stesso diceva. Quando erano marionettisti si spostavano con i carri, avevano tanto materiale, montavano il ponte teatrale, utilizzavano una moltitudine di marionette e tanti personaggi negli spettacoli, occorrevano molte persone per far funzionare lo spettacolo e la compagnia, allora numerosa, consentiva alla macchina di operare. Si spostavano 10/15 persone, su carri che trasportavano sia il materiale per lo spettacolo che quello per vivere: brande, cibo, vestiti; arrivavano nei paesi, prendevano un teatro e ci stavano per alcune settimane, dando rappresentazioni tutte le sere ed utilizzando temporaneamente la sala anche come abitazione. Agli inizi del novecento c’è stata la grande crisi, si lottava tutti i giorni per campare, si sono dovuti adattare alla nuova situazione e rivedere le modalità del loro lavoro, è così che è avvenuto il passaggio dalle marionette ai burattini. Nel teatro delle teste di legno servivano meno persone (normalmente, solo i componenti della famiglia stessa) e meno materiale, diverso era montare il ponte dalla baracca, cominciarono a riadattare i copioni per i burattini prevedendo meno personaggi, tutto era più snello e veloce. Quando eravamo bambini, io e mio fratello stavamo nella baracca e ci affidavano il movimento dei burattini comparsa, quelli col bastone che facevano mucchio, eravamo dietro, nella cosiddetta seconda fila. Allora la baracca era molto più grande di quella che utilizziamo oggi, con tanti burattini e diverse persone che vi operavano, si poteva arrivare anche ad un boccascena di quattro metri che è molto più grande di quello che adoperiamo negli spettacoli di oggi.
Nel 1979 abbiamo deciso di dare continuità al lavoro della nostra famiglia ed è nato il “Teatro del Drago”, da una parte ci sembrava giusto e doveroso, proseguire nel solco della tradizione, attingendo ai numerosi copioni che nostro nonno ci metteva a disposizione, dall’altro c’era la consapevolezza di dover allargare l’orizzonte esplorativo nel Teatro di Figura, di sperimentare nuovi linguaggi e rendere il lavoro della compagnia idoneo ai tempi che si vivevano. Nonostante il comprensibile sguardo dubbioso del nonno Otello, il “Teatro del Drago” ha mantenuto e mantiene tutt’ora questo baricentro, da un lato fa rivivere gli straordinari copioni della tradizione e dall’altro ha dato vita a spettacoli che hanno dilatato di molto il concetto di “Teatro di Figura”, pensiamo al nostro “Pinocchio o all’ultimo “La Tempesta” dove la baracca è scomparsa per lasciar spazio ad una visione più sperimentale del linguaggio e delle figure.
“Arrivano dal Mare” edizione 2020 è stato il promo festival italiano del teatro di figura ad impattare con il lookdown, cosa è accaduto a Maggio.
Ricordo che eravamo in Teatro a Torino, a fine febbraio 2020, avevamo ultimato il montaggio per un nostro spettacolo, abbiamo dovuto smontare tutto e tornarcene a casa. Lo shock è stato forte, non era mai accaduta una cosa del genere. Avevamo i contratti già firmati con le compagnie che dovevano venire per il festival, per fortuna non erano stati ancora acquistati biglietti aerei per gli ospiti internazionali. Abbiamo cominciato a ragionare sul da farsi. Nello stesso periodo, nella nostra città, anche “Ravenna Festival” annunciava che avrebbe realizzato comunque il suo programma, in modalità live dopo il 15 giugno e spostando il resto sul web. Questo, ci ha aiutati ..diciamo psicologicamente, a rafforzare la nostra idea di perseverare, spingendoci nella direzione che avevamo cominciato ad individuare; abbiamo contattato le compagnie, avuto il loro consenso ed il festival si è comunque tenuto, tutto spostato sulla rete. Abbiamo chiesto alle compagnie di preparare qualcosa di particolare ad hoc, non lo streaming, in quel momento era per noi troppo complicato, il 90 % ha prodotto dei video specifici per “Arrivano dal Mare”. Tutte le compagnie si sono impegnate e con grande entusiasmo hanno accettato ed aderito.
Così il festival è stato comunque fatto. E’ evidente che il teatro on line non è neppure lontanamente paragonabile a quello dal vivo, ma credo che il Teatro, e soprattutto chi lo fa, debbano vivere e cercare di sostenersi comunque e sempre.
Parlaci della sostenibilità economica del festival fatto on line, chi lo ha pagato?
Gli Enti Pubblici che sostengono “Arrivano dal Mare” hanno dimostrato grande sensibilità erogando comunque i loro contributi (alcuni in forma ridotta), testimoniando una vicinanza che è stata preziosa. Hanno capito che se i loro dipendenti vanno in smart working ricevono ugualmente alla fine del mese lo stipendio, cosa che invece non accade quando il teatro va in lookdown. Grazie a questa sensibilità abbiamo corrisposto alle compagnie adeguati rimborsi per il lavoro realizzato. Quando poi a giugno gli spazi di spettacolo sono stati riaperti, abbiamo programmato otto eventi live con spettatori paganti, utilizzando lo spazio che il Comune di Ravenna aveva attrezzato nell’area archeologica di Classe.
Recentemente la vostra stagione invernale “Le Arti della Marionetta”, solitamente ospitata nello spazio dell’Almagià, è stata anch’essa spostata sul web con modalità ancora diverse. Come funziona.
Eravamo convinti prima, e lo siamo ancora adesso, sul fatto che i teatranti debbano comunque sopravvivere, adattarsi è la parola d’ordine, come fece mio nonno passando dalle marionette ai burattini, cosa che allora sarà stata discussa chissà per quanto tempo. Oggi il teatro in presenza non si può fare, l’unica possibilità che abbiamo è la rete, non è la stessa cosa ma è qualcosa. La stagione invernale si sta facendo, grazie al Comune di Ravenna che comunque la sostiene anche in questa inedita versione, al pubblico che la segue e alle compagnie che vi partecipano, che hanno trovato un’occasione di lavoro che altrimenti non ci sarebbe stata.
Ho visto che mentre d’estate era tutto gratuito, adesso il pubblico per vedere gli spettacoli in streaming paga un biglietto d’ingresso, com’è la partecipazione.
Si, per seguire la stagione è previsto un biglietto d’ingresso, come quando si andava allo spettacolo. Non chiediamo un biglietto al singolo spettatore ma alla famiglia, un costo forfettario… simbolico, per ogni nucleo, indipendentemente da quanti sono; le modalità organizzative sono quasi le stesse “di prima”. La burocrazia c’è ancora tutta!!!
Tutto si svolge come se fossimo in teatro.
L’adesione del pubblico, al momento è intorno alle 10/15 famiglie per ogni data, speriamo di crescere man mano che si andrà avanti.
Qual’è la tua esperienza con lo streaming.
Per me è stato un fatto nuovo a cui dovermi abituare, per certi versi somiglia alla normalità: comunque carichiamo il furgone, raggiungiamo il teatro, ci sono gli altri, montiamo e ci troviamo davanti le telecamere, manca il pubblico fisicamente, certo, ma lo si percepisce, si respira comunque l’aria del nostro lavoro: ci sono i colleghi, c’è una regia, i tecnici, le luci. Quando sto in baracca la sensazione è particolare, dal punto di vista visivo ciò che ho davanti è quello di sempre, il telo della baracca, e straordinariamente c’è anche anche la risposta del pubblico, filtrata dalla tecnologia…dall’audio e dallo schermo, ma c’è, la stessa che nel live cerco e stimolo.
Fagiolino, l’eroe della Baracca dei burattini, come sempre si rivolge ai bambini e con un leggero ritardo per via della linea in differita, la risposta immancabilmente…arriva!!!
Ed è sempre una grande emozione.
Cosa ti senti di dire a chi fa il nostro lavoro in questo momento.
Cercare di mantenere in piedi la propria struttura, questo è fondamentale, la compagnia ci fa stare insieme, ci protegge, insieme si ragiona e si soffre. Cercare poi di trovare occasioni di lavoro, quante più possibili, oggi c’è il web? Bene, facciamolo e quando sarà possibile tornare con il pubblico in presenza saremo ben felici di riabbracciarlo. Far capire infine agli amministratori che il teatro va tenuto in piedi non con i proclami ma con il lavoro, che debbono impegnarsi a sostenere il teatro anche non in presenza, chi fa questo mestiere deve poter andare avanti.
intervista a cura di Marco Renzi