PALLA AL CENTRO, XV EDIZIONE DEL FESTIVAL VETRINA A PESCARA, LE NOSTRE RECENSIONI

Si è tenuta a Pescara, organizzata da Florian Metateatro, la XV edizione di PALLA AL CENTRO, il festival vetrina itinerante promosso dalle compagnie delle Regioni Abruzzo, Marche e Umbria (ATGTP, Proscenio Teatro, Florian Metateatro, Fontemaggiore). Dopo lo stop dello scorso anno il progetto è finalmente ripartito, con nuovo entusiasmo, nuova grafica e tanti operatori che vi hanno partecipato. Oltre sessanta le compagnie che hanno risposto al bando, non solo dalle tre Regioni promotrici ma da tutta Italia, 17 gli spettacoli selezionati presentati in una full-immersion di quattro giorni, con 5 prime nazionali, laboratori e 40 ragazzi coinvolti nell’ambito di vari progetti speciali. Per concomitanza con impegni di lavoro che, visto il momento, non possono essere disattesi, non ho potuto quest’anno seguire tutta la vetrina ma solo la parte conclusiva, pertanto mi limiterò a parlare solo di ciò che ho visto, Renata Rebeschini, che scrive anche lei sul giornale di UTOPIA e che ha seguito l’intera manifestazione, colmerà questa lacuna.

Il primo spettacolo a cui ho assistito è stato GAME OVER presentato da IN QUANTO TEATRO/LA PICCIONAIA di Vicenza, un lavoro che, come sottende il titolo, è giocato tra attori e multimedialità. Su un fondale scorrono le immagini di un video game a cui un’adolescente (Alice) si dedica fin troppo. C’è una Fabbrica delle Fini che produce conclusioni per tutto ciò che ci circonda e qui si innesca il gioco tra i vari personaggi, tra chi vuole finire ogni cosa e chi invece no. Nonostante il tema sia originale e suggestivo e le immagini ben fatte, lo spettacolo dopo un po’ comincia a scendere senza più riuscire a risalire, il gioco del video si ripete senza sosta provocando un’assuefazione che l’ingresso dei vari personaggi non riesce a risollevare. Peccato, perché i presupposti per un risultato migliore c’erano tutti.

Nello spazio all’aperto del Teatro D’Annunzio, tra pinete e fresco, abbiamo visto TOTEM TANGO del TEATRO BISLACCO di Macerata, un lavoro che già lo scorso anno, sotto forma di studio, avevamo apprezzato al Premio Nazionale Otello Sarzi. Il Teatro Bislacco è nuovo al mondo del teatro ragazzi e questo è il suo spettacolo d’esordio, vengono dal teatro di strada e dal circo teatro. La coppia è bene affiatata e capace di virtuosismi che il pubblico non ha mancato di apprezzare. Si tratta di uno spettacolo senza parole, che utilizza dei grandi moduli delle costruzioni in plastica della lego, che, smontandosi e assemblandosi, creano percorsi e situazioni, sempre divertenti e spesso inaspettati. Il lavoro vive ancora a intermittenza, ogni tanto si accende e poi si spegne, in continuazione. A mio avviso le potenzialità per risolvere la questione ci sono tutte, basterebbe un lavoro di regia un po’ più attendo, una netta riduzione degli spazi di silenzio, unire di più le varie parti, dagli ritmo e ne uscirebbe un lavoro di tutto rispetto, e, viste le potenzialità espresse, siamo certi che i risultati presto arriveranno.

Nello stesso spazio, in prima serata, è arrivata una formazione poco conosciuta nel mondo del teatro ragazzi, la COMPAGNIA DELLA SETTIMANA DOPO di Roma con il suo AREA 52. Un lavoro che indubbiamente colpisce, fuori dai canoni a cui siamo abituati, imprevedibile, ricco di trovate e creatività. In scena Emanuela Belmonte che, come un polipo, riesce a fare di tutto: produce e registra le musiche in diretta, suonando vari strumenti tra cui un sassofono, interagisce con sistema elettronico al quale fa produrre suoni di ogni genere, recita, coinvolge il pubblico, tutto con grande misura e tanta bravura. Lo spettacolo è divertentissimo, capace di attrarre grandi e piccoli, e trova nella simpatia dell’attrice il suo punto di forza. Emanuela Belmonte contagia, è una di quelle presenze che riempiono il palco, non seguirla in questa stralunata performance è praticamente impossibile. Brava.

In seconda serata, al Florian Espace, abbiamo assistito al debutto de IL BAMBINO E LA FORMICA di FONTEMAGGIORE di Perugia. Uno spettacolo bellissimo, di quelli che ci riconciliano con il Teatro e non ci fanno pentire di essercene occupati nella vita. Una storia significativa e due giovanissimi attori/animatori straordinari, certo, la potente mano di Marco Lucci si sente e si vede ma loro sono davvero convincenti. L’approccio ai pupazzi è perfetto, credibile, spesso inquietante, un grande esempio di Teatro di Figura. L’unica cosa che vorrei suggerire è quella di dare un po’ più di spazio all’antefatto, non troppo, qualcosa che racconti meglio la questione dello sfruttamento minorile nelle miniere africane alla ricerca di materiali che l’occidente impiega nella costruzione di telefonini e alta tecnologia, questo viene detto all’inizio ma molto frettolosamente, secondo il mio parere rischia di volare sopra la testa dei presenti, soprattutto quella dei più piccoli, invece credo sia un elemento che merita centralità. Detto ciò, resta il fatto che è una grande spettacolo, di quelli che si ha piacere di aver visto e che non può essere collocato ovunque, ha bisogno di una particolare situazione in cui il pubblico possa vedere il piano del palco.

Ultimo lavoro in cartellone è stato Venerdì 23 mattina, all’Auditorium Flaiano, presentato da COLLETTIVO CLOCHART di Rovereto con SCUSA, uno spettacolo controverso, dove si apprezzano grandi potenzialità, idee, visioni e valide soluzioni sceniche ma che non riesce a sfondare. Premetto che ho una forma di allergia verso gli attori e attrici che fanno la parte dei bambini, non mi hanno mai convinto, detto ciò resta il fatto che la dinamica tra le due protagoniste è già chiara dopo due minuti e si ripete, attorcigliandosi su se stessa, fino alla fine. Il teatro, lo sappiamo, è quel luogo misterioso dove una cosa detta la prima volta funziona, la seconda puzza già di stantio e qui gli stessi battibecchi durano all’infinito. L’ingresso in scena di grandi lettere luminose risolleva le sorti della battaglia ma non riesce a mutarne l’esito finale. Peccato perché le due attrici sono capaci e credibili, alcune soluzioni sceniche, come le già citate lettere luminose, sono di grande impatto, la storia però non decolla, non riesce a dispiegare le ali e alzarsi dove meriterebbe visti i valori in campo.

Voglio concludere con un grande grazie a tutto lo staff di Florian Metateatro che ha condotto la barca in porto in un momento di mare molto grosso, con le stagioni che ripartivano dopo otto mesi di stop totale e le compagnie alle prese con calendari che sono sembrati impazziti, tutti attenti ad incastrare ogni data e non perdere nulla della provvidenza che stava arrivando.

Il testimone è passato a Fontemaggiore, a cui adesso spetta il compito, mai facile, di mettere in campo la Vetrina del 2022 a Perugia, sperando che sia la prima fuori dal Covid.

Vi lascio con delle parole scritte da Giulia Basel nella presentazione del catalogo del festival, parole semplici e potenti: “I grandi eventi non sono solo quelli per i grandi ma anche quelli per i piccoli, quelli che aiutano a diventare grandi.”

Marco Renzi