PALLA AL CENTRO 2025 Festival di teatro per le nuove generazioni Jesi – Arcevia – Montecarotto L’opinione di Renata Rebeschini

Torna puntuale, come ogni anno, Palla al Centro, la vetrina teatrale dedicata in modo speciale alle Compagnie delle Marche, dell’Abruzzo e dell’Umbria. Una manifestazione che, un anno per ognuna delle tre regioni, rinnova l’impegno condiviso nell’organizzazione e nell’accoglienza degli operatori italiani.

Quest’anno, giunti al 18° appuntamento, la “palla” è passata – per la prima volta – nelle mani della Compagnia Teatro Giovani Teatro Pirata. Si direbbe che i responsabili abbiano atteso così a lungo questo momento per prepararsi nel miglior modo possibile: l’organizzazione infatti è stata davvero ottima. Per questo un ringraziamento sentito va a tutti i “pirati”, donne e uomini, che, con passione e dedizione, hanno reso possibile questa nuova edizione.

Certo che, ragazzi, un appunto dobbiamo farvelo: la prossima volta, per favore, pensate anche a regolare la temperatura! Una media di 25 gradi sarebbe perfetta per i nostri spostamenti tra i vari luoghi…

Scherzi a parte, è impossibile non soffermarsi sulla bellezza dei borghi ospitanti, sul fascino senza tempo dei meravigliosi teatrini storici di cui le Marche sono così generosamente ricche. E vogliamo parlare dei due splendidi teatri di Jesi, il Moriconi e il Pergolesi? Ma, prima di lasciarci rapire dall’incanto dei luoghi, è giusto entrare nel cuore del festival: gli spettacoli.

Come sempre, ecco la mia opinione in “ordine di apparizione”.

 

IL SOGNO DI STELLA di Rosso Teatro è uno spettacolo che intreccia il confine sottile tra fantasia e realtà, proprio come accade nei sogni dei bambini. Le storie che i genitori raccontano prima della buona notte possono davvero aiutare a vincere le paure? I genitori di Stella ci provano con tenacia e amore. Dopo aver sfogliato le fiabe più famose, una sera decidono di fare qualcosa di diverso: raccontare una fiaba nuova, la loro.

Da quel momento, i personaggi della storia cominciano a prendere vita sul palco, evocando il primo incontro, i sogni, le emozioni più forti, le tappe importanti di un percorso di vita condivisa. Stella si addormenta e, come per magia, il sogno si confonde con la realtà, trascinandola in un viaggio sorprendente che la porterà a riconoscere e affrontare le sue paure.

Lo spettacolo si distingue per l’uso di diversi linguaggi espressivi: la danza, i movimenti scenici e le musiche originali si intrecciano alla narrazione, creando un’atmosfera sospesa. Alla fine, con un piccolo colpo di scena, scopriamo che i genitori di Stella sono proprio gli attori in scena, Marianna Batelli e Alessandro Rossi.

 

GIOCAMI-Storie dei diritti e giocattoli rotti è un progetto originale e coraggioso di Davide Calvaresi, che ancora una volta dimostra la sua capacità di fondere linguaggi diversi in un teatro visionario. Lo spettacolo nasce con un intento chiaro e importante: ricordare a grandi e piccoli la responsabilità di ciascuno nel difendere e rispettare i diritti dei bambini, spesso calpestati o dimenticati.

Calvaresi sceglie di raccontare queste storie con un approccio spiazzante, mettendo in scena giocattoli vecchi, malridotti, abbandonati, che diventano metafora di quei bambini cui i diritti fondamentali sono stati negati. Sono proprio loro, i giocattoli, a chiedere ascolto: parlano, si confessano, raccontano le loro piccole e grandi ferite.

Come sempre, l’autore utilizza il suo segno distintivo: le telecamere che riprendono dal vivo e proiettano immagini in tempo reale, trasformando il palco in un set dove il confine tra reale e virtuale si fa labile e suggestivo. I pupazzi appaiono così vivi, capaci di divertire, ma anche di porre domande scomode sul nostro senso di responsabilità.

Giocami si muove in equilibrio tra leggerezza e riflessione. Forse, rispetto ad altri lavori dell’artista, non risulta del tutto compiuto nella sua struttura drammaturgica, ma resta un’esperienza teatrale che stimola il pensiero con la forza di un linguaggio visivo unico.

 

 

AVVENTURE STRAORDINARIE di Proscenio Teatro.

Marco Renzi, l’autore del testo e regista, è certamente uomo ricco di inventiva. Lavora nel settore da tanti anni e ha sempre saputo far nascere storie intelligenti, fantasiose e al tempo stesso capaci di parlare al pubblico di ogni età. Questa volta ci troviamo davanti a una ripresa, uno spettacolo già realizzato molti anni fa e ora riportato in scena con una nuova linfa grazie all’interpretazione di due giovani attori.

Se da un lato uno spettacolo già visto può lasciare qualche perplessità, dall’altro questa nuova edizione sorprende piacevolmente per la freschezza e la credibilità con cui i due protagonisti hanno saputo reinterpretarlo. La nuova “scienziata” del CNR, con la sua ironia e un approccio vivace, offre un contrappunto perfetto al collega ricercatore, più goffo e incaricato di fare “il lavoro sporco”. Il suo continuo scavare, tra secchi colmi di terriccio e ipotesi sempre più bizzarre, crea una tensione crescente e alimenta la curiosità degli spettatori.

Che cosa si nasconde lì sotto? Quale scoperta straordinaria sta per emergere? Forse esseri ostili, forse qualcosa di ancora più sorprendente? Non intendo certo svelarlo: è uno di quegli spettacoli che vanno visti per capirne appieno l’ironia, l’originalità e la capacità di tenere incollati gli occhi e la fantasia al palcoscenico. Una messinscena che conferma la mano esperta di Renzi e la forza del teatro di invenzione, dove anche un semplice scavo può diventare un’avventura indimenticabile.

 

CIRCO MIRANDA, Fontemaggiore Teatro.

Il circo si fa teatro e diventa l’isola di Prospero nella “Tempesta” shakespeariana. Qui troviamo il capocomico Prospero, la giovane Miranda e il clown Calibano in un turbine di lazzi, giochi e danze.
Miranda cresce e il suo desiderio di scoprire il mondo la porterà lontano. La tempesta simbolica soffia sul tendone, spazzando via vecchi equilibri e lasciando spazio al cambiamento.
Bravi gli attori, curati i costumi e la scenografia: uno spettacolo piacevole e ben realizzato.

 

VIVA GARIBALDI – Storia semiseria di un paese e dei suoi eroi.

Comincio subito col dire che lo spettacolo è stato divertente: uno spettacolo che racconta con ironia e intelligenza un pezzo fondante della nostra storia nazionale, uno di quelli che tutti pensiamo di conoscere e che, invece, merita di essere riscoperto con occhi nuovi. Una produzione Crest realizzata in collaborazione con Giuseppe Ciciriello, qui autore, regista e protagonista assoluto, affiancato da un attore-musicista e un musicista che contribuiscono a tessere una narrazione vivace e brillante.

La scena si anima con una partitura di racconti, canzoni, aneddoti, suoni e battute capaci di tenere sempre desta l’attenzione e di strappare sorrisi sinceri. Garibaldi è Garibaldi, certo, e Ciciriello ce lo ricorda con un entusiasmo contagioso, ma non manca di sottolineare con acume come, a distanza di oltre 150 anni, il senso di appartenenza nazionale sia ancora un argomento spinoso. Siamo un popolo che si sente “italiano” solo quando si vince un mondiale o si canta a squarciagola al Festival di Sanremo? …“Abbiamo fatto l’Italia…adesso facciamo gli Italiani!”… È una domanda che resta sospesa e che lo spettacolo rilancia al pubblico con leggerezza e intelligenza.

Il racconto si snoda tra le imprese dell’eroe dei due mondi e le storie di uomini e donne che hanno contribuito a costruire l’Italia, con uno sguardo partecipe ma mai retorico. Il tono semiserio è la chiave vincente: si ride, ci si emoziona e si riflette, grazie a una drammaturgia che non scivola mai nella lezioncina scolastica. “

Dei tre interpreti in scena va detto subito che funzionano alla perfezione: bravi, generosi, credibili, capaci di dare ritmo e colore a ogni momento. Un elogio speciale va al lavoro di Giuseppe Ciciriello, che con la sua verve e il suo talento è riuscito a fare di questa storia un racconto teatrale vivo, divertente e sorprendentemente attuale

 

 

C.I.U.R.M.A. Pendagli da forca. Produzione di Sea Dogs Plu / Fontemaggiore Teatro.

Lo spettacolo, lo dico subito, è stato divertente, mai didascalico e mai noioso, capace di conquistare grandi e piccoli con la sua ironia e la sua leggerezza. La storia prende il via da una domanda che tutti ci siamo sentiti fare da bambini: Cosa ti piacerebbe fare da grande? I due protagonisti, Silvio e Francesco, ricordano i loro sogni di infanzia: volevano diventare pirati! Da qui nasce un’avventura spassosa e piena di trovate surreali; a loro si aggrega un colorato, divertente pappagallo femmina, scappato da uno zoo, che possiede una mappa del tesoro… I due, allora, si impegnano a costruire una barca improbabile, affrontano tempeste, incontrano bizzarri personaggi decisi anch’essi a partire per mare. Si forma così una ciurma strampalata e simpatica, unita dalla voglia di inseguire un tesoro, forse reale, forse immaginario, ma sicuramente pieno di significato. Tra risate, musica e momenti di poesia, lo spettacolo ci ricorda che i sogni d’infanzia possono diventare meravigliose avventure, se si ha il coraggio di crederci davvero.

 

LUNA E ZENZERO, Teatro Giovani Teatro Pirata

Luna e Zenzero vivono in una tana calda e accogliente ai piedi di una grande quercia; si conoscono sin da quando sono nati ed ogni giorno litigano per lo stesso motivo: Luna è una coniglietta curiosa e avventuriera e vorrebbe che Zenzero la seguisse in ogni sua peripezia… ma lui ama stare in casa guardare la TV e preparare di tutto soprattutto  dolci e ad uscire non gli passa neanche per la testa! Lui ha troppa paura! È un coniglio! Un giorno però, davanti all’ennesimo rifiuto di seguirla nella sua nuova avventura, Luna si arrabbia e se ne va. Per ritrovarla Zenzero, con coraggio, esce dalla tana e va alla sua ricerca; e nel suo viaggio intorno al mondo incontrerà bizzarri personaggi e attraverserà terre sconosciute e dimostrerà che forse il coraggio si nasconde nella meraviglia dell’incontrarsi. A farci vivere tutto questo sono due simpatici pupazzi, ben animati dai bravi Marzia ed Enrico, diretti da Nadia Milani e Simone Guerro.

 

STORIE DI MAMMA BALENA – Come Pinocchio ritrovò suo padre – di Dispari Teatro.

Silvia Elena Montagnini, in questo one woman show, ci spiazza fin dal primo istante: entra in scena avvolta in un vecchio cappottone grigio che sembra contenere un enorme pancione. È una maga-Balena, un po’ sciamana, un po’ vagabonda, forse un Virgilio femminile e ironico che accompagna Pinocchio nel suo viaggio di crescita e ricerca del padre. Con il suo pezzo di legno in braccio, ripete con ostinazione che lei no, non ha mangiato suo padre, mescolando comicità surreale e suggestione poetica.

La forza di Silvia sta tutta nella sua presenza scenica: sicura, spiazzante e inattesa. Passa con naturalezza dal sorriso più tenero alla riflessione più amara, intrecciando ironia e intelligenza in un racconto che rilegge la storia di Collodi con sguardo contemporaneo e pieno di umanità. L’uso dei pochi oggetti evocano mondi interi, mentre la voce dell’attrice guida il pubblico dentro un viaggio che è fiaba e metafora insieme.

Da che età è indicato questo spettacolo? Per chiunque sappia abbandonarsi all’ascolto e sentirsi parte di una storia. Non serve un’età precisa: basta avere curiosità e il coraggio di lasciarsi emozionare. L’arte è bellezza ed è tale per tutti, bambini e adulti, e qui ce lo ricorda con leggerezza e profondità.

 

LEA Un’altra giornata emozionante. Fondazione Sipario Toscana e Intiminnesti

Purtroppo devo dire che lo spettacolo, pur partendo da un’idea interessante – raccontare la quotidianità vista con gli occhi di una bambina – non riesce davvero a trovare una forma convincente. In scena le due interpreti si alternano e si sovrappongono nei ruoli di figlia/madre/figlia/figlia in una continua commistione che, anziché arricchire il racconto, finisce per creare confusione e togliere chiarezza alla narrazione.

I momenti di danza-teatro risultano poco incisivi e, a tratti, ripetitivi, senza quella freschezza visiva che servirebbe a coinvolgere lo spettatore.

Il problema principale, però, è un andamento che procede con lentezza e fatica a catturare l’attenzione: la drammaturgia si perde spesso in passaggi prevedibili o troppo diluiti, lasciando spazio a una sensazione di noia che rischia di prevalere sulla curiosità.

Si coglie l’impegno e la sensibilità delle artiste, ma la messa in scena avrebbe bisogno di maggiore sintesi, di un linguaggio più definito e di un’energia diversa per restituire al pubblico la meraviglia e la complessità del mondo emotivo di una bambina. Così com’è, purtroppo, lo spettacolo fatica a comunicare davvero.

 

FROM THE EARTH TO THE MOON – Dalla terra alla luna. Produzione Kanterstrasse e Teatrino dei Fondi

Incomincio col dire che non è affatto facile trovare bravi attori in scena, capaci di restare credibili e intensi dall’inizio alla fine. Qui, invece, ne troviamo ben quattro, tutti sempre in parte, perfettamente calati nei personaggi, presenti con un’energia e una misura che conquistano. E già questo, credetemi, potrebbe bastare per giustificare l’entusiasmo.

Ma veniamo alla storia. Siamo in America, subito dopo la guerra di secessione, nella sede del Gun Club, un singolare circolo di scienziati e armaioli tormentati dalla noia e dalla crisi d’identità che la pace porta con sé. Cosa inventare per dare un senso alle proprie straordinarie competenze ingegneristiche? Ecco allora l’idea folle e visionaria: costruire un cannone gigantesco capace di sparare un proiettile fin sulla luna. Un’impresa che ha subito il sapore dell’avventura e che incendia l’immaginazione di un’intera nazione.

Ma non basta: presto anche il mondo intero si appassionerà quando un eccentrico e coraggioso avventuriero francese si propone di viaggiare dentro il proiettile, trasformando il sogno in una sfida epocale. L’interesse cresce scena dopo scena, e cresce anche il vostro, immagino! La drammaturgia gioca sapientemente tra ironia, tensione e poesia, con momenti di irresistibile divertimento e altri di autentica ammirazione.

Ovviamente non svelerò altro: il piacere della scoperta è parte integrante dell’esperienza. Posso però confermare senza esitazione che si tratta di vero Teatro, quello che riesce a far viaggiare la fantasia e a parlare con leggerezza e profondità delle ambizioni umane, del coraggio e della follia. Uno spettacolo che merita di essere visto.

 

SHAMANIKA! di Teatro Gioco Vita.

Devo dire che da una Compagnia così storica e rinomata mi aspettavo decisamente di più di una semplice animazione giocosa. Quello che è mancato in modo più evidente è stata proprio la magia dei veri giochi di ombre, capaci di creare quell’alternanza ipnotica tra il mondo reale e i mondi oscuri e misteriosi che da sempre sono la cifra stilistica di Gioco Vita.

Anche la scenografia, costituita da quadri con tele bianche, è rimasta perlopiù un elemento passivo, poco sfruttato per costruire suggestioni visive e trasformare la scena in uno spazio poetico e sorprendente. I due interpreti in scena sono apparsi più abituati a muovere silhouette che a sostenere il peso di una narrazione teatrale appassionante.

Anche la drammaturgia, priva di slanci e di immagini potenti, non è riuscita a offrire un respiro davvero immaginifico o a conquistare emotivamente il pubblico. Il risultato complessivo, pur mantenendo una certa grazia artigianale, è sembrato un’occasione mancata. Peccato, perché le potenzialità e l’esperienza per fare molto di più c’erano tutte.

 

 

IL PICCOLO PRINCIPE – Teatro Evento

Mi dispiace davvero dover stroncare questo spettacolo, perché si percepisce la buona volontà e l’impegno delle interpreti. Tuttavia, faccio fatica a trovare elementi da salvare. La messa in scena si regge su scenografie e costumi di taglio amatoriale, incapaci di evocare la poesia e il senso di meraviglia che l’opera di Saint-Exupéry richiede.

La riduzione drammaturgica appare banale e scolastica, una sorta di riassunto didascalico privo di un vero respiro teatrale o di scelte originali capaci di restituire la profondità del testo. Le interpretazioni, purtroppo, non aiutano: un’attrice troppo esagitata, come se la tensione e l’ansia di convincere prendessero il sopravvento, e l’altra invece costantemente “assente”, quasi sospesa alla scena e al pubblico.

Non bastano, purtroppo, dei capelli color del grano a incarnare la delicatezza del Piccolo Principe e la sua struggente purezza.

Mi spiace, e lo ripeto con sincera partecipazione umana, perché le due interpreti sono persone gentili e desiderose di crescere. Ma per questo spettacolo il percorso verso un esito convincente sarà davvero impegnativo e richiederà un ripensamento profondo di ogni elemento.

 

 

NEL RIPOSTIGLIO DI MASTRO GEPPETTO di Armamaxa Teatro e PagineBianche Teatro

Lo spettacolo dona nuova linfa al capolavoro di Collodi con una regia creativa e raffinata, capace di trasformare il ripostiglio in un mondo sospeso tra realtà e immaginazione. Si parla di quanto sia difficile essere genitori e figli, di povertà e identità, ma anche della bellezza di imparare a lasciare andare. Uno spettacolo che emoziona e stupisce, grazie a una regia che guida con mano sicura ogni dettaglio e restituisce tutta la magia del teatro, dove tutto è davvero possibile. Uno spettacolo che porta in scena un Pinocchio che non è solo un racconto per bambini, ma un viaggio poetico nell’identità e nel bisogno di essere amati. La regia, creativa e raffinata, sa trasformare un semplice ripostiglio polveroso in un mondo sospeso tra realtà e immaginazione, dove ogni oggetto prende vita e diventa simbolo di qualcosa di più profondo. L’uso del teatro di figura, della narrazione si intreccia a invenzioni sceniche sorprendenti: il pescecane volante che spalanca il suo ventre come un sipario, il Fato in completo giallo che appare come una visione, costumi che strappano risate e piccoli oggetti che si caricano di un’intensa poesia. La scenografia si fa palcoscenico dell’anima, uno spazio che accoglie il sogno e la memoria, la paura e il desiderio di riscatto.

Le interpretazioni degli attori sono generose, intense, a volte spettacolari e riescono a far sorridere, commuovere e riflettere, mantenendo sempre un delicato equilibrio tra ironia e tenerezza senza mai scivolare nel sentimentalismo facile. Con delicatezza e ironia, si parla della fatica di essere genitori e figli, della povertà che diventa ingegno, della necessità di imparare a lasciare andare chi amiamo perché trovi la propria strada. Lo spettacolo tocca corde universali e regala al pubblico la consapevolezza che crescere è accogliere la mancanza e fare pace con le proprie imperfezioni. Il racconto restituisce tutta la magia del teatro, che qui si fa rito collettivo. Un lavoro che lascia nel cuore un senso di gratitudine, ricordandoci che, in fondo, siamo tutti un po’ come Pinocchio: creature in cammino alla ricerca di chi siamo davvero.

 

 

ALFONSINA CORRIDORA – Teatro del Quadrato / Tupamaros

Si racconta la vera storia di Alfonsina Morini Strada, un’atleta straordinaria che, negli anni Venti, ha sfidato pregiudizi, ostacoli e derisioni pur di vivere la sua passione: la bicicletta. Tanto che nel 1924, con una determinazione incrollabile, Alfonsina partecipò – prima e unica donna – al Giro d’Italia, tra lo stupore e lo scandalo di un’epoca che non concepiva una ciclista donna in una gara maschile, soprattutto di una gara così importnte.

A dar voce e corpo a questa storia intensa è Maria Giulia Campigli, che ha saputo coniugare rigore e partecipazione emotiva, regalando al pubblico un’interpretazione vibrante e piena di grazia. Accanto a lei, le musiche dal vivo di Stefano Garuti e Francesco Grillenzoni hanno arricchito la narrazione con un contrappunto sonoro suggestivo, capace di evocare paesaggi, battiti del cuore, fatiche e vittorie.

Quella di Alfonsina è una vita coraggiosa, di riscatto sociale, di emancipazione, di primi passi verso la parità di genere, e lo spettacolo riesce a farla sentire vera e vicina: una donna che ha pedalato contro il vento del conformismo e dell’ingiustizia. La bravissima Maria Giulia ha saputo restituire ogni sfumatura di questa avventura: la fatica, la gioia, il dolore e l’orgoglio di essere pioniera.

Davvero uno spettacolo appassionante, da seguire con gli occhi e con il cuore. E permettetemi una considerazione personale: non sapevo che forse è anche grazie a lei se mia madre, qualche decennio più tardi, in un’Italia ancora maschilista, ha potuto conquistarsi la sua piccola grande vita sportiva, parte indimenticabile di ciò che è stata. Maggiormente grazie, allora, ad Alfonsina – e a Maria Giulia – per questa mia doppia commozione.

 

 

CENERENTOLA E LA SCARPETTA DI CRISTALLO – Teatro Verde di Roma

Ultimo, ma di certo non meno significativo, lo spettacolo portato in scena dal Teatro Verde di Roma: una favola universale che tutti conosciamo, riletta e trasformata con la solita verve ironica e l’intelligente leggerezza che contraddistingue la Compagnia. A fare da scenografia, in questa edizione, sono enormi carte da gioco: un’idea scenica tanto semplice quanto sorprendente, che le trasforma in muri ed altro, sempre pronte a rinnovarsi e a sostenere il ritmo del racconto.

Vittoria, Giovanni e Andrea si muovono con naturalezza e agilità nel passare da un personaggio all’altro, creando un tutt’uno comico e dinamico che coinvolge spettatori di tutte le età. L’uso sapiente dei bellissimi pupazzi – ormai una cifra stilistica del gruppo – si intreccia alla presenza scenica degli attori in una riuscita commistione tra figura e interprete, con momenti di grande impatto visivo.

A rendere il tutto ancora più speciale ci pensano i costumi originali e curatissimi, che giocano con i dettagli fiabeschi e ironici. E così, in questa versione, non solo i protagonisti ma anche la Scarpetta di Cristallo diventa un personaggio con un punto di vista tutto suo, svelando retroscena e desideri inaspettati.

Ovviamente, risate e allegria non mancano mai, e lo spettacolo regala un’ora di divertimento intelligente e ben costruito, in perfetto stile Teatro Verde: capace di divertire i bambini e di sorprendere anche gli adulti che pensavano di conoscere già ogni dettaglio della favola.

 

 

Fuori rassegna, il progetto speciale Lorenzo Lotto per il Teatro e Arte.

I DONI DI LUCIA, di e con Lucia Palozzi.

Uno splendido dono che la compagnia organizzatrice ha voluto fare a tutti noi!

Una Lucia che, partendo dal quadro, anzi proprio davanti alla pala del Lotto che faceva da scenografia, ha narrato, con delicata intensità la storia della sua omonima, la celebre Santa Lucia. Indossava un costume identico a quello raffigurato, un dettaglio che ha reso la narrazione ancora più vera e suggestiva. Solo ora che sto scrivendo mi rendo conto che l’attrice porta lo stesso nome della Santa: sarà per questo che era così vera, così emozionante, così reale? Un racconto intenso, anche divertente, curioso, affascinante. Un’interpretazione ad alto livello, un incontro che meriterebbe di essere programmato ogni giorno, ad un orario fisso, per tutti i visitatori della pinacoteca.

E se qualcuno si offende, pazienza: io l’ho pensato davvero che la “nostra” Lucia sia stata miracolosa!

 

a cura di Renata Rebeschini