ENRICO FALASCHI, DAI FONDI DI SAN DOMENICO A TITIVILLUS, L’ORIGINALE PERCORSO DELLA COMPAGNIA TOSCANA.

Incontriamo Enrico Falaschi, direttore del Teatrino dei Fondi di San Miniato, unica compagnia Italiana che da anni ha affiancato al lavoro di produzione e distribuzione teatrale anche quello di una Casa Editrice. Gli chiediamo di renderci partecipi di questo originalissimo percorso e di raccontarci la sua evoluzione.

La Compagnia nasce nel 1993, dentro un complesso di San Miniato, il “Loggiato di San Domenico”, e siccome di quell’edificio occupava la parte bassa, i fondi per l’appunto, si chiamò “Teatrino dei Fondi di San Domenico”. Sin dall’inizio ci siamo occupati di teatro di ricerca e teatro ragazzi, strade che ancora oggi percorriamo. Nel complesso di San Domenico avevamo anche allestito una piccola Sala, cento posti, aperta al pubblico con programmazione più o meno regolare. Con gli anni abbiamo acquisito consapevolezza e fatto il salto nella professionalità, dal nome è stato tolto il riferimento al Palazzo originale ed è rimasto “Teatrino dei Fondi”. Il primo direttore artistico della compagnia è stato Andrea Mancini, lo stesso che ha indirizzato il lavoro, affiancandoci l’idea di una casa editrice che si occupasse di teatro, andando così a colmare un vuoto editoriale che oggettivamente esisteva nel paese. Titivillus nasce nel 1995, all’inizio si occupava di archivistica e biblioteconomia, subito dopo cominciò a pubblicare i primi libri che parlavamo di teatro e di drammaturgia. In principio la linea editoriale era più ampia, non si pubblicava solamente teatro ma anche altro, andando avanti il teatro è però diventato attività prevalente. Era un periodo di grande fermento per San Miniato, c’era il Centro Cinema “Paolo e Vittorio Taviani”, molto promettente e tutt’oggi in attività, c’era un Centro di Fotografia per lo Spettacolo e uno di Scrittura, che acquisì, tra l’altro, un fondo di testi teatrali provenienti da tutti il mondo, molti dei quali dattiloscritti, fondo che ancor’oggi è parte del patrimonio letterario del C.I.S.D. Centro Internazionale di Scrittura Drammaturgica, parliamo di quattromila testi. il Teatrino dei Fondi svolgeva un’azione di regia progettuale, eravamo come una sorta di Idra, con tante teste e un unico corpo, c’era una visione multidisciplinare e voglia di andare avanti.

Quando hai preso le redini della compagnia e della casa editrice, che contributo hai dato?

Lavoravo già come attore nella compagnia sin dal 2005 e nel 2009 sono subentrato a Mancini nella direzione, lo sforzo iniziale è stato quello di stabilizzare l’attività sia del teatro che dell’editoria, renderle sostenibili e proporzionate alle nostre forze al fine di garantire comunque e sempre quel traguardo che tutti i teatranti rincorrono e che si chiama lavoro.

Fermiamoci un attimo su Titivillus, cosa fa oggi?

Oggi Titivillus non è una Casa Editrice ma un Marchio Editoriale interno al Teatrino dei Fondi, diciamo che sta alle leggi del teatro e non a quelle dell’editoria. I nostri libri, tutti sul teatro e sulla contemporaneità, non si acquistano tramite sito (www.titivillus.it), da circa 15 anni ci siamo affidati ad un distributore nazionale, il Consorzio Distributori Associati, che provvede sia a far arrivare i volumi nelle librerie che alla vendita on line. La nostra è tutt’oggi una piccola Casa Editrice, abbiamo in catalogo 400 pubblicazioni, al 95% inerenti il Teatro. Dal punto di vista delle vendite diciamo che ci sono titoli che hanno una forza maggiore ed altri che invece sono più funzionali a livello locale, perché magari raccontano di esperienze particolari che hanno investito una città e un territorio, siamo la possibilità concreta di dare pubblicazione a studi specifici che nessun’altra casa editrice accetterebbe. Complessivamente vendiamo circa diecimila volumi l’anno e ci siamo aggiustati su una produzione di dieci, massimo quindici, nuovi titoli ogni anno. In passato eravamo arrivati anche a cinquanta titoli, quasi uno a settimana, ma abbiamo capito che era un volume di lavoro poco adatto alle nostre possibilità e molto stressante. All’interno della compagnia oggi abbiamo tre persone che si occupano prevalentemente di Titivillus, curando tutto il processo, dalla grafica all’editing, oltre ovviamente tante collaborazioni esterne. Personalmente svolgo il ruolo di direttore editoriale ma ci sono diverse collane che hanno i loro propri direttori.

Cosa c’è nel futuro di Titivillus.

Non penso e non credo che dobbiamo farci prendere da manìe di grandezza, quello del teatro resta un libro di nicchia, a cui prestano attenzione prevalentemente gli addetti ai lavori, dobbiamo avere questa consapevolezza e mantenere la posizione acquisita. Continuare a garantire le quindici pubblicazioni all’anno è già un grandissimo successo.

Nel Teatro cosa hai fatto in questi anni di direzione?

Nel teatro ho convogliato le maggiori energie e credo di aver ottenuto risultati importanti. Avevamo a disposizione esclusivamente il “Teatro Quaranthana”, sede storica a San Miniato, dove tutt’ora sono i nostri uffici, a questo si è aggiunto il “Teatro Pacini” di Fucecchio, struttura che era chiusa da trent’anni e che abbiamo contribuito a far riaprire, dal 2014 la gestiamo e debbo dire con risultati davvero sorprendenti. Recentemente, in pieno periodo pandemico, abbiamo acquisito anche la direzione artistica del “Teatro degli Astrusi”, ovvero il teatro comunale di Montalcino, una sala all’italiana che ha una lunga storia. Siamo così passati da una a tre sale da gestire e programmare, articolando la nostra progettualità territoriale su tre province diverse Pisa, Firenze e Siena. Anche la nostra capacità produttiva è di molto cresciuta, siamo riconosciuti dal MIBACT come impresa di produzione e innovazione del teatro per l’infanzia e la gioventù e dalla Regione Toscana come compagnia facente parte del sistema delle Residenze artistiche e culturali. Nel 2016 abbiamo ricevuto il “Premio Ubu” per la nostra attività in favore della drammaturgia e nel 2012, per la seconda volta, il “Premio Nazionale della Critica”.

Quale futuro per il Teatrino dei Fondi?

Il mio impegno è volto a dare continuità al percorso di crescita che c’è stato, cercando da un lato un radicamento ancora maggiore nel territorio toscano dove operiamo e dall’altro un rafforzamento della qualità degli spettacoli, con conseguente aumento della capacità di giro della compagnia. Il trend degli ultimi anni era più che positivo, poi la pandemia ci ha fermato, tutti gli indicatori erano in crescita ma purtroppo quello che è successo è noto a tutti.

Significative sono anche le progettualità finalizzate all’audience development e all’engagement culturale, come ad esempio un importante progetto “Educare alla Visione”, attivo dal 2015 e rivolto a tutte le Scuole, dall’infanzia alle medie, un lavoro che prevede incontri prima e dopo lo spettacolo, migliorandone la fruizione. Questo percorso ha indubbiamente rafforzato l’affezione da parte del pubblico e debbo aggiungere che ha costretto altri colleghi ad elaborare strategie simili, perché il servizio offerto era indubbiamente molto competitivo e faceva segnare una forte differenza nell’offerta alle Scuole. Abbiamo in un certo senso alzato l’asticella con il risultato finale di aver migliorato un servizio per tutti come quello dell’offerta di spettacoli. Produciamo regolarmente lavori per i ragazzi e teniamo ancora aperta anche quella per adulti, anche se in maniera minore.

Domanda del secolo alla quale nessuno oggi può sottrarsi, cosa pensi dello streaming.

Lo streaming è un surrogato, un tentativo di mettere una pezza al buco, è una risposta del momento che secondo me non avrà futuro. Il Teatrino dei Fondi lo ha fatto, sia per stare vicino al suo pubblico che per tenere impegnate le persone della compagnia, con la consapevolezza che lo staff è un bene che va salvaguardato, evitando così che ottimi elementi avessero potuto andarsene a cercare altro genere di lavori. Avevamo avuto diverse sollecitazioni, sia dai Comuni con i quali abitualmente lavoriamo che dalle Scuole, c’erano in atto dei contratti che avevamo stipulato a inizio stagione 2019/2020, già finanziati, che prevedevano spettacoli e laboratori, i Comuni non hanno stanziato ulteriori fondi ma abbiamo solamente trasformato quello che già c’era con progetti di streaming. “Il Teatro da Casa” è uno di questi progetti, abbiamo messo in video dei percorsi laboratoriali che sono stati poi inviati alle Scuole tramite piattaforme delle stesse, come pure in questo inizio 2021 abbiamo registrato nostri spettacoli che le Scuole hanno potuto vedere attraverso le lavagne multimediali, LIM. Un nostro operatore in diretta si collega con le classi interessate, introduce, poi, dopo la visione dello spettacolo, sempre in diretta, fa quello che normalmente accade in Teatro, vale a dire uno scambio di idee su quello che si è visto. Le classi si prenotano, come quando andavano a Teatro, ugualmente pagano un biglietto d’ingresso.

Abbiamo sostanzialmente adattato progetti che già esistevano, a San Miniato ad esempio c’era una stagione di Teatro per le Scuole che si chiamava SOGNARE TEATRO, nel 2021 è diventata SOGNARE IL TEATRO…IN CLASSE, così anche a Fucecchio, dove AMBARABA’ è diventato AMBARABA’…IN CLASSE. Abbiamo ancora oltre 40 visioni da programmare per soddisfare tutte le prenotazioni arrivate. Andiamo avanti e come tutti aspettiamo l’arcobaleno dopo il temporale.

intervista a cura di Marco Renzi