MARIO BIANCHI IL TEATRO DEVE PORTARE SUL PALCOSCENICO LA MERAVIGLIA E FARCI CAPIRE A TUTTI, GRANDI E PICCOLI, CHE LA VITA E’ UNA COSA STUPENDA.

Il primo personaggio che incontriamo in questo nuovo anno che è appena cominciato è l’osservatore per antonomasia del Teatro Ragazzi in Italia, o meglio, come lui stesso si definisce, il testimone attento di quello che avviene in questa lontana landa della cultura nazionale. Mario Bianchi è certamente la persona che ha visto e continua a vedere più spettacoli di Teatro Ragazzi nel nostro Paese, partecipa con piglio a tutte le vetrine e festival sparsi per la penisola e funge da grande padre per tutti coloro che questo mestiere fanno o si accingono a fare. Tra le altre cose, anni fa, ha pubblicato per Titivillus un Atlante del Teatro Ragazzi Italiano di cui stiamo tutti aspettando degli aggiornamenti.

Chiediamo a Mario di dirci cosa sta succedendo oggi nel Teatro Ragazzi italiano secondo il suo punto di osservazione.

La situazione è indubbiamente grave, come mai lo è stata in passato, scuole e teatri sono chiusi e ogni attività è ferma, per centinaia di piccole compagnie andare avanti è diventato molto complicato, ma è proprio di fronte a questi baratri che bisogna trovare la forza per reagire. In questi momenti di stasi è più che mai necessario scrivere, pensare, creare, avere speranza. I grandi Teatri hanno avuto sostanziosi ristori e non li hanno spesi, i piccoli soggetti invece sono nudi di fronte alla tempesta, debbono resistere ed essere pronti, per quando sarà possibile, a ricominciare. Pensavamo tutti che, pur nelle difficoltà che incontravamo, potevamo fare il nostro lavoro semplicemente, un lavoro che è come una febbre, pieno di sacrifici che non avremmo mai potuto fare per altre incombenze e abbiamo scoperto che non è del tutto così. Pensavamo che non avremmo mai visto la guerra e invece questa, seppur in modo diverso, è entrata nelle nostre vite, perchè di guerra in questo periodo si tratta. Speriamo, come spesso è accaduto, che alla fine di grandi conflitti ci sia un rimbalzo della vita, uno slancio a ricostruire e ricominciare. Per far questo tutte le componenti che stanno intorno e dentro il teatro che amiamo si devono unire per ricominciare in modo nuovo, avendo imparato se fosse possibile modi diversi di agire.

Cosa ne pensi della piattaforma Netflix della Cultura di cui tanto si parla.

Guarda, mi è sembrata una solenne sciocchezza a dirla con parole cortesi che ha già avuto precedenti che sono stati un vero fallimento, penso aVery Bellola piattaforma turistica pensata per accompagnare lExpo milanese del 2015 oItalia.it”, il sito di promozione del nostro paese proposto tempo fa’. Riposizioniamo per la Cultura i 10 milioni di euro una tantum che il Mibac vuole metterci. Una piattaforma per promuovere il Teatro esiste già, è la televisione di stato, potenziamo quindi RAI 5, magari aggiungendo un nuovo canale e RAI Play. Ricordando a tutti che se non ci fosse stato il mondo della cultura, questo terribile anno sarebbe stato ben peggiore. Il Teatro e La Cultura meritano maggior rispetto anche perchè i luoghi che li abitano sono luoghi sicuri.

Perchè secondo te la scena dedicata all’infanzia nell’ambito teatrale è così poco riconosciuta, nonostante le migliaia di stagioni domenicali che oramai si fanno ovunque, da nord a sud.

E’ vero, da questo punto di vista è stato fatto negli anni un gran lavoro e il teatro ragazzi si è conquistato il suo spazio e il suo mercato, ambìto, anche in malo modo, da tutti. Ma per i grandi network, e non solo per loro, evidentemente ancora non esiste. Non esiste secondo me perchè l’infanzia (che a parole tutti vogliono difendere) non è quasi mai considerata. E infatti continua a circolare quella storia orrenda che dobbiamo preparare il pubblico di domani, come se i bambini non esistessero. I bambini invece sono il pubblico di oggi, si confrontano con quella cosa meravigliosa che è il Teatro e attraverso di essa si divertono, piangono, crescono. Si trovano di fronte per la prima volta a un Teatro in cui vedono cose che noi adulti, con il nostro sguardo annebbiato, non possiamo più scorgere e che ci ridonano in maniera sempre sorprendente con le loro annotazioni e con i loro pensieri.

Per questa ragione, il Teatro che noi creiamo per loro deve essere di grande qualità, sperimentandolo insieme a loro e nel quale i cuccioli d’uomo si devono rispecchiare. Non un piccolo teatro, ma un teatro a loro misura che non deve mai essere banalizzato con sciocchezze o ridicole parodie, sperando così di irretirli, considerandoli sciocchi. Fare teatro per l’infanzia è estremamente difficile, dobbiamo ribadirlo, molto più difficile di ogni altro teatro. Ci vogliono competenza e studio. E invece vediamo purtroppo interpreti, anche titolati, che non lo hanno mai fatto, gettarcisi a capofitto, trattando i bambini come deficienti.

Perchè la RAI non fa nulla per promuovere il Teatro Ragazzi.

Perchè lo confinano soprattutto come un intrattenimento. Gran parte delle cause che determinano questa esclusione è secondo me dovuta anche al Teatro Ragazzi stesso: il livello qualitativo degli spettacoli è troppo basso, ci sono in giro 30/40 compagnie che realizzano prodotti di qualità, complessivamente si salva il 30% circa della produzione, non di più. A mio avviso la drammaturgia è la difficoltà più evidente. Al di di questo bisogna ancora lavorare molto per avere voce in capitolo, mischiandoci con gli altri non solo nel nostro piccolo giro, facendo capire che il nostro Teatro è capace di essere grande.

Che ne pensi dell’uso massiccio dello streaming che si sta facendo in giro.

Anche qui la Pandemia ci ha costretto a fare di necessità virtù. Non sarebbe giusto elencare solo alcuni dei mille modi che il teatro che amiamo ha sviluppato per essere vicino al suo pubblico di riferimento: un pubblico che più di ogni altro si è trovato solo.  In questo senso sono state tantissime le sperimentazioni che sono andate al di là dello streaming e che hanno dimostrato come il teatro ragazzi italiano sappia usare le tecnologie, dalle più elementari alle più sofisticate, che per altro ha già ottimamente utilizzato: penso alle creazioni di Giacomo Verde, di Pucci – Boldrini e del TPO, solo per fare alcuni nomi.  La mia speranza è che queste vengano usate anche dopo e non solo nel fuoco di questo momento, magari per una nuova sperimentazione.  Detto ciò non so se tutto ciò può essere recepito come Teatro, senza il corpo dell’attore, non lo so davvero! Certo ci hanno aiutato a eliminare le distanze, a portare le nostre storie ad un pubblico più vasto, non solo a quello chiuso in una sala. Vi è poi la documentazione a cui, come sai tengo molto.  Lo streaming può aiutare anche a fare questo. Documentare il lavoro del Teatro-ragazzi è importante: infatti quando mi chiedono che cosa faccio, non rispondo che sono un critico teatrale ma un testimone che ha visto ciò che accadeva in scena e che lo vuole raccontare ad altri perchè non se ne dimentichi la valenza. Lo streaming è una tecnologia tra l’altro che ha bisogno di metodologie non banali e molto raffinate, la camera fissa è un obbrobrio che porta inevitabilmente alla noia. Infatti grande importanza ha il modo in cui si pongono queste possibilità, anche nella creazione ex novo di storie. Non avevo mai recensito prima della pandemia uno spettacolo in streaming, ho cominciato grazie al festivalSegni d’Infanziache, per non interrompere l’attività, ha deciso comunque di esserci anche se non in presenza. Nell’occasione ho visto diversi lavori e ne ho parlato senza per altro approfondirli, lo farò quando li rivedrò dal vivo: è superfluo dire che comunque non c’è alcun paragone con l’impatto sensoriale dello spettacolo dal vivo.

In questo momento in cui la stagione invernale sembra oramai saltata, dove non si intravedono schiarite all’orizzonte e forse torneremo a lavorare in estate, cosa ti senti di dire a tutti i colleghi che sono fermi.

Che debbono agire, trovare la forza per andare avanti e pensare ad un teatro nuovo. Trasformare la pandemia in opportunità, vederla non solo come un freno.

Le motivazioni per fare questo dove possono essere trovate.

Voglio che Cappuccetto Rosso mi dia la speranza, mi faccia capire che la vita è complessa e più profonda di quello che si immagina. C’è una pièce: La Piccola Città dell’americano Thornton Wilder, del 1938, in cui alla protagonista, che è morta di parto, viene concesso di tornare per un solo giorno sulla terra: sceglie di rivivere il tempo in cui aveva 14 anni ed era adolescente. Arriva, ma dopo un po’ resta delusa nel vedere dal di fuori come la nostra vita venga sprecata, nel vedere come gli esseri umani vivano come se fossero eterni, andando sempre di fretta, non soffermandosi mai a gustare il cambio delle stagioni, a sentire il profumo di un fiore, del caffè appena fatto. Così, delusa, decide di ritornarsene nella sua tomba prima della scadenza del giorno. Il Teatro dedicato ai ragazzi deve fare questo, riportare la meraviglia, deve fare capire, a tutti, grandi e piccoli, che la vita, nonostante le sue dolorose imperfezioni (che vanno raccontate per riconoscerle, come dovrebbe fare il Teatro), è stupenda, e vale la pena di essere vissuta nella sua pienezza. I veri nemici del Teatro Ragazzi sono la bassa qualità dei suoi stessi spettacoli, il sistema pedissequo dello scambio, il produrre senza requie uno spettacolo dopo l’altro, la non frequentazione e la non conoscenza dell’altro Teatro, il muoversi sempre in circolo. Bisogna affermare con forza dei fondamenti: un attore, un’attrice ad esempio, non devono mai permettersi di scimmiottare un bambino, come accade perennemente mettendosi dei calzoncini corti, recitando con la vocina e le treccine, sono cose da evitare, che concorrono a diffondere un’idea del teatro ragazzi profondamente sbagliata. Normalmente nel mio lavoro cerco di evitare le stroncature, in futuro, dove sarà possibile, mi propongo di essere più duro, voglio far conoscere ancora di più le meraviglie del Teatro Ragazzi al numero più vasto di persone possibili, al fine di salvaguardare questo nostro mondo che contiene invece fermenti di grande valore ed interesse, che utilizza linguaggi propri originali e inaspettati.

intervista a cura di Marco Renzi